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Galleria Spada. Due opere di Lanfranco a confronto
La piccola mostra “Ritrovare Lanfranco. Due opere a confronto”, ospitata nella Galleria Spada dal 13 al 19 febbraio 2018, è stata concepita unitamente a una giornata di studio tenutasi il 13 febbraio, che, traendo spunto dal ritrovamento di un’opera del Lanfranco dì grande intensità spirituale, Il ritorno del figliol prodigo, ha permesso di approfondire la conoscenza del pittore e alcuni aspetti del collezionismo romano, in particolare delle famiglie Spada e Giustiniani.
I primi decenni del XVII secolo sono stati per l'Europa e per Roma in particolare eccezionalmente prolifici dal punto di vista artistico, tanto che si è parlato più volte di una nuova età dell’oro, in aperto contrasto con la povertà, le guerre, le carestie che affliggevano il popolo. Proprio a quel periodo così ricco di indimenticabili raffigurazioni sacre e profane appartiene l’opera di Giovanni Lanfranco (1582-1647), un pittore parmense ai suoi tempi contesissimo dalla nobiltà romana e prediletto da papa Paolo V Borghese.
L’iniziativa, promossa dal Polo Museale del Lazio, diretto da Edith Gabrielli, ha avuto come relatori la direttrice della Galleria Spada Adriana Capriotti, gli storici dell’arte Erich Schleier e Silvia Danesi Squarzina e gli antiquari Miriam Di Penta e Umberto Giacometti. Il ritorno del Figliol Prodigo, una tela già appartenuta ai Giustiniani, viene presentata per la prima volta al pubblico italiano dopo essere stata riconosciuta come opera di Lanfranco. La riscoperta del notevole dipinto, acquistato dalla Galleria Giacometti e attualmente in una raccolta privata, ha permesso di integrare la conoscenza di Lanfranco attorno alla metà degli anni Venti del Seicento, nella piena maturità del pittore emilino, e di ricostruire l’avventura dell’opera attraverso i suoi percorsi europei a partire dall’Ottocento.
In questa occasione il dipinto è stato affiancato al Giovane con il berretto piumato, conservato sin dal Seicento nella collezione Spada, un’opera riportata a Lanfranco già negli anni Settanta del Novecento dal massimo conoscitore del pittore, il tedesco Erich Schleier. Il giovane del quadro della Galleria Spada rappresenta in effetti lo stesso giovane raffigurato, nel Ritorno del Figliol prodigo, come fratello maggiore e ha costituito quindi la premessa per il riconoscimento del dipinto, apparso sul mercato antiquario internazionale come opera di scuola caravaggesca. Come illustrato proprio da Schleier i due dipinti rientrano nel percorso stilistico del cosiddetto momento “protobarocco” di Lanfranco, prima della realizzazione della straordinaria cupola di Sant’Andrea della Valle (1625/27) raffigurante l’Assunzione della Vergine, il cui cielo “sfondato” sarà d’esempio per molti altri artisti.
In particolare Il ritorno del figliol prodigo, databile intorno al 1620, viene accostato alle otto tele con Storie del Vecchio e Nuovo Testamento di San Paolo fuori le Mura. Quanto alla figura del vecchio padre dalle vesti gialle e violacee, il riferimento più immediato è con il Sant’Andrea davanti alla croce, di Lanfranco, un quadro votivo dipinto per Andrea Giustiniani e ora nella Gemäldegalerie di Berlino. Nella fluidità e pastosità delle vesti c’è forse un omaggio al contemporaneo Guercino, del quale si ritrova qualcosa anche nella posa del figlio prodigo, vicina a quella di un pastore del celebre dipinto Et in Arcadia ego di Guercino. Un rapporto più diretto è con Il ritorno del figliol prodigo di Sisto Badalocchio, un altro pittore parmense che lavorò con Annibale Carracci a Palazzo Farnese, come lo stesso Lanfranco.
Il quadro della Galleria Spada non è un frammento, ma un’opera a sé stante (1624-25), concepita come ricordo parziale del primo dipinto. La stesura è più delicata e l’insieme meno contrastato; lo sguardo è pensieroso, mentre il fratello maggiore, nel Ritorno del figliol prodigo, appare quasi triste mentre porge nuove vesti al fratello minore. Del resto per lui non è facile accettare quel fratello che invece è accolto con amore dal vecchio padre. Il tema del figliol prodigo, come ha evidenziato Silvia Danesi Squarzina, equivale a quello della Resurrezione, perché quel figlio era morto ed è tornato in vita. Il Padre accoglie a braccia aperte chi si converte e torna alla fede. La resa drammatica di questo atto di misericordia, particolarmente sentito negli anni della Controriforma, è notevole. Del resto Lanfranco ha più volte evidenziato grandi doti di capacità narrativa, come nei dipinti ispirati ai poemi cavallereschi di Tasso e Ariosto (ad esempio Erminia tra i pastori nei Musei Capitolini).
La stessa Danesi Squarzina ha ricostruito la storia del Ritorno del figliol prodigo all’interno della Collezione Giustiniani, tra le più importanti del primo Seicento. È stato così possibile gettare nuova luce sul destino dei dipinti ex Giustiniani all’interno di altre prestigiose collezioni, come avvenuto, ad esempio, proprio nella stessa Galleria Spada con la Sacra famiglia con San Giovannino di Valentin de Boulogne, opera ugualmente proveniente dai Giustiniani e che si ammira oggi nella Sala dove i due dipinti di Lanfranco sono in mostra.
L’iniziativa è stata l’occasione per far conoscere alcune dinamiche di recupero che si svolgono sul mercato internazionale dell’arte. Miriam Di Penta e Umberto Giacometti hanno evidenziato come la conoscenza dei musei e delle collezioni antiche sia indispensabile per poter rintracciare opere d’arte importanti. Essi individuarono a suo tempo Il ritorno del figliol prodigo proprio sulla base del dipinto della Galleria Spada e di una copia presente nel Museo di belle arti di Saragozza. All’inizio nel dipinto, definito di scuola caravaggesca (è evidente l’influsso della Chiamata di San Matteo di Caravaggio), leggevano una forte memoria di Guido Reni, ma le vesti gialle e viola del padre li convinse a prendere in considerazione l’ipotesi di Lanfranco.
La giornata di studio si è tenuta a Palazzo Spada, nell’imponente Salone di Pompeo, per l'occasione concesso dal Consiglio di Stato. Da qui, attraverso la splendida seicentesca Sala delle Quattro Stagioni, c’è il passaggio diretto alla Galleria Spada, una straordinaria quadreria seicentesca realizzata nel cinquecentesco palazzo già Capodiferro per volere del cardinale Bernardino Spada, per il quale fu pure realizzata la celeberrima Colonnata prospettica di Francesco Borromini.