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Botero, l’esaltazione gentile del volume e del colore
A Roma Palazzo Bonaparte ospita dal 17 settembre la mostra dedicata all’arte di Fernando Botero fino al 19 gennaio: è la prima e più completa realizzata in Italia a un anno dalla morte. L’esposizione è curata da Lina Botero, figlia dell’artista, e Cristina Carrillo de Albornoz, grande esperta della sua opera, e illustra più di 60 anni di carriera artistica con oltre 120 opere tra dipinti, acquerelli, sanguigne, carboncini, sculture e alcuni straordinari inediti, prestati eccezionalmente solo in questa occasione La mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia in collaborazione con la Fernando Botero Foundation e in partnership con la Fondazione Terzo Pilastro Internazionale e Poema.
Fernando Botero, nato in Colombia nel 1932, iniziò a dipingere da giovanissimo, nonostante sua madre lo ammonisse dicendo:” Fallo pure ma morirai di fame”. Studiò al Liceo San José, a Marinilla. Ottenne il secondo premio al IX Salón Anual de Artistas Colombianos a Bogotá per il quadro Frente al mar e con il denaro vinto decise di viaggiare in Europa. Dopo un breve soggiorno a Barcellona, andò a Madrid dove si iscrisse alla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, ma fu il Museo del Prado che, con lo studio delle opere dei grandi maestri della pittura come Velázquez, Goya, Tiziano e Tintoretto, si rivelò più utile alla formazione da autodidatta del suo stile.
Lo stesso avvenne per la pittura quattrocentesca italiana a cominciare da Piero della Francesca, di cui vide in una immagine l’Incontro tra Salomone e la Regina di Saba, del Ciclo della Vera croce, affresco che decora la chiesa di San Francesco ad Arezzo. Nel catalogo Lina Botero rivela un aspetto illuminante:” fu una sorta di rivelazione davanti alla forza, ai colori e alla composizione di questa grande opera d’arte… a Firenze, dove si stabilì per lavorare e studiare per due anni la pittura del Quattrocento e i testi di Bernard Berenson, il grande critico d’arte. Giunse in tal modo a razionalizzare la sua innata fascinazione per il volume, una tendenza presente anche nelle sue primissime opere, quando non aveva ancora lasciato la Colombia”. Una visione molto personale perché dall’Impressionismo e nell’arte contemporanea, la pittura era diventata molto più bidimensionale.
Non a caso l’esposizione si apre con la sezione dedicata alle Versioni di Botero di opere famose significative per la sua arte, introdotte da ciò che scrisse Botero:” La ricchezza di un pittore sono le sue influenze, ogni volta che ne riceve una si arricchisce. Bisogna impregnarsi di tutto, questa è la ricchezza di un artista: aver subito molte influenze, aver amato molte opere d’arte, aver visto molti quadri e sculture per poi creare un mondo proprio.” Ad aprire la sezione in mostra c’è il dipinto intitolato Homenaje a Mantegna; per la prima volta in più di 40 anni quest’opera viene esposta al pubblico grazie alla casa d’aste Christie’s di New York, che ha reso possibili i contatti necessari. Si tratta di un olio su tela del 1958 dipinto a Bogotà, basato su un affresco di Andrea Mantegna: la Camera degli Sposi al Palazzo Ducale di Mantova. Questa affascinante opera per composizione e uso del colore mostra l’originale elaborazione di Botero, un esempio è anche La Gioconda dove il paesaggio è quello colombiano.
Per la prima volta è esposta al pubblico anche l’opera intitolata La Menina (segun Velázquez), L’infanta Margarita che Botero aveva conservato per sé. Las Meninas è un celeberrimo dipinto di Velázquez, che per l’interpretazione e composizione ha affascinato moltissimi artisti, tra gli altri famosi gli studi e i dipinti di Picasso. Merita una menzione un altro dipinto ispirato a Velázquez: El niño de Vallecas, un quadro che l'artista definiva “pura dolcezza”, che presenta un altro fattore per capire l’artista: la poesia insita nelle sue opere.
Botero da autodidatta si impadronì magistralmente delle diverse tecniche e, nell’articolazione delle diverse sezioni tematiche, la mostra ne dà una esauriente e affascinante dimostrazione. La seconda sezione è dedicata alla scultura un estensione della visione del volume che si materializza nella terza dimensione come afferma l’artista. “La mia grande passione per la forma diede luogo alla necessità di trasformare le forme della mia pittura in volumi reali, tridimensionali, tattili.” I soggetti riprendono temi trattati anche nelle altre forme d’arte: privilegiando le donne. All’inizio degli anni Ottanta venne per la prima volta nella città di Pietrasanta, centro famoso per i grandi artigiani che da generazioni lavorano il bronzo e scolpiscono il marmo proveniente dalle cave di Carrara. Nel 1983 Botero acquistò una casa che adibì a studio e vi si recava ogni estate con la famiglia, mentre si dedicava principalmente alla scultura in tutte le fonderie.
Segue la parte dedicata ai disegni in cui sono affrontati i diversi temi in cui è articolata l’esposizione: l’ambiente colombiano, la natura morta, il circo, la corrida e il Ritratto del padre, tratto da una fotografia perché era morto quando l'artista aveva quattro anni. Botero riguardo al disegno affermava: “Il disegno è praticamente la base di tutto, è l’identità del pittore, è il suo stile, è la sua convinzione formale; e il colore è una specie di regalo che si fa al disegno". La mostra infatti prosegue alternando nelle sezioni temi e tecniche, ci sono quella dedicata alle Nature morte dove domina lo studio del colore e poi quella dedicata alla tecnica dei pastelli, in cui nei diversi soggetti affrontati, rivela di essersi pienamente impadronito della tecnica, Pedro (1971) ne è un eloquente esempio.
Nei ricordi della città natale di Medellín una parte importante l’ha la quotidianità, le icone religiose nelle chiese e nelle cattedrali, argomento della parte dedicata a La religione. Oltre le convenzioni, in cui spiccano: Nostra signora di Colombia, l’ironico Bagno del Vaticano e l’intenso Cristo crocifisso che fa parte del ciclo dedicato alla Passione.
Una sezione è dedicata al Circo, un tema ricorrente anche in artisti del XIX e XX secolo, Lina Botero, nel catalogo, narra: “Il tema del circo emerse spontaneamente nel lavoro di mio padre. Nel 2006, mentre si trovava a Zihuatanejo, un villaggio di pescatori sulla costa pacifica del Messico, vide arrivare un circo povero e umile, che catturò la sua attenzione con la sua poesia e la sua magia. Attraverso dipinti a olio, acquerelli e disegni, ritrasse giocolieri, clown, trapezisti e ammaestratori.”
Segue quella dedicata alla Corrida, a cui giovanissimo si dedicò prima di scoprire la sua vera vocazione, ci sono anche scene crude: La cornata e El arrastre, il trascinamento del toro ucciso. A questo proposito viene riportata una frase di Botero:“Le mie opere non vogliono rappresentare fedelmente la realtà senza offrire un universo proprio e coerente, una nuova dimensione pittorica. Le opere devono essere fedeli unicamente alla pittura e all’universo poetico che ne scaturisce. Nelle incisioni della Tauromachia di Goya, le scene taurine raffigurate sono terribili, ma non importa: perché sono dei magnifici Goya”.
Questa considerazione vale anche per la parte dedicata alla Violenza in cui ci sono opere su Abu Ghraib e episodi di violenza del suo paese come Il massacro ore 20,15 e Madre e figlio entrambi del (2004). Su questo argomento di nuovo le parole dell'artista sono illuminanti:” L’arte non ha il potere di produrre cambiamenti sociali o politici. Ha però il potere di perpetuare nel tempo la memoria di un episodio. Il mondo ricorda il bombardamento di Guernica durante la Guerra Civile spagnola perché Picasso lo ha dipinto. Lo stesso è accaduto con Goya e le esecuzioni del 2 maggio. L’arte serve da testimonianza che perdura nel tempo e nella memoria collettiva.”
Nella penultima sezione è protagonista l’acquerello, un’altra tecnica usata in modo personale e originale, l’acquerello è molto popolare in Colombia e Botero l’ha sempre impiegata nelle sue opere per raffigurare soggetti diversi, scene di vita nella Colombia della sua gioventù, le donne, il ballo, i musicisti, c’è anche una delle sue ultime opere del 2023, un omaggio a Matisse: Odalisca.
La conclusione non poteva che riguardare le possenti radici colombiane ben descritte dalle parole dell’artista:” La questione è che l’arte e l’artista devono assicurarsi che le proprie radici continuino ad affondare nella propria terra e nella propria vita: e la mia vita è sempre stata in Colombia, e la mia terra è sempre stata la Colombia. Lì la natura esuberante, l’amore, la musica, la politica, le classi del potere danno forma alla sua storia. Nel dipingere, cerco tutto questo tra i miei ricordi e lo reinvento nel mio studio, donandogli nuova vita, nuovi colori, forme esagerate. Tutto ciò che plasmo nei miei dipinti riflette un mondo conosciuto durante la mia gioventù. È una specie di nostalgia, di ossessione, che ho trasformato nel tema centrale del mio lavoro. […] Ho vissuto per cinque anni a New York e molto a lungo anche in Europa, ma nulla è riuscito a cambiare la mia prospettiva, la mia natura e il mio spirito latinoamericani. La comunione con il mio paese è totale.”
Questa colorata sezione è aperta da un autoritratto e ricca di scene tra cui quella de La vedova con tre figli è forse un ricordo della sua difficile infanzia, nelle scene di vita spiccano quelle legate alla musica e alle feste.
Il catalogo edito da Moebius a cura Lina Botero e Cristina Carrillo de Albornoz è una guida preziosa, ricca di illustrazioni a colori per chi voglia approfondire l’arte di Fernando Botero.