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Opera di Roma. Il gotico suggestivo di Notre-Dame de Paris
Notre-Dame de Paris è sicuramente uno dei piu' suggestivi e letterari balletti di Roland Petit: approdato al Teatro Costanzi dal 14 al 19 settembre, gode di una coreografia basata su 4 personaggi icona: Esmeralda, Frollo, Quasimodo, Phoebus, dall'omonimo romanzo gotico-medievale di Victor Hugo (1831). Le coreografie riprese da Luigi Bonino, si sono virtualizzate sul palco con il gobbo Quasimodo interpretato da Michele Satriano, nominato primo ballerino la sera del 17 settembre, insieme a Susanna Salvi nominata étoile nella parte della zingara Esmeralda; Phoebus è stato danzato da Giacomo Castellana e Alessio Rezza nella parte del diabolico arcidiacono Frollo. Le musiche del balletto sono di Maurice Jarre; i costumi di Yves Saint-Laurent e la scenografia di René Alliò.
Il balletto di Roland Petit tratto dal dramma gotico di Victor Hugo, è stato presentato all'Opèra Garnier di Parigi l'11 dicembre del 1965: la stessa versione di allora ha calcato il Costanzi con il coreografo Luigi Bonino che è il Direttore artistico del repertorio Roland Petit. Una straordinaria versione è stata presentata alla Scala con Roberto Bolle come Quasimodo nel 2013: quella che abbiamo visto la serata del 18 ottobre è stata di altissimo livello.
La scenografia di René Alliò, basta guardare la versione online di Petit, è identica: il tratto profondamente espressionista di Notre-Dame, quasi picassiana per le forme pungenti in sincrono con la musica di Jarre, dà un quadro del medioevo datato 1482 con estrema perizia e gusto finemente gotico. Si inizia a vagheggiare la presenza disturbante del campanaro Quasimodo proprio con il loro suono; poi si visualizza uno stormo di costumi colorati con i ballerini alla Festa dei folli, dai Saturnali romani e di grande sovvertimento iconoclasta, con scherzi e burle ai preti, alle figure istituzionali, a chiunque capitasse a tiro, tanto che fu vietata già alla fine del 1200. La festa si svolgeva nei giorni precedenti il capodanno, il 26, 27 e 28 dicembre e si faceva un Papa dei pazzi che in questo caso diventa Quasimodo, re degli storpi e gobbo dalla nascita.
Il personaggio di Quasimodo è deforme quanto sensibile e viene mosso dal burattinaio Claude Frollo, l’arcidiacono che lo ha adottato: Frollo è una sorta di demone con stampata una croce sulla maglia nera. Prima muove Quasimodo, poi Esmeralda. La trama coinvolge anche Phoebus, capitano degli arcieri che si presenta come arrogante e spavaldo, nonché profittatore delle grazie di Esmeralda.
I due personaggi di Frollo e di Phoebus sono entrambi negativi e cercheranno di traviare la zingara Esmeralda, simbolo di bellezza quanto di povertà: il primo, Frollo, cercherà di farla rapire da Quasimodo; il secondo, Phoebus, uomo dai gusti volgari – la scena clou alla Corte dei Miracoli con le prostitute che lo seducono – vuole una relazione solo fisica con la ragazza e si presta anche ad assecondare Frollo come voyeur.
L’unico personaggio sensibile, che viene attratto dalla giovane zingara perché lei si adopera in un gesto di compassione, è Quasimodo, che lotterà per lei salvandola una prima volta dalla forca cui è stata condannata, incolpata falsamente da Frollo e dagli arcieri per la morte del capitano Phoebus, in realtà pugnalato da Frollo in un accesso di ira e gelosia durante l’amplesso del capitano con Esmeralda.
Come negli altri drammi di Hugo abbiamo quindi la sensibilità dalla parte dei poveri, di chi non ha nulla; dall’altra, scorre la libidine per un potere marcio, delirante e perverso, quello di Frollo come di Phoebus, che guidano la folla e i soldati contro Esmeralda, innocente capro espiatorio della loro lussuria.
Le coreografie di Petit raccontano tutto questo in maniera potentemente suggestiva: la gobba di Quasimodo è l’emblema stesso della discriminazione che operano tutti contro di lui; Michele Satriano rende i portés e gli incatenamenti veri e propri con il corpo leggiadro e sfilato di Susanna Salvi in modo eccellentemente sobrio. Susanna Salvi non fa affatto rimpiangere le stelle del passato, dalla Osipova alla Guerin, dimostra di avere un passo elegante e riesce a produrre un’espressione drammaticamente melanconica col corpo e con l’espressività, in tandem con Quasimodo/Satriano. Arrogantemente narcisista come pretende il ruolo, il nostro Phoebus che, come un soldatino appunto, danza marciando: Giacomo Castellana lo ricalca seguendo perfettamente la coreografia stabilita da Petit. Alessio Rezza è magnifico nella parte di Frollo: la dinamicità naturale che gli è consona, apre le ali nelle operazioni di destrezza di manèges e jetés, nonché in una parte diabolica, che lo vede a dirigere prima Quasimodo e poi ipnotizzare nel sonno Esmeralda, per poi condannarla al suo rifiuto.
Un balletto nerissimo come tanti altri di Petit, che ha un gusto eccezionale per il macabro e lo rende all’ennesima potenza nelle sue profondità piu’ occulte: con Jarre aveva già solcato Le Chantes de Maldoror tratte da Lautréamont, difficile da digerire in lettura ma non in balletto; e partiva da The Monk (1796) di Matthew Gregory Lewis per l’ispirazione originaria di Notre-Dame; incontrando poi Hugo ed il suo capolavoro. Nelle ondate febbrili, ritmiche, dissonanti a volte dei suoni di Jarre, si apprezza appieno il sentimento del collega Honegger, coerenti alle tenebrose vie dei quartieri malfamati di Parigi, la Corte dei Miracoli, come delle altissime guglie della cattedrale.
Piuttosto strambo, nel delizioso programma, vedere le foto dei ballerini con la mascherina anti-covid mentre sul palcoscenico hanno ballato chiaramente senza: a voler pensar male si immagina una sorta di pubblicità subliminale verso il loro uso che, sul palcoscenico come durante le prove (o anche in palestra, per ovvie ragioni di ossigenazione) è assolutamente sconsigliato, quindi, perché ravvivare continuativamente la memoria per rimandarla al pensiero della malattia quando l'arte serve proprio ad esorcizzare il male, da cui deriva ovviamente la malattia e con cui è strettamente connessa?
L'arte è aldilà del male, lo trascende, anche quando lo indica protagonista del palcoscenico: ha un potere divino e visionario di farci guardare oltre, e di illuminare la soluzione attraverso la bellezza della verità, uno sguardo iconico che, come diceva Dante, fa alzare gli occhi verso le stelle.
Il successo di questo spettacolo, squisitamente adorabile quanto coacervo di successive riflessioni, che nelle nuove sedute a poltroncina del Teatro Costanzi sono assolutamente confortevoli, dimostra quanto il pubblico apprezzi operazioni di assoluta maestria come questa di Notre-Dame de Paris, in cui tutto il Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma è riuscito a dare il meglio di sé e a principiare una stagione che ci auguriamo ci riporti indietro allo splendore della “vecchia, cara, libera normalità” del 2019 o dei primi mesi del 2020, in altre nazioni come la Gran Bretagna già pienamente ristabilita. Che una nuova primavera sia festeggiata dopo il triste inverno sul palcoscenico della Vita.