Riccardo Muti. Un'autocelebrazione antidiacronica

Articolo di: 
Simone Vairo
Prima la musica poi le parole

Riccardo Muti, noto direttore d’orchestra italiano, ha deciso di regalare al pubblico l’ennesima ‘performance’: Prima la musica, poi le parole, la sua autobiografia edita da Rizzoli.

Era da molto tempo, come afferma Muti, che lo incitavano a scrivere una sorta di riassunto del suo percorso musicale e il risultato, a metà tra l’autocelebrazione e l’informazione, ha preso luce alla fine del 2010 quasi in parallelo con la sua direzione del Moïse et Paharaon (a dicembre) di Gioacchino Rossini al Teatro Dell’Opera di Roma.

Il libro non a caso prende il titolo da un celebre divertimento teatrale di Antonio Salieri in cui si enuncia l’importanza della musica rispetto al testo. In tal senso, quindi, è possibile leggere la biografia in questione poiché l’argomento centrale altro non è che le varie direzioni d’orchestra di Muti ricordate senza seguire un criterio diacronico.

Il testo inizia con degli interessanti, e ben scritti, ricordi d’infanzia del direttore d’orchestra, i quali culminano in due eventi: con un violino (regalo di compleanno che iniziò Muti al linguaggio musicale); ed una frase del direttore Jacopo Napoli del conservatorio di Napoli che gli fece una domanda essenziale per il successivo sviluppo delle sue scelte in campo musicale: “Hai mai pensato di dirigere?

A questo punto Muti descrive l’evoluzione del suo linguaggio musicale fino a cercare di definire la parola interprete (il quarto capitolo, per l’appunto, si chiama “L’Interprete?”), attraverso un tipo di scrittura più tecnica. L’idea base è la seguente: cercare di non far apparire il direttore d’orchestra come un semplice esecutore, piuttosto come uno studente che cerca di ‘percepire’ il linguaggio del compositore al fine di renderlo comprensibile al pubblico secondo una moderna scelta d’impatto.

Questo ci è sembrato uno dei difetti del libro: ci si aspetterebbe, tra le pagine, di trovare degli approfondimenti che meglio esemplifichino il lavoro di Muti sulle sue direzioni maggiori. Tali studi (analizzati da Marco Grondona) si trovano soltanto nella postfazione del libro, dopo ben sette capitoli i quali, inaspettatamente, si articolano in un elenco di rappresentazioni teatrali raggruppate a volte in maniera cronologica, altrimenti secondo l’argomento trattato. Ciò rende la biografia noiosa, ripetitiva e, in alcuni casi, autocelebrativa.

Sull’ultimo aggettivo si vuole far riferimento ad un evento in particolare: la famosa ripetizione del coro del Nabucco di Giuseppe Verdi alla Scala che suscitò non poco scandalo tra i giornalisti (7 dicembre del 1986; un evento che, durante l’esecuzione di un’opera, non si era mai verificato se non alla fine dello spettacolo). Con tale evento, e negli anni seguenti con varie direzioni orchestrali, c’è da riconoscere che Muti abbia riacceso l’interesse del pubblico odierno per la musica classica, ma innalzarlo ad evento fondamentale nel capitolo dedicato alla Scala di Milano, risulta essere ingiusto rispetto alle sue collaborazioni col regista Giorgio Strehler. Queste ultime, in ogni caso, sono evidenziate in merito al buon rapporto che intercorreva tra i due artisti.

Prima la musica, poi le parole non è certo il libro definitivo su Riccardo Muti, ma una lettura piacevole che non occupa più di due settimane al lettore. Da scegliere soltanto se si è curiosi di celebrare la nascita del personaggio in questione.

Pubblicato in: 
GN44 Anno III 21 marzo 2011
Scheda
Titolo completo: 

Riccardo Muti
Prima la musica, poi le parole
Editore: RIZZOLI
Pagine: 270
Prezzo: 20,00 euro
Anno prima edizione: 2010