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Teatri del Tempo Presente. Otello. Il mortale inganno delle ciliege
Il Teatro Litta con Claudio Autelli alla regia ha presentato Otello di William Shakespeare il 25 maggio per il progetto triennale Work in Progress al Teatro Valle, durante la rassegna Teatri del Tempo Presente, dedicata alla Nuova Creatività di artisti under 35.
La teatralità nuova del Teatro Litta, residente nel settecentesco Palazzo Arese-Litta a Milano centro e diretto dal primo spettatore Antonio Syxty e da Gaetano Gallegaro, è dirompente. Riassumendo frammentariamente e con potenza il testo scespiriano - alcune parti sono soltanto rilette -, attraverso un linguaggio gergale che ben coadiuva la tavola imbandita a festa del matrimonio quasi di paese, dei due commensali principali.
Il fragile e commovente Francesco Villano interpreta Otello, una specie di signorotto che talvolta rimanda a I Promessi Sposi un po’ come il superbamente subdolo Iago di Lino Musella a Don Abbondio e al Pinocchio del Paese della Cuccagna, con tanto di cappellino verde a punta in testa: quello tipico delle feste di bambini per intenderci. E verde è pure la giacca e lo sono le scarpe, la gelosia “il mostro dagli occhi verdi”, la Gorgone che ipnotizza e guida verso il fondo demoniaco racchiuso dentro i fondali dei nostri laghi scuri, impenetrabili come la parola calunniosa, soltanto alla fine scoperta.
La Desdemona, la donna semplicemente innamorata di Irene Serini, è forse una vittima sacrificale, forse una donna moderna, una delle tante assassinate dal marito geloso, dal compagno che non accetta la scelta di un altro essere umano senziente e la oggettivizza come proprietà privata. Nella società degli uomini (e rimando all’omonimo film del 1997 di Neil LaBute, regia, soggetto e sceneggiatura) può accadere questo oggi come allora: lo sa bene Shakespeare che fa proferire a Desdemona prima di morire: “I miei peccati son l’amore per te.” Ed ancora, e sembra quasi di leggere The Ballad of Reading Gaol di Oscar Wilde (“every man kills the thing he loves”), o di nuovo Shakespeare: ”Quella morte che uccide per amare è cosa innaturale”.
Ecco, le due ciliegie simboliche della coppia ideale si sfrangono e diventano l’inganno di Iago mentre Otello, piuttosto che credere alla fedeltà di sua moglie, si lascia intorpidire l’animo con le bugie di un pinocchietto che sul palco imita un soldatino e fa la marcetta con lui, come dire “qui se rassemble s’assemble”. Ed è allora che i toni malinconici di One Dove di Antony & The Johnsons (dopo la bellissima Evening song di Philip Glass tratta da Satyagraha, opera in tre atti dal libretto in sanscrito di Bhagavad-Gita, 1980) s’insinuano e chiariscono che tutto questo ibrido coacervo di relazioni tra i protagonisti, e quindi anche l'Emilia superficiale e semisterica di Matilde Facheris e Cassio, l'alcolizzato e influenzabile Woody Neri, non è che un puzzle da sciogliere con le venature dell’intelletto profondo.
Ovvero di quanto lo sperpero di energie in piani di annacquamento simultaneo (gli spruzzi continui sulla scena), come quello di bere fino a perdere del tutto coscienza, di ossessivamente continuare a brindare, di far sì, in fondo, che la festa si perpetui aldilà della sua fine, non sia che una denuncia della sua stessa mortalità. Uno strascico simile a quello di Desdemona, che è servito a dei palloncini per impiccarla.