Bugiardo seriale. Un film sulla menzogna come pratica extramorale

Articolo di: 
Teo Orlando
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Olivier Baroux, noto in patria anche come attore e umorista, ci propone con questo film (Menteur, in italiano più efficacemente Bugiardo seriale), una commedia lieve e intrisa del tipico umorismo francese, misto ad effetti tragicomici. Tutto ruota intorno alla figura di Jérôme (l'attore di origine marocchina Tarek Boudali), manager di un'importante azienda dove si comporta come un bugiardo compulsivo.

Del resto, reitera questo comportamento anche con la famiglia e con gli amici, che alla lunga non sopportano le sue bugie quotidiane e cercano disperatamente di fargli cambiare atteggiamento. Ma Jérôme non gli dà retta e sprofonda sempre di più nelle sue bugie, finché un giorno non viene colpito da una sorta di incantesimo, simile a una maledizione divina: le sue bugie diventano per così dire "reali" e prendono vita, immergendo il protagonista in una sorta di incubo.

Nonostante le intenzioni apparentemente poco intellettuali, il film affronta implicitamente uno dei temi più spinosi della filosofia, ossia il rapporto tra verità e menzogna. Come ci insegna Nietzsche, "Che cos'è dunque la verità? Un mobile esercito di metafore, metonimie, antropomorfismi, in breve una somma di relazioni umane che sono state potenziate poeticamente e retoricamente, che sono state trasferite e abbellite, e che dopo un lungo uso sembrano a un popolo solide, canoniche e vincolanti: le verità sono illusioni di cui si è dimenticata la natura illusoria, sono metafore che si sono logorate e hanno perduto ogni forza sensibile, sono monete la cui immagine si è consumata e che vengono prese in considerazione soltanto come metallo, non più come monete" (Su verità e menzogna in senso extramorale, 1873).

Sempre il filosofo tedesco, notava come il mentitore adopera le designazioni valide, le parole, per fare apparire come reale ciò che non è reale. Chiosa il suo interprete francese Jacques Derrida: "Resta il fatto che se ci atteniamo, come è giusto fare per cominciare, a ciò che il linguaggio corrente così come la filosofia vogliono dire, se ci fidiamo di questo voler-dire, mentire non vuole dire in generale ingannarsicommettere errore. Ci si può ingannare, si può essere in errore senza mentire. Si può comunicare agli altri un’informazione falsa senza mentire. Se credo a ciò che dico, anche se è falso, anche se mi sbaglio, e se non cerco di approfittare dell’altro comunicandogli tale errore, allora non mento. Non si mente dicendo semplicemente il falso, quantomeno fintanto che si crede in buona fede alla verità di ciò che si pensa o di cui si ha opinione" (Storia della menzogna, 1997). E conclude idealmente la filosofa italiana Franca D'Agostini: "la menzogna è l'atto linguistico compiuto con lo scopo di far credere vero ciò che si crede essere falso" (Menzogna, 2012).

Il regista si pone in qualche modo nel solco di queste riflessioni, osservando come la menzogna fosse una delle espressioni comiche più più frequenti nei film comici, e prima ancora nelle commedie, ma non si trovava mai, o quasi mai, al centro di una sceneggiatura in quanto tale. In questo film il regista ha cercato di analizzarla, per capire non solo i suoi effetti ma anche i fattori che la scatenano. Esistere, fuggire, soffrire, non soffrire, valorizzare: le ragioni per mentire sono numerose e il film ne ha esplorate parecchie. Baroux cita anche un articolo molto serio su Le Monde che avanzava l’ipotesi che una società senza bugie non potrebbe esistere (ipotesi in qualche modo già anticipata da Mandeville nel saggio settecentesco The Fable of Bees). Ma un altro regista, Ricky Gervais, realizzò un film intitolato L'invenzione della bugia (The Invention of Lying), proprio sull'utopia di una società priva di menzogne.

Ma per il regista si tratta di un'utopia: "Tutti devono mentire prima o poi per motivi sociali". Per esempio, quando una coppia invia una foto del loro nuovo bambino, è difficile non rispondere che è il bambino più bello del mondo, anche se sappiamo quanto sia raro che i bambini abbiano il loro aspetto migliore alla nascita. Ma tutti incorriamo in questo tipo di piccola bugia! Il protagonista del film Jérôme, d'altro canto, mente per esistere. Ha iniziato a mentire molto presto e non ha mai smesso: inventare bugie è diventato per lui uno stile di vita, una seconda natura. Sa che con le storie da lui raccontate le persone lo ascolteranno e anzi lo ammireranno. Fondamentalmente, ciò che Jérôme vuole è essere considerato. È tutto ciò che vuole. Citando di nuovo Nietzsche: "In quanto l'individuo, di fronte ad altri individui, vuole conservarsi, esso utilizza per lo più l'intelletto, in uno stato naturale delle cose, soltanto per la finzione: ma poiché al tempo stesso l'uomo, per bisogno o per noia, vuole esistere socialmente come in un gregge, egli è spinto a concludere la pace, e tende a far scomparire dal suo mondo almeno il più rozzo bellum omnium contra omnes. [...] Sorge qui infatti, per la prima volta, il contrasto tra verità e menzogna. Il mentitore adopera le designazioni valide, le parole, per fare apparire come reale ciò che non è reale. Egli dice per esempio: «io sono ricco», mentre per il suo stato la designazione esatta sarebbe proprio «povero». Egli fa cattivo uso delle salde convenzioni, scambiando arbitrariamente, o addirittura invertendo i nomi. Quando egli fa questo in modo egoistico, che può d'altronde recare danno, la società non si fiderà più di lui e cosi lo escluderà da sé" (Su verità e menzogna in senso extramorale, 1873).
 
Baroux aggiunge poi che il film adatta per il pubblico francese il film-commedia Menteur/Liar, del regista canadese Émile Gaudreault. Ma il personaggio di Jérôme ha delle peculiarità introdotte da Baroux: innanzitutto non è un bugiardo malvagio. Non è un mitomane, né è mentalmente deviato. Non è neppure un truffatore e non fa del male a nessuno, almeno non intenzionalmente. È solo un millantatore e un gran furbo: appare quindi come un uomo perdonabile, dato che molti si comportano nello stesso modo. Basta guardare TikTok o Instagram: il numero di persone che si inventano una vita fittizia è in continua crescita. È un fenomeno sociale che dovrebbe ispirare un dibattito sul perché la menzogna sia necessaria, sulle sue virtù, sulla sua immoralità, sui suoi danni, ma anche sulla sua triste necessità.

Ben assortito è anche il cast del film: Jérémy Lopez, una delle forze trainanti della Comédie Française, è entrato a far parte del gruppo nel ruolo di uno psichiatra. Con un'esperienza che spazia dall'opera classica a quella contemporanea, ha una gamma di sfumature fenomenale. Credo molto nel potere creativo della commistione di generi. Il protagonista, Tarek Boudali, che è uno dei pilastri della "Bande à Fifi", e Pauline Clément che, come Jérémy, proviene dalla Comédie-Française, producono un risultato irresistibilmente divertente. Lo stesso vale per le scene tra Tarek e l'ex studente del Conservatorio Bertrand Usclat, che interpreta l'assistente affetto da narcolessia.

Alla fine, Bugiardo seriale è una commedia leggera e "romantica" sulla menzogna, la cui morale può essere così riassunta: "mentire è una pratica ad alto rischio". E, per paradosso, nel film sono i russi che non si comportano in modo molto "corretto": triste coincidenza, perché quando il film venne concepito non era ancora scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina.

Pubblicato in: 
Gn36 Anno XV 4 agosto 2023
Scheda
Titolo completo: 

Bugiardo seriale (Menteur)

Regia: Olivier Baroux
Sceneggiatura:    Olivier Baroux

Società di produzione: Gaumont
Paese: Francia
Genere:    Commedia
Durata:    95 minute
Uscita nelle sale:  31 agosto  2023
Musica : Philippe Kelly
Distribuzione per l'Italia: Altre storie
 

Attori principali:
Tarek Boudali: Jérôme Berada
Artus: Thibault Berada
Pauline Clément: Chloé
Louise Coldefy: Virginie
Jérémy Lopez: Jacques