Bari Teatro Petruzzelli. Vengerov, il ritorno dello Stradivari russo

Articolo di: 
Giuseppina Rossi
Maxim Vengerov

Diciamo subito che il concerto del violinista Maxim Vengerov con il suo meraviglioso Stradivari ex-Kreutzer del 1727 (uno degli ultimi strumenti costruiti dal liutaio cremonese) ascoltato al Teatro Petruzzelli di Bari il 15 Febbraio 2019 non sarà facile da dimenticare. Per una decina d’anni, e forse di più, Vengerov avevamo temuto di averlo perso per sempre e con lui il suo suono cristallino unito alla cavata possente, i gravi corposi sulla quarta corda e i guizzi brillanti sul cantino.

Un misterioso incidente alla spalla destra e insieme la decisione di dedicarsi a tempo pieno alla direzione d’orchestra avevano quasi fatto perdere le tracce del prodigioso violinista russo. Poi il ritorno, nel 2012 alla Wigmore Hall di Londra (immortalato in un cd anch’esso memorabile) e più di recente sulle scene italiane, con la netta sensazione di avere di fronte un musicista diverso. Costretto a cambiare postura, tecnica e modo di calcare il palcoscenico, oggi – diciamolo senza più indugi –, per qualità dell’intonazione, volume e intensità del suono, Vengerov ricorda sempre più David Oistrach, il più illustre rappresentante della grande scuola violinistica russa o, per meglio dire, sovietica.

Accompagnato al pianoforte con personalità e precisione dalla connazionale Polina Osetinskaya, Vengerov ha aperto la serata con il Mozart quasi pre-romantico della Sonata n. 40 in si bemolle maggiore K 454, costruita come mai in passato su un equilibrio mirabile tra i due solisti, impegnati in un dialogo serrato dal principio alla fine. Scritta nel 1784 per la violinista mantovana Regina Strinasacchi ed eseguita lo stesso anno alla presenza dell’Imperatore Giuseppe II, la Sonata n. 40  è un pezzo brillante, dai toni festosi che indulge perfino al virtuosismo, in particolare nell’Allegro del primo movimento e nel Rondò finale, mentre l’Andante – come nelle grandi opere della maturità del compositore salisburghese – ha un afflato lirico e meditativo che davvero sembra già guardare lontano, verso Beethoven e Schubert.

Non è un caso probabilmente, che proprio una composizione di Franz Schubert, la Fantasia in do maggiore op. 159 D 934, abbia chiuso la prima parte della serata. Composta nel 1827 ma pubblicata postuma nel 1850, la Fantasia in do maggiore è forse la più bella tra le non numerose composizioni di Schubert dedicate al violino e al pianoforte. Non si spiega perciò come mai compaia così sporadicamente nei programmi di sala. Si articola in quattro movimenti strettamente connessi tra di loro, proprio come nella più nota Wanderer-Phantasie per pianoforte, ed è una vera miniera di melodie, di ritmi danzanti, di linee di canto purissimo – come nella parte centrale costruita sul tema del LiedSei mir gegrüsst” di Friederich Rückert –, nonché di virtuoserie sfacciate e ardite come nel Presto finale. Naturale che su questo fertile terreno rilucesse il suono grande e bellissimo dello Stradivari ex-Kreutzer, l’intonazione perfetta, l’arcata precisa (mai udito un suono così bello pur suonando il musicista con l’arco così a lungo “pericolosamente” vicino al ponticello come nell’Andantino) del violinista siberiano.

La seconda parte del concerto – prima del finale funambolico affidato alla Tzigane di Maurice Ravel – è stato un omaggio al violinista e compositore rumeno George Enescu (1881-1952), con l’esecuzione di due opere di raro ascolto quali la Sonata n.2 per violino e pianoforte op. 6 dello stesso Enescu e la Sonata per violino solo in re minore dedicata al musicista romeno da Eugène Ysaÿe.

Grande virtuoso dell’archetto e apprezzato didatta (tra i suoi allievi ricordiamo Yehudi Menuhin, Arthur Grumiaux, Uto Ughi), Enescu considerava la Sonata n. 2 una tappa molto importante nello sviluppo del suo personale stile di composizione. Se il gusto neoclassico per la melodia e il contrappunto lo si ritrova nelle ampie volute cromatiche del primo movimento, Assez mouvementé, il consueto richiamo al folklore della Romania lo ritroviamo nel secondo movimento, Tranquillement, costruito intorno a un tema malinconico d’ispirazione popolare che il violino e il pianoforte si scambiano più volte, e soprattutto nel movimento conclusivo – Vifricco di motivi e ritmi tzigani.

La Sonata n.3 “Ballade” dedicata a Enescu da Eugène Ysaÿe (1958-1931) lascia per alcuni minuti l’intero palcoscenico al violino solo. La Sonata in re minore infatti fa parte delle Sei Sonate op. 27, scritte dal violinista e compositore belga tra il 1923 e il 1924 e dedicate ad altrettanti violinisti suoi contemporanei, che si possono senza dubbio annoverare tra i capolavori della musica per violino solo, alla pari delle Sei sonate e partite per violino solo di J.S. Bach (alle quali per ammissione dell’autore direttamente si ispirano) e dei 24 Capricci di Paganini.

La terza sonata vuole rendere omaggio alla qualità lirica ed evocativa del violinismo di Enescu. L’esordio è affidato a un’unica arcata in un’atmosfera di attesa che in poco tempo come nebbia si dipana scoprendo un paesaggio irto di dissonanze e di passaggi cromatici tortuosi, fino all’impetuoso e appassionato tema principale che, inframmezzato da sporadiche oasi di cantabile, precipita nell’incalzante coda conclusiva.

Questa sonata come le altre dell’op. 27 chiedono all’interprete di dar fondo a tutto il bagaglio tecnico ed espressivo di cui sono capaci. Pane insomma per i denti di Vengerov, che si è sempre aggirato tra le vette del virtuosismo estremo con un agio e una facilità tali da rispolverare nella nostra mente, quel termine, “sprezzatura”, che per Baldassarre Castiglione nel XVI secolo stava a “dimostrare ciò che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensiero alcuno”. Il “nuovo” Vengerov a questa naturalezza del suonare aggiunge ora un'intensità espressiva da lasciare senza fiato. Del resto era proprio Ysaÿe ad avvertire che un violinista per potersi dire tale “deve essere un pensatore, un poeta, un essere umano; deve aver conosciuto la speranza, l’amore, la passione e la disperazione, deve aver sperimentato ogni emozione per esprimerle tutte nel suo modo di suonare”.

Due i bis concessi del violinista di Novosibrsk per ripagare l’entusiasmo del folto pubblico accorso al Petruzzelli: il secondo movimento, Blues, dalla Sonata in sol maggiore di Maurice Ravel, e la sognante Meditation dalla Thaïs di Jules Massenet.

Pubblicato in: 
GN16 Anno IX 25 febbraio - 4 marzo 2019
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Petruzzelli - Bari
15 febbraio 2019

violino Maxim VENGEROV
pianoforte Poliuna OSETINSKAYA

Wolfgang Amadeus Mozart, Sonata, in si bemolle maggiore
Franz Schubert, Fantasie, in do maggiore
Ernest Chausson, Poème, op. 25
Eugène Ysaÿe, Sonata n. 3, in re minore, “Georges Enescu”
Camille Saint-Saëns, Havanaise, in Mi maggiore, op. 83 Introduction et rondò capriccioso, in la minore, op. 28