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Monaco. Nuvole piangenti tra i coltelli al Prinzregententheater
Il 30 gennaio 2012 a Monaco di Baviera (Germania), nel Prinzregenten Theater della capitale bavarese e con il Bayerischen Staatsballett, si è svolta una prima assoluta, per Das Mädchen und der Messerwerfer di Simone Sandroni, coreografo freelance come anche Russel Maliphant che si è occupato invece delle coreografie di Afterlight e Broken Fall. Le ultime due sono due prime tedesche insieme al nuovo allestimento di Las Hermanas di Kenneth MacMillan, la cui prima monachense si era tenuta al Nationaltheater il 17 giugno del 1975.
Lo spettacolo inizia con il balletto Las Hermanas (Le sorelle), tratto da “La casa di Bernarda Alba” (1936) di Federico Garcia Lorca con la coreografia di MacMillan: lo sfondo gotico per le scenografie a cura di Nicholas Georgiadis, propone l’interno claustrofobico di una casa dove cinque sorelle sono condannate dalla madre a non poter vivere le loro passioni, in un nodo scorsoio che le avviluppa tutte e in una catena di tradimenti reciproci.
La musica è di Franck Martin, il Concerto per cembalo e piccola orchestra, che sottolinea con una melanconia radente ogni passo delle sorelle verso il fiancé purtroppo promesso alla più grande, ed amato dalla più giovane: la tragedia è latente e si manifesta più nettamente nei pas de deux: sia di Lucia Lacarra (la più grande) sia di Iliana Werner (la più giovane e brava), entrambe con Cyril Pierre come degno compagno.
Afterlight di Russell Maliphant (glorioso ballerino canadese) è come una nuvola piangente che si addensa e ritrae in continuazione intorno all’unico ballerino, straordinario, Daniel Proietto: l’omaggio di Maliphant a Diaghilev si compone di animazioni e proiezioni a cura di Jan Urbanowski scivolando sulle Gnossiennes 1-4 di Erik Satie. E’ proprio “quel che rimane della luce”che risponde ai passi flessuosi del ballerino, onirico e sensuale fra le luci diafane di Michael Hulls, che nascondono il buio tradendo a tratti la luce.
Broken Fall, ancora di Russell Maliphant, creato nel 2003 con Sylvie Guillem ed inaugurando la loro attiva collaborazione, fu premiato con un Olivier Award nello stesso anno. Il fil rouge è la “caduta spezzata” della ballerina, in questo caso la bravissima Ekaterina Petina, il cui assolo finale traccia le sue movenze sinuose cerchiando l’aria; Marlon Dino e Erik Murzagalijev la sorreggono e lei riemerge dal suolo incolume, solo sfiorandolo. La musica di Barry Adamson passa dal nu-jazz all’elettronica, dipingendo sulle luci gialle fino alle fredde virate celesti ancora di Hulls, un terreno prima caldo e poi distante.
Chiude la serata lunga e immaginifica la prima assoluta di Sandroni, Das Mädchen und der Messerwerfer (La ragazza ed il lanciatore di coltelli), assortendo uno sfondo newyorchese per un balletto di quasi un’ora, il più lungo e che potrebbe reggere da solo, in quanto anche teatralmente performante. La musica in questo caso è varia: si parte con i 48nord, che sono noti nell’ambito del balletto; l’Aria di Alexander Balanescu e “La canzone di Marinella” di Fabrizio De André cantata da uno dei ballerini a cappella, che muove particolarmente il cuore.
Lo spettacolo, ambientato in un parco che sembra anche un circo, è tratto dalla raccolta di poesie di Wolf Wondratscheck omonima, ma ci viene anche in mente il film di Patrice Leconte del 1999, La ragazza sul ponte (La fille sur le pont) con Daniel Auteil che nella parte di Gabor salva Vanessa Paradis mentre sta per gettarsi dal ponte. La salva dai suoi stessi coltelli che, pur lanciandoli al buio, non la riescono a colpire mai. Qui invece la malinconica ballerina, Emma Barrowman, prova tutte le posizioni geometriche finchè lui non l'abbandona. Wlademir Faccioni nella parte del lanciatore, intenso e seducente nei suoi "colpi" che assesta "dietro i movimenti, nelle parole", come adduce lo stesso Sandroni. Una reazione ed una controreazione, finchè la musica li faccia danzare, "letteralmente" chiamata dagli stessi ballerini. Nei passi si mimetizza una necessità di muoversi che va aldilà delle parole e del gesto stesso, a inoculare quel piacevole veleno che spinge verso il crollo, soltanto per rialzarsi ancora ed ancora.