Caligola di Camus a Frascati. La libertà sfrenata del potere assoluto

Articolo di: 
Teo Orlando
Caligola

Sabato 21 luglio 2012, alle ore 21.30, nel suggestivo scenario della Villa Torlonia di Frascati, nell’ambito del Festival Internazionale delle Ville Tuscolane 2012, la compagnia "Teatro della Luce e dell'Ombra", in occasione del Bimillenario della nascita dell’imperatore Caligola (Anzio, 12 - Roma, 41 d.C. ), ha rappresentato la pièce Caligola, liberamente adattata dal testo di Albert Camus.

La regia di Gennaro Duccilli ha saputo reinterpretare il classico testo dello scrittore francese (premio Nobel per la Letteratura nel 1957), integrandolo con citazioni dello storico latino Svetonio (atte a sottolineare con pennellate secche e aguzze la fosca drammaticità della vicenda) e ottenendo un grande successo di critica e di pubblico nei due Festival Internazionali di teatro di Siviglia e Cadice.

Duccilli, nella duplice veste di regista e interprete, usa come testo centrale quello di Camus, ma  introduce, come prologo, un rito isiaco (ossia in onore della dea Iside) officiato dallo stesso Caligola, in vesti egizie, sul lago di Nemi (era lo specchio di Drusilla, l'amatissima sorella-amante dell’imperatore, identificata con Diana-Iside), dove l'imperatore fece costruire due gigantesche navi, la prima in forma di tempio, l'altra in forma di palazzo.

Il dramma originale di Camus, Caligola, venne rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1945, al Théâtre Hébertot, e vedeva Gérard Philippe nei panni dell’imperatore romano. Lo scrittore francese lavorò al dramma a più riprese, rielaborandolo più volte, tant’è vero che ne esistono tre stesure definitive, ognuna con rilevanti differenze. La prima versione, del 1938/39, aveva per titolo Caligula ou le joueur (Caligola o il giocatore), ma venne considerata dallo stesso autore ancora piuttosto acerba e immatura: Caligola qui è una sorta di eroe nietzscheano, che incarna la libertà assoluta del dio Dioniso: l’imperatore con la morte si libera del  tormento del divenire e del principio di individuazione schopenhaueriano per perdersi nell’indistinzione del cosmo.

La seconda versione, del 1941, subì dei cambiamenti notevoli, sicuramente influenzati dal clima culturale e storico in cui venne elaborata: la Francia era sotto l’occupazione nazista e stavano nascendo i primi focolai di quella che poi divenne la Resistenza francese. Idealmente (e anche editorialmente, se non ci fosse stata l’opposizione dell’editore Gallimard), essa avrebbe dovuto costituire una sorta di «trilogia dell’assurdo», insieme con il saggio Il mito di Sisifo e con il romanzo Lo straniero, in cui emerge in modo irrimediabile il contrasto tra l’individuo e la politica.

La cosa più importante è l’aggiunta di un terzo atto (mentre il terzo atto della versione precedente diventa qui il quarto), intitolato Divinità di Caligola, in cui assume particolare importanza il filosofo Cherea: costui diventa una sorta di prototipo della resistenza al totalitarismo; da filosofo epicureo e materialista qual è, preferirà lasciare i suoi studi prediletti per capeggiare la rivolta che porterà al tirannicidio, benché disprezzi in cuor suo i senatori che parteciperanno alla congiura. Sono idee che Camus avrebbe poi proposto nelle Lettere a un amico tedesco del 1943-44, e che nel 1951 verranno meglio argomentate ne L’uomo in rivolta (L’Homme revolté).

L’ultima versione, del 1958, rivela una tendenza al ripiegamento, quasi un monito contro i pericoli del nichilismo contemporaneo.
Questa versione teatrale, pur non seguendo fedelmente nessuna delle versioni di Camus, ci sembra in qualche modo più vicina alla seconda, similmente a un'altra interpretazione recente, Caligola 2000 di Daniele Scattina, rappresentata nel 2008 al Teatro dell'Orologio di Roma.

Il dramma è incentrato sulla figura di Caligola, ma dietro l’imperatore romano si nasconde in realtà un uomo del Novecento, agitato da passioni incontrollabili e scettico di fronte a un mondo ingiusto e governato dal caso, dal quale gli dèi si sono ritirati. Nel terzo atto, di fronte alla domanda rivoltagli dal giovane Scipione sull’esistenza degli dèi, Caligola risponde che la propria fede nella loro esistenza rimarrà il grande segreto del suo regno. E aggiunge: «Per un uomo che ama il potere, la concorrenza degli dèi è seccante. Io l’ho eliminata. Ho dimostrato a questi dèi effimeri che un uomo, se ci si mette, può esercitare senza nessuna pratica il loro ridicolo mestiere». In modo forse meno radicale, echeggiano qui le parole dello Zarathustra di Nietzsche, allorché sostiene: «Ma io voglio aprirvi interamente il mio cuore, amici: se ci fossero dèi, come potrei sopportare di non essere un dio? Dunque non ci sono dèi» (Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, trad. it. di Sossio Giametta, Milano, Rizzoli, 1996, pag. 106).

Il dramma esemplifica, in una sorta di parabola, il rapporto tra il potere e la libertà, così tipico non solo delle opere teatrali, ma anche della produzione filosofica e saggistica di Camus. Il potere per Caligola è parte integrante del suo essere e della sua vita, anzi si identifica con essa: «Gli altri creano perché non hanno il potere. Io non ho bisogno di un'opera. Io vivo».

Caligola incarna perfettamente l’intreccio tra potere assoluto e libertà sfrenata, coniugando le passioni che lo dominano con una logica cinica e algida, e generando così una sorta di razionalità perversa.

Il suo stesso assassinio è in realtà una sorta di suicidio pianificato secondo una logica nichilista: «Il nichilismo assoluto, quello che accetta di legittimare il suicidio, trascorre ancora più facilmente all’omicidio logico», scrive Camus nell’introduzione a L’uomo in rivolta. Caligola, accettando di farsi uccidere, in realtà accetta la logica dell’autodissoluzione del potere e, insieme, della propria individualità. Del resto, come osserva lo scrittore francese, «suicidio e omicidio sono qui due volti di uno stesso ordine, quello di un’intelligenza infelice che preferisce alla sofferenza di una condizione limitata la fosca esaltazione in cui s’annientano terra e cielo».

L'interpretazione fornita dagli attori ci è sembrata particolarmente convincente, soprattutto nelle parti dove Caligola doveva confrontarsi con i personaggi che più sottolineavano la loro diversità di carattere in una sorta di antagonismo ideale con lui, come nel caso di Paolo Ricchi nelle vesti di Cherea e di Eleonora Mancini in quelle di Drusilla.

Pubblicato in: 
GN38 Anno IV 6 agosto 2012
Scheda
Titolo completo: 

Caligola

tratto dalla pièce di Albert Camus

Festival Internazionale delle Ville Tuscolane, presso Villa Torlonia, Frascati

21 luglio 2012

Il Cast Artistico:
Gennaro Duccilli (Caligola), Paolo Ricchi (Cherea), Eleonora Cardei (Cesonia), Giuseppe Maria Usai (Ottavio, intendente), Leonardo Pellegrino (Scipione), Eleonora Mancini (Drusilla), Vittorio Nicoli (Elicone), Giuseppe Di Fonsi (Lepido), Mario Falzoi (Mereia), Teresa Campus, Michela Ronci, Valeria Biagioli, Ludovica Tamborini (ancelle, maschere), Onelio Speranza (gonghista), Giordano Luci, Nicolas Del Ferraro, Cristian Sebastiani (servitori).

Il Cast Tecnico:
Regia: Gennaro Duccilli. Costumi: Ines Delle Vedove. Scene: Officina Arti e Tecniche, Ilenia Nizza. Luci: Antonio Accardo. Audio: Giulio Duccilli. Comunicazione: Antonio Maria Duccilli. Ufficio Stampa: Francesca Sangiorgi. Aiuto regia: Eleonora Cardei. aiuto costumista: Martina Barbieri. Aiuto Tecnico: Giordano Luci.

Anno: 
2012
Voto: 
8.5