Cobain The Montage of Heck. Naked

Articolo di: 
Livia Bidoli
Kurt Cobain

Naked. A nudo, Kurt Cobain ed il suo rapporto con la vita, dall'infanzia fino all'ultimo viaggio, siglato dal titolo poi modificato dell'album In Utero (1993), ovvero I hate myself and I want to die. Brett Morgen dà vita, insieme all'uso dell'animazione, ai 27 anni di Kurt o Kurdt come suonava farsi chiamare da una sua fiancée, Tracy, quando viveva ad Olympia.

Tutto sembra procedere normalmente in una città dell'America post-depressione, del tutto libera dalle preoccupazioni economiche anni '50. Tutto questo finché non divorziano i genitori: Kurt Cobain (Kurt Donald Cobain, Aberdeen, 20 febbraio 1967 – Seattle, 5 aprile 1994) aveva 7 anni e comincia la sua diaspora traballante soprattutto dal punto di vista psicologico, tra la madre prima, ed il padre poi, da cui fugge nel momento in cui lui risposa un'altra donna. Ergo, la tesi principale del documentario su Kurt Cobain con la firma di Brett Morgen alla regia, con inserti animati soprattutto su un'adolescenza sbandata ed una prima esperienza sessuale completamente insoddisfacente (ed in qualche modo veramente misera per ambo le parti), ed il placito della moglie Courtney Love che l'ha invitato a girarlo, è sostanzialmente che la vita distruttiva di lui sia tutta o quasi dovuta a quel primo trauma infantile, dal quale non sembra mai essersi ripreso. Un film a tesi dunque, e piuttosto azzardata.

Non si può non riconoscere che tutti i documenti, a cominciare da quel nastro intitolato proprio Montage of Heck, siano peculiari e raccontino molto di Kurt Cobain lanciando una luce interiore indissolubilmente dark and damned, sofferente e dissacrante per la sua vita, per la sua famiglia, quella dove è approdato, perché che i suoi genitori divorziassero non è di certo un delitto, cosa che non si può affermare con la stessa sicurezza invece del fatto che Courtney Love si drogasse durante la gravidanza insieme a Kurt mettendo in pericolo la sua vita e quella della bimba che aveva in grembo, ovvero Frances Bean. Ed il fatto che la coppia Cobain-Love abbia vinto la causa dopo la disintossicazione coatta imposta dai servizi sociali che avevano destituito la coppia dall'affidamento, dal punto di vista morale non li scagiona affatto, entrambi.

Guardando il film permane, durante tutta la durata, un senso foriero di compassione per un ragazzo, - perché lui a 27 anni non sembra proprio essere diventato un adulto-, che non sia mai riuscito ad uscire dall'adolescenza in fondo, e che nessuno sia mai riuscito ad aiutarlo veramente perché lui stesso non è mai arrivato alla consapevolezza di non essere colpevole di quel primo strappo tra i suoi genitori, che non era lui a non essere amato, ma loro a non amarsi più fra di loro. E' fin troppo chiaro che doveva essere lui, Kurt, dopo un periodo fecondo oltreché distruttivo (ma chi è che non ha questi trascorsi nell'adolescenza, è piuttosto usuale trascendere da comportamenti bilanciati), trascorso a disegnare, scrivere, comporre, quello che sarebbe diventato il suo interesse ed il suo talento naturale; doveva essere lui, dicevo, a perdonarsi e liberarsene, e non solo di quell'unico ed enorme trauma cui si imputa tutta la sua rovina.

La vita dissacrante che ha vissuto, i fumetti splatter dai nomi come Monsters from behind disegnati da Kurt, sono il contraltare di un'America felice nel benessere degli anni '80 e '90, ben riassunti dalle cheerleaders con la maglietta con il logo dell'Anarchia sulla spallina sinistra, in pieno spirito punk, cui Cobain era così vicino e che l'aveva nutrito nel profondo.

Quando Cobain scrisse Smells like teen spirit e la Geffen glielo pubblica nell'album Nevermind (1991), solo le parole della madre risuonano sincere come una condanna ed allo stesso tempo una rivelazione: “Quando ho ascoltato la prima cassetta della musica di Kurt ho capito che non sarebbe sopravvissuto al successo, a quello che stava succedendogli”. Ed è così: lui non è sopravvissuto al successo e a quel sé stesso che Vanity Fair impietosamente denunciava insieme alla moglie. Il Nevermind del titolo del suo primo album è quel “nevermind” che lo giustizia sull'altare di una droga che non risparmia nessuno. I papaveri rossi del video di Heart-Shaped Box (a firma Anton Corbijn, lo stesso del film Control su Ian Curtis) tra i quali si adagia sono spire di fuoco che lo divorano perché non si è ribellato a quella parte di sé stesso che lo tirava giù, e da cui nemmeno la gioia della nascita di Frances Bean ha saputo iniettargli dentro lo spirito di rinnovamento necessario per uscirne.

Vedere il film di Morgen di ben 135 minuti è una vera sofferenza a volte ingiustificata: la fine inutile ed infausta di Kurt Cobain non era inevitabile e di certo è difficile imputarla a qualcuno, nonostante questo, il film rimane del tutto impietoso per la figura dell'uomo, del cantante, del poeta che in fondo celavano quei due occhi azzurri densi come il mare, che tutti i suoi testi, per quanto rabbiosi, raccontavano.

Quel mare della placenta di In Utero, il suo ultimo album dove la retrocopertina riporta le illustrazioni dei simboli tratti dal libro The Woman's Dictionary of Symbols and Sacred Objects della scrittrice femminista Barbara G. Walker: una grande madre, un grande vuoto in un vortice di sensazioni spinte al limite, oltre quel che gli era concesso di sentire, in quel limbo che tanto spietatamente, soprattutto verso sé stesso, narra nella sua ultima, sconsolata richiesta d'amore. Un amore che fosse accoglienza “underneath the bridge” (sotto il ponte), in quel luogo isolato e nascosto al mondo, quel “qualcosa nella via” (Something in the way) che ti dice che “tutti gli animali che ho intrappolato sono diventati i miei animali domestici" (io tradurrei con "amici"; and the animals I've trapped have all become my pets), e che forse non è affatto vero che i pesci non provano nulla (but it's okay to eat fish 'cause they don't have any feelings).

Pubblicato in: 
GN23 Anno VII 30 aprile 2015
Scheda
Titolo completo: 

Kurt Cobain: Montage of Heck
Titolo originale     Cobain: Montage of Heck
Paese di produzione     Stati Uniti
Anno     2015
Durata     132 min
Colore     colore
Audio     sonoro
Genere     documentario
Regia     Brett Morgen

Produttore     Universal Studios
HBO Documentary Films
Brett Morgen
Danielle Renfrew Behrens
Frances Bean Cobain
Montaggio    
Joe Beshenkovsky
Brett Morgen

Musiche    
Kurt Cobain
Nirvana
Jeff Danna

Al cinema dal 28 aprile 2015

Vedi anche: 

Video di Anton Corbijn