Colosseo. La Biblioteca infinita da Pompei a Borges

Articolo di: 
Nica Fiori
Fanciulla che legge

Cosa saremmo noi senza le scoperte e le opere di chi ci ha preceduto? Gli antichi lo sapevano bene e a partire dall’età ellenistica affidarono alle biblioteche il compito di trascrivere e conservare la conoscenza umana. “La biblioteca infinita”, la mostra ospitata al Colosseo dal 14 marzo al 5 ottobre 2014, sembra alludere, riprendendo un’espressione di Borges, a questa immensa conoscenza che già Plinio il Vecchio nella sua Historia naturalis aveva catalogato in modo enciclopedico. Un sapere universale che nelle biblioteche veniva accomunato alla poesia e all’arte.

I luoghi del sapere nel mondo antico erano, in effetti, spesso associati a musei, cosa tutt’altro che strana se consideriamo che le muse erano le ispiratrici degli intellettuali. Gli uomini di cultura, soprattutto poeti, scrittori, filosofi, così come li vediamo nelle opere che ci sono pervenute, si differenziano dagli uomini politici e dagli strateghi proprio per il loro atteggiamento “ispirato”.

Curata da Rossella Rea e da Roberto Meneghini, la prima della Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e il secondo della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, la rassegna espone 120 pezzi tra statue, affreschi, rilievi, plastici, strumenti e supporti di scrittura. Particolarmente suggestivi sono gli affreschi da Pompei, raffiguranti fanciulle che scrivono e quelli provenienti dal teatro di Nemi, localizzato presso il santuario di Diana, dove sono dipinti strumenti di scrittura e rotoli di papiri, che presumibilmente dovevano essere i copioni dell’epoca. Tra le opere d’arte esposte, non passano certo inosservate la grande statua di Virtus, proveniente dalla biblioteca di Celso a Efeso, e quella di Ganimede dei Musei Vaticani.

Numerosi sono i ritratti di filosofi, tra cui Democrito, Eraclito, Epicuro, Archita, ritrovati nella Villa dei Papiri di Ercolano, e la testa di Plotino, proveniente dalle Terme del Filosofo a Ostia antica. Anche Saffo è raffigurata a ricordarci l’immortalità della poesia. L’allestimento scenografico comprende la ricostruzione di armaria, le antiche scaffalature dove erano custoditi i papiri arrotolati (che misuravano fino a 10 m) e prevede la lettura di alcuni brani latini, così come si faceva negli auditoria.

La mostra ha, in effetti, un intento didattico, perché ci fa capire come si scriveva e come si leggeva, com’era fatto un libro e dove si trovavano le antiche biblioteche, a partire da quella celeberrima di Alessandria d’Egitto, voluta da Tolomeo II Filadelfo (III secolo a.C.). Scopriamo che, mentre nel mondo ellenistico le biblioteche erano riservate agli studiosi, a Roma erano luoghi pubblici, tutt’altro che silenziosi, collocati com’erano nei fori e nelle terme. Erano spazi praticamente aperti a tutti, anche perché il livello di alfabetizzazione era molto elevato. Questo non significa, però, che non esistessero biblioteche private.

La lettura si faceva stando in piedi, perché si leggeva su rotoli di papiro che venivano via via srotolati. La scrittura era corsiva e non prevedeva la punteggiatura, pertanto bisognava avere una certa abilità quando si leggeva a voce alta. Solo con l’uso del codex (codice di fogli ricavati da pelle di ovino o di vitello) ci si avvicinò nella forma ai libri più moderni, consentendo una lettura da seduti e con una mano libera per scrivere annotazioni.

La mostra è particolarmente interessante perché fa conoscere i risultati di due importanti scavi archeologici effettuati a Roma, in particolare la scoperta degli auditoria di Adriano a piazza della Madonna di Loreto, avvenuta nel 2008 in occasione degli scavi preventivi alla costruzione della linea C della Metropolitana, e i ritrovamenti nell’area del Templum Pacis, lungo via dei Fori Imperiali, dove sono ancora in corso indagini archeologiche. Dei reperti qui rinvenuti, sono esposti in mostra per la prima volta un busto in avorio di Settimio Severo, una testina, pure in avorio, di Giuliano l’Apostata e un busto bronzeo di Crisippo, filosofo stoico.

Gli auditoria erano composti da un insieme di sale destinate all’ascolto di pubbliche letture, e il ritrovamento a Roma è tanto più importate perché a tutt’oggi è l’unico esempio di questa tipologia nella capitale e, in generale, nelle province romane. Quanto al Templum Pacis, detto anche Foro della Pace, venne costruito da Vespasiano come spazio policulturale porticato con un giardino centrale attraversato da canali e lunghe aiuole di rose.

Una raccolta di opere d’arte provenienti dalla Grecia e dall’Asia Minore e una biblioteca, divisa nelle consuete sezioni greca e romana, oltre agli auditori per conferenze e pubbliche letture, completava il complesso che, ancora nel IV secolo, era considerato come una delle meraviglie di Roma. Tra l’altro questo Foro ci ha restituito diversi frammenti della Forma urbis, in parte esposti in mostra, che permettono di ricostruire la topografia di Roma antica al tempo di Settimio Severo.

Pubblicato in: 
GN19 Anno VI 20 marzo 2014
Scheda
Titolo completo: 

LA BIBLIOTECA INFINITA.
I luoghi del sapere nel mondo antico
Colosseo
www.archeoroma.beniculturali.it
Catalogo Electa
14 marzo – 5 ottobre 2014
Orari: 8.30–16.30
dal 16 all’ultimo sabato di marzo
Uscita dal monumento 17.30
8.30–18.15
dall’ultima domenica di marzo al 31 agosto
Uscita dal monumento 19.15
8.30–18.00
dal 1° al 30 settembre
Uscita dal monumento 19.00
8.30–17.30
dal 1° al 5 ottobre
Uscita dal monumento 18.30
Chiuso il 1° maggio