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Gladiatore II. Lo spettacolo vince sulla verità storica
Dopo ventiquattro anni, Ridley Scott torna nell'arena con Gladiatore II, un sequel che promette di riprendere l’epicità del film originale e riportare sul grande schermo l’eterna lotta per il potere e l’onore, questa volta attraverso gli occhi di Lucio Vero, figlio di Lucilla e nipote di Marco Aurelio. Ambientato nel 200 d.C., vent’anni dopo la morte di Massimo Decimo Meridio (il "gladiatore" originale, intepretato da Russell Crowe), il film ci racconta la caduta e la rinascita di Lucio, costretto alla schiavitù e spinto a combattere nell'arena, seguendo l’esempio dell’eroico gladiatore che un tempo lo salvò.
La trama, ideata da David Scarpa e Peter Craig, rievoca il conflitto per la sopravvivenza e per la conquista di una posizione dominante che ha reso il primo Gladiatore una pietra miliare del cinema. La figura di Lucio, interpretata con intensità da Paul Mescal, richiama direttamente Massimo, sebbene ora la lotta sia contro i tiranni Geta e Caracalla, imperatori corrotti e capricciosi, interpretati rispettivamente da Joseph Quinn e Fred Hechinger. Questi antagonisti, benché forse meno iconici di Commodo, sono rappresentati con sfumature grottesche e irriverenti, conferendo una nota originale alla trama: entrambi, secondo gli sceneggiatori, richiamano delle vere icone della musica punk: uno l'aspetto stralunato di Sid Vicious, l’altro l'ombra caricaturale di John Lydon, membri dei Sex Pistols.
Tra i nuovi volti, spicca l’interpretazione di Denzel Washington nel ruolo di Macrinus, un ex schiavo trasformatosi in ricco trafficante e allenatore di gladiatori. Il personaggio, affascinante e crudele, sembra richiamare l’eredità di Proximo di Oliver Reed, ma Washington infonde in lui un’aura di autorità e carisma che lo rendono uno degli elementi più memorabili del film. Connie Nielsen e Derek Jacobi tornano nei panni di Lucilla e del senatore Gracco, donando un senso di continuità con il primo capitolo e arricchendo il quadro complesso della politica romana.
La regia di Scott riprende le ambientazioni grandiose e suggestive dell'antica Roma, benché il film sia stato girato tra Malta e l'lnghilterra, con scene di battaglie visivamente spettacolari, tra cui un momento peculiare che coinvolge una lotta contro un'orda di babbuini carnivori (alquanto inverosimili, in realtà) nell'arena, offrendo un tocco di originalità inatteso. La colonna sonora di Harry Gregson-Williams fa eco all’epicità di Hans Zimmer, mantenendo l’intensità emotiva nelle scene cruciali e aiutando a fondere azione e introspezione in un equilibrio narrativo riuscito.
Se Gladiatore II cattura momenti di grande pathos e azione, non mancano i richiami diretti al primo film, talvolta con la sensazione di un "remake mascherato", come molti hanno osservato. Diversi personaggi sembrano ricalcare gli archetipi dell’originale, e la struttura narrativa conserva, a tratti troppo fedelmente, lo schema del primo Gladiatore. Tuttavia, Scott riesce a far emergere il proprio estro creativo nelle scene che si discostano maggiormente dal modello iniziale, sfruttando al meglio le interpretazioni del cast. Inoltre, le scene di battaglie, duelli e scontri potrebbero essere ambientate anche in altre epoche e contesti, reali o immaginari: al tempo della guerra di Troia, di Leonida alle Termopili, di Carlo Magno, di Napoleone; oppure in mondi immaginari come Dune, la distopia di Hunger Games, Il pianeta delle scimmie, il Marvel Cinematic Universe. Tutti con lo stesso copione, con il buono di turno che vince alla fine il duello risolutivo con il "villain".
Il regista riesce anche a dare un minimo di flavour dell'epoca con tre riferimenti letterari classici che aggiungono profondità al percorso di Lucio, il protagonista, e alla trama complessiva. Tre citazioni classiche emergono con forza, ognuna densa di significato e simbolismo.
La prima proviene da Tacito: "Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant" ("Dove fanno il deserto, lo chiamano pace"), tratta dalla Vita di Giulio Agricola. Questa citazione potrebbe incarnare l’imperialismo brutale di Roma e la devastazione provocata dalle campagne militari. Per Lucio, questo motto diventa una presa di coscienza sulla vera natura del potere imperiale: la "pace" promessa dai dominatori è in realtà la distruzione delle terre e delle culture. Viene inserita in una scena in cui Lucio osserva il conflitto o gli effetti devastanti delle guerre, sviluppando un profondo dubbio verso il sistema politico a cui appartiene.
La seconda proviene da Epicuro, e viene ripetuta due volte: "Quando noi viviamo la morte non c'è, quando c'è lei non ci siamo noi. Non è nulla né per i vivi né per i morti". Questa riflessione epicurea sul non temere la morte si adatta alla filosofia di chi combatte nell'arena, ma va oltre il coraggio fisico. Mentre Lucio affronta la sua missione, comprende che la morte non è qualcosa di cui aver paura, perché riguarda solo l’istante della fine. Questa filosofia può motivarlo ad abbracciare il proprio destino e a non temere il sacrificio, avvicinandosi all’idea che la sua esistenza debba avere un significato oltre la paura della fine.
La terza citazione è da Virgilio, Eneide, VI, 126-129: "Facilis descensus Averno, / noctes atque dies patet atri ianua Ditis; / sed revocare gradum superasque evadere ad auras, / hoc opus, hic labor est" (”Scendere agli Inferi è facile: la porta di Dite è aperta notte e giorno; ma risalire i gradini e tornare a vedere il cielo qui sta il difficile, qui la vera fatica. “). Questi vers isimboleggiano il percorso di Lucio: il discendere nel caos dell’arena e della guerra è facile, ma la vera impresa è risalire, recuperando l’umanità e la libertà. Scott ha usato questi versi come metafora visiva del viaggio del protagonista nell'oscurità (l’arena e la crudeltà dei giochi circensi) e della sua lotta per emergere da quella disumanizzazione e riconquistare la luce e la pace, come accade anche nel mito della caverna di Platone.
Questi richiami ai classici fungono da colonne portanti per il percorso di crescita e rinascita di Lucio. Scott riesce a legare l'antichità con la contemporaneità, dando vita a un’epica che esplora i temi della memoria, del sacrificio, della guerra, della morte, della resilienza e della lotta contro le oppressioni del potere, dimostrando ancora una volta la sua capacità di fondere cinema e letteratura in un’unica, potente narrazione, con l'ambizione di diventare una riflessione sulle eterne verità della condizione umana.
Tuttavia, tanta ambizione è un po' perturbata da alcune incongruenze storiche, per non parlare di vari anacronismi e di licenze narrative, che sembrano voler privilegiare una visione spettacolare piuttosto che storicamente fedele ed accurata dell’antica Roma. Ad esempio, Giugurta, re di Numidia, è collocato nella narrazione come figura contemporanea del III secolo d.C., mentre storicamente regnò nel II secolo a.C. e fu sconfitto da Gaio Mario nel 105 a.C. Questo spostamento temporale è fuorviante: Giugurta è ricordato come simbolo della resistenza africana all’espansionismo romano, ma inserirlo in un’epoca in cui l’Africa romana era ormai consolidata può confondere lo spettatore sul reale contesto politico e militare di Roma. Questa scelta potrebbe essere stata fatta per motivi narrativi, ma riduce la complessità storica delle vicende di Roma nel III secolo d.C.
Inoltre, la rappresentazione di Caracalla e Geta come figure deboli, effeminate e paranoiche distorce la realtà storica: Caracalla, in particolare, è ricordato per la sua ferocia e l'efficienza militare. Introdusse l'Editto di Caracalla (212 d.C.), che estese la cittadinanza romana agli abitanti dell’Impero, rafforzando la coesione imperiale. Inoltre, era noto per essere un imperatore forte e per le sue campagne belliche. Raffigurarlo come debole potrebbe servire al film per costruire un contrasto narrativo con la virilità dei gladiatori, ma sacrifica l’autenticità storica.
Un altro blooper riguarda gli spettacoli nel Colosseo: essi includevano effettivamente le "naumachie", ossia battaglie navali simulate, ma l'introduzione degli squali è una fantasia modernizzante. Storicamente, per queste battaglie si usavano piccole imbarcazioni e la fauna marina non era parte dell’intrattenimento, poiché difficilmente gli animali acquatici potevano essere mantenuti vivi in tali condizioni. Questa aggiunta cinematografica punta evidentemente a esagerare la ferocia dell’arena e ad aumentare la tensione, ma potrebbe risultare poco credibile per chi ha familiarità con le pratiche del tempo.
Infine, la mancanza di un serio approfondimento psicologico dei personaggi rischia di rendere la narrazione superficiale e appiattita. Nei film storici, un’adeguata introspezione è fondamentale per trasmettere le complessità morali e psicologiche di figure che vivevano in un contesto di guerra e potere. In Gladiatore II, questo aspetto è trascurato a favore dell'azione e dello spettacolo visivo. Lucio, pur essendo il protagonista, sembra muoversi in modo schematico e prevedibile: se avesse maggior profondità interiore, l’intero film risulterebbe più ricco e autentico, anziché dipendere da scene d'azione che non approfondiscono i dilemmi morali dei protagonisti.
In sintesi, Gladiatore II sacrifica parecchi elementi di verità storica e spessore psicologico in favore della spettacolarità. Una maggiore aderenza ai dettagli storici e un approfondimento dei conflitti interiori dei personaggi non solo arricchirebbero la trama, ma offrirebbero un ritratto più genuino e coinvolgente della Roma imperiale. Alla fine, abbiamo un’opera che si pone in bilico tra l’omaggio al passato e la ricerca di un nuovo mito per il presente: mito che sembra incarnato in un vago auspicio della restaurazione della Roma repubblicana, come se anch'essa non fosse stato comunque un regime basato sullo schiavismo e in cui i diritti umani contemporanei erano qualcosa di totalmente sconosciuto. La storia di Lucio e il suo dilemma tra giustizia e vendetta arricchiscono il tema morale del film, con un finale che Scott definisce “potente e toccante”, chiudendo il cerchio iniziato nel 2000. Anche se a volte il film rischia di restare nell’ombra del suo predecessore, le interpretazioni potenti, la regia visivamente curata e una colonna sonora avvolgente fanno sì che Gladiatore II emerga come un’opera che merita di essere vista, sia dai nostalgici del primo capitolo che da un pubblico alla ricerca di epiche avventure.