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Orlando Furioso. Il macchinoso ordito della Guerra
All’interno dello scenario del Palazzo della Civiltà Romana, all’EUR, domenica 5 luglio si è svolto Orlando Furioso, spettacolo conclusivo del Festival di Danza, Musica e Teatro inEURoff, organizzato dalla compagnia Ondadurto Teatro e con il sostegno di Comune di Roma e della Regione Lazio. L’argomento centrale di questa seconda edizione è la Guerra.
Lo spettacolo è una riduzione dell’Orlando Furioso, interpretato, tra l’altro, da Carlo Quartucci e Carla Tatò diretti da Marco Paciotti, che ha fatto delle atmosfere, magiche e meravigliose, e dell’impatto visivo la sua principale cifra espressiva. Sulle scalinate, utilizzando i piani diversi del travertino del Ventennio, si stagliavano tre teli per proiezioni su cui si alternavano gli interventi dei personaggi fuori scena in un provocatorio mix tra recitazione in diretta e in differita.
Nello spazio centrale si sono mossi in differenti momenti dei sipari mobili, che permettevano al regista di giocare con la vista, secondo intenzioni drammatiche in continuo movimento. Ma ad entrare in scena da protagoniste sono state le macchine sceniche ordite in ferro e attivate fisicamente da figuranti che imponevano allo spettatore la consapevolezza corporea del funzionamento del grifone, dei carrelli, ma anche degli alberi dalle fronde di carta di quotidiano.
La recitazione ha leggermente abdicato di fronte alla preponderanza degli effetti, e la musica orchestrata “in presenza” dalla Piccola Banda Ikona si integrava con sfumature diverse nei momenti drammatici, lirici o da commedia che il testo proponeva durante la rappresentazione. L’Orlando Furioso ne emerge come opera marcatamente moderna, aspra, ma epica, che racconta forti pene d’amore e passioni dirompenti.
Bisogna spendere obbligatoriamente alcune parole sull’argomento centrale della manifestazione, di cui l’Orlando parlerebbe, così come è stato evidenziato nell’introduzione allo spettacolo: la Guerra. Il tema è stato scelto non per costruirne un inno, né per ignorarne la realtà, bensì per stimolare una continua attenzione sul tema. Le guerre combattute in questo momento non sono di facile conteggio tanto è elevato il loro numero, e l’Italia, pur essendo “un paese senza risorse” primarie, vive di una condizione agiata che la pone, l’introduzione è provocatoria, necessariamente in guerra. Nell’attualità globale esistono ovvi legami tra paesi benestanti e paesi in sofferenza, e il paese ricco non può non sentirsi coinvolto dalle guerre degli altri.
L’opera riscuote consensi e acclamazione spontanea (almeno un paio di applausi a scena aperta), ma l’associazione forzata dell’opera di Ariosto con il tema del festival o la forzatura nell’utilizzo del tema della guerra, fanno storcere il naso. Piace comunque l’affermazione costruttiva alla base dello spettacolo secondo cui “Non è vero che la cultura ci rende migliori, ma ci fa ragionare”.