Canfora e Zagrelbesky un dialogo in fieri su democrazia e oligarchie

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Luciano Canfora e Gustavo Zagrelbesky

Il dialogo tra Luciano Canfora e Gustavo Zagrelbesky, che si è svolto sabato 18 gennaio 2014 nella Sala Sinopoli del Parco della Musica di Roma, è un capitolo di un libro in fieri che verrà pubblicato dall'editore Laterza.

Singolare come si sia sviluppata l'idea, dalla presentazione di un libro di Canfora Intervista sul potere a Torino, si è poi passati a Bologna a dialogare su democrazia e oligarchia e poi all'incontro di Roma su questo stesso tema, un work in progress per realizzare un libro sull'argomento, in un confronto tra la visione dello storico e quella del giurista; il coordinatore del dialogo è stato Geminello Preterossi. Si è scelto di riportare il più fedelmente possibile il contenuto del dialogo affinché possa essere conosciuto senza interferenze, in un momento in cui l'assordante propaganda silenzia tutte le posizioni che si discostano dal coro.

Zagrelbesky ha iniziato dando la definizione di oligarchia, come sistema di governo che concentra il potere nelle mani di pochi a discapito di molti, mentre la democrazia è un potere diffuso tra tutti. In passato l'oligarchia era accettata  oggi è un fenomeno abusivo che si deve mascherare sotto una forma democratica: l'oligarchia democratica. Non può adottare apertamente la violenza e mantiene le forme della democrazia pur svuotandole di potere, forme che però possono sempre essere rianimate. La materia della politica oligarchica è il potere strettamente connesso al denaro in un circolo vizioso; il governo dell'economia che decide e condiziona la nostra vita in modo inquietante.

Fino ad oggi il denaro è stato considerato uno strumento per realizzare qualcosa mentre nella finanziarizzazione dell'economia il denaro è diventato strumento di sé stesso, cioè si autoriproduce. Il potere si è concentrato in gruppi sempre più ristretti, assediato da un ambiente circostante sempre più impoverito. Una volta, infatti  gli imprenditori usavano il denaro guadagnato nell'impresa per innovarla e migliorarla, mentre ora lo investono nella finanza provocando l'impoverimento generale della maggioranza. Nell'oligarchia vige la legge del privilegio, in democrazia quella dell'uguaglianza; l'oligarchia vive costantemente nell'illegalità o, peggio, legalizzando con la legge l'illegalità, cosa peggiore dell'illegalità di fatto.

A questo punto Canfora ha fatto notare che le oligarchie, a cominciare da Atene  non si sono mai definite come tali, ma hanno usato termini come aristocrazia, cioè governo dei migliori. Anche a Roma i senatori, possessori delle grandi proprietà terriere, detenevano il potere e si definivano Optimates che significa la stessa cosa. Chi non è d'accordo con loro li accusa di oligarchia. La scusa ideologica è di provvedere a tutti perché più competenti, a questo stato di cose reagisce un gruppo organizzato, che non è democratico, in quanto opera una mera sostituzione al vertice. Già Aristotele nella Politica affermava che la democrazia è il governo dei poveri, che spesso sono la maggioranza, ma non in Atene dove gli schiavi erano di più, e l'oligarchia quello dei ricchi.

È la base degli odierni linguaggi politici. Nei paesi occidentali il diritto di cittadinanza è diffuso e si esteso da tempo anche alle donne, ora però viene messo in crisi dall'arrivo dei migranti, che sono diventati i nuovi schiavi. In questa apparente democrazia il potere dell'oligarchia legata al denaro è sotterraneo e spesso è dislocato lontano da luoghi dove si esercita. Precedentemente il potere oligarchico era legato alla competenza, ma ora che è passato alla finanza questo argomento non è più valido. L'inconsapevole sudditanza è un elemento pericoloso e il ruolo della politica dovrebbe essere quello di strappare il velo della menzogna per rendere consapevole il demo.

Passando a parlare della politica in Europa, Zagrelbesky ha detto di essere d'accordo che il ruolo della politica è proprio di dire la verità e squarciare il velo della menzogna in termini comprensibili. Ha sottolineato come il fallimento finanziario dello stato non era stato preso in considerazione dai costituzionalisti, in quanto il problema si è presentato ora ed è una lampante manifestazione di una perdita di sovranità a favore della politica economica, determinata dall'esterno dalle lobby finanziarie. I governi degli stati hanno limitati spazi di manovra, la politica, che dovrebbe essere il luogo delle scelte e dei fini, ora è diventata un esecutore con scarsi margini di manovra.

Il voto popolare è diventato d'intralcio, il governo è diventato tecnico, non ci si aspetta qualcosa di nuovo, le scelte politiche sono assenti. Gli stati nazionali non sono più il luogo del confronto, ma arcigni esecutori attenti al mantenimento dell'ordine pubblico. Apparentemente c'è troppo poco conflitto ma sta covando una grande conflittualità, se non gli si dà rappresentanza si rischia di aumentare l'autoritarismo. Potrebbe verificarsi un divorzio tra capitalismo e democrazia, ma il ritorno agli stati nazionali potrebbe portare conseguenze imprevedibili e disastrose, si può cercare di democratizzare l'Europa.

Canfora è intervenuto dicendo che il vizio di partenza è la rigidità, dopo tredici anni di una moneta unica a cui non corrisponde uno stato, che poi è un caso unico nella storia e causa di debolezza, e dopo ancora più anni passati dai trattati, si potrebbe ridiscuterli. Infatti hanno provocato una sperequazione tra  paesi più prosperi e paesi sofferenti, e stati appartenenti, che però hanno una diversa moneta. Il potere è lontano e non risponde ai cittadini, nel governo europeo non c'è il meccanismo democratico che garantisce i cittadini all'interno dei confini dello stato nazionale. Non si può procedere in questa  gabbia ma ha senso parlare di una via di uscita, l'Italia, uno dei paesi fondatori, potrebbe essere ancora in tempo, dopo averne perso troppo, per fare proposte concrete.

Su questo tema è intervenuto anche Zagrelbesky che ha ricordato che l'errore originario fu di pensare che l'unione economica di per sé avrebbe portato a all'unione politica e sociale. Le tendenze di ritorno a un nazionalismo esasperato stanno avendo come conseguenza l'estromissione dai diritti civili in primo luogo degli immigrati. Le proposte concrete devono far sì che gli stati europei non siano in condizioni di subalternità rispetto alla tecnocrazia. Per far questo è necessaria una legittimazione democratica che parta dal senso comune per riaffermare i principi su cui nacque l'idea di un Europa unita: la necessità di evitare conflitti, per costituire uno spazio culturale e quindi politico con una funzione di profonda innovazione.

Uno spazio in cui siano riaffermati quei diritti che non esistono altrove a cominciare dallo Stato Sociale, costruito in secoli di lotte operaie e sindacali; una tradizione culturale che si sta smantellando in nome del liberismo e dell'individualismo egoista, altrimenti non ha senso parlare di Europa. Si perde tempo a parlare di sciocchezze con il rischio di diventare marginali per mancanza di iniziativa democratica, l'alternativa è aspettarsi il peggio.

Il rapporto tra cittadini e partiti e la rappresentanza è stato il tema successivo. Canfora ha ricordato come nel 1946 fu allargata la partecipazione anche alle donne, che allora fu vista dai giornali più importanti come portatrice di conseguenze disastrose. Inoltre allora ci fu la contrapposizione di grandi ideali; è un inganno dire oggi: “siamo tutti d'accordo sui fondamentali” è un'omologazione al centro, che ha provocato nei cittadini la convinzione che non ci siano reali differenze tra i partiti, così la partecipazione alle elezioni sta diminuendo e oligarchie stanno trionfando.

Questo ha portato il dialogo sulla legge elettorale su cui è intervenuto Zagrelbesky che prima ha ricordato come, per fortuna, il radicale stravolgimento della costituzione legato alla legge elettorale, sia abortito. La prima parte della costituzione, quella che riguarda i diritti ed è rimasta largamente inapplicata e accantonata. La riforma della seconda parte si è ridotta alla ineludibile necessità di cambiare la legge elettorale dopo la sentenza della Corte Costituzionale. È falso che sia necessaria perché la legge c'è: è un proporzionale perfetto con lo sbarramento al 4%, con cui si potrebbe votare in qualsiasi momento. Il proporzionale garantisce la più larga rappresentanza, è quella che penalizza meno le minoranze, gli altri strumenti che vengono invocati in nome della governabilità servono solo a impedirla.

Il conflitto all'interno del governo, in cui anche piccoli partiti possono ricattarlo, procrastina la realizzazione della legge elettorale. La riforma drastica della seconda parte della costituzione si è ridotta a quasi nulla, solo messaggi per tentare di riacquistare la fiducia della gente. L'eliminazione del Senato è visto come una riduzione della casta, inoltre il bicameralismo perfetto è visto un appesantimento e rallentamento dell'attività legislativa. Non è vero perché le due camere consentono di smaltire più efficacemente il traffico delle iniziative parlamentari e quindi è falso che che si dimezzeranno i tempi ma avverrà il contrario.

La crisi della politica va affrontata a livello politico e non buttata sulle istituzioni, in quanto nessuna buona istituzione può  sopravvivere con una pessima classe politica; se non ci sarà un rinnovamento della politica non ci sarà nessun cambiamento. È strano, ma è sperimentabile, è una legge fisiologica delle strutture politiche, che una mediocre istituzione con una buona classe politica funziona meglio di una ottima che, affidata a una pessima classe politica, è un disastro. Se non c'è un confronto di idee c'è la gestione dell'esistente, che è un terreno fertile per le oligarchie. Zagrelbesky ha ricordato anche un'affermazione di Gianfranco Miglio secondo la quale la vita delle democrazie dura circa cinquanta, sessanta anni per poi  entrare in crisi, lo ha anche ricordato che come un acuto giurista, a parte la deriva finale con la Lega.

Sul populismo Canfora ha sostenuto che si tratta di una parola altezzosa creata dalle oligarchie quando vedono che il demo può sollevarsi; la parola viene usata come arma impropria: ”State al vostro posto”. È una parola creata  dall'oligarchia:”Non c'è posto per voi”. Secondo Zagrelbesky il populismo cerca consensi con  argomentazioni pretestuose e antipolitiche. Canfora ha controbattuto che è un argomento sostenuto dai monopolisti della politica che dicono che è populismo difendere l'articolo 18 e le pensioni. Zagrelbesky ha richiamato l'attenzione sull'uso delle parole, in quanto assumono significati opposti a seconda delle parti che le usano. Per le oligarchie libertà significa fare ciò che si vuole, per gli altri invece è liberazione, democrazia, rivendicazione degli esclusi. Oggi chi vince le elezioni pretende di fare ciò che vuole anche di conculcare i diritti umani.

Nel populismo il popolo c'è, ma non come soggetto attivo ma reattivo; le proposte non vengono dal basso, ma è il governo che provoca il consenso, come avviene in alcuni regimi dell'America latina. Canfora ha obiettato che Chavez ha avuto consenso popolare perché ha impedito che continuasse lo sfruttamento delle risorse da parte degli U.S.A., sottraendole allo stato venezuelano. Zagrelbesky ha aggiunto che la democrazia promuove le energie dal basso, col populismo le lobby riescono a pilotare  gli umori popolari per fare i propri interessi. In democrazia il popolo è formato dalla  somma degli individui mentre il populismo è un movimento che si identifica con un capo e non accetta la dialettica democratica; mentre in democrazia c'è la responsabilità del singolo, questa viene annullata nel populismo.

È il rifiuto di sottostare alle regole costituzionali, che pongono regole per garantire tutti, ma le rifiutano per facilitare gli interessi del capo. Qui si è concluso l'incontro, un capitolo del futuro libro in gestazione, di grande interesse per approfondire temi su ogni cittadino dovrebbe meditare per farsi un'opinione personale e non suggerita dalla propaganda che lo circonda.                             

Scheda
Titolo completo: 

Auditorium Parco della Musica - Roma
Sabato 18 gennaio 2014
Sala Sinopoli ore 21
Democrazia e Oligarchie
Luciano Canfora e Gustavo Zagrelbesky

Vedi anche: 

Luciano Canfora, Critica della retorica democratica, Editori Laterza