Intervista ad Angelo Bozzolini. Integrarsi con una cena

Articolo di: 
Camilla Furia Corsi
Angelo Bozzolino

Presentata in anteprima alla Casa del Cinema di Roma la prima puntata di Invito a cena –  Storie di (stra)ordinaria integrazionescritto e diretto da Angelo Bozzolini. Un docu-reality in otto puntate, in programma dal 6 novembre su Babel, canale 141 di Sky, interamente dedicato a sviluppare tematiche legate all’integrazione e all’immigrazione di cittadini stranieri nel Belpaese.

Quello di Bozzolini è un racconto obiettivo ma appassionato, che mette in luce le doti del giovane regista che offre la fotografia di un mondo, che attraverso la narrazione dei personaggi intervistati, racconta di sé. Operazione documentaria che richiama alla mente il valore del rilevamento sul campo, introdotto dai padri dell’Antropologia italiana come Ernesto De Martino, Diego Carpitella e certe analisi sociologiche di gramsciana memoria. L’intento è dare voce a persone appartenenti a culture subalterne per mettere in luce le lacune e i deficit di un sistema paese la cui egemonia non riesce a fornire un modello d’integrazione valido. Bozzolini mette in luce un Italia fanalino di coda, rispetto alle politiche migratorie, tra i patner europei. Alla presentazione ho posto alcune domande al regista.

Angelo, puoi raccontare qualcosa del tuo nuovo programma prodotto per Babel?

Ogni puntata è dedicata ad una diversa regione italiana e descrive la situazione che si viene a creare dall’incontro di due persone che vivono sullo stesso territorio e non hanno avuto ancora l’opportunità di conoscersi veramente. I protagonisti, che si conoscono per la prima volta per condividere un pasto, appartengono alle diverse comunità, italiana e straniera. La cena, offerta all’italiano dalla persona di origini straniere, consisterà in piatti tipici del paese di provenienza e sarà un ottima occasione per scoprire e assaporare tradizioni culinarie altre dalla propria, per confrontarsi con culture e mentalità altre e venire a contatto con altre affascinanti realtà. 

Quali  sono stati i tuoi maestri, i tuoi riferimenti intellettuali per riuscire a produrre lavori così efficaci?

Io ho subito molto il fascino di quello che è stato definito il “cinema del reale”. Mi sono sempre molto documentato sul metodo di Vittorio De Seta, specialmente dal punto di vista tecnico. Allora i documentari erano piccole perle preziose, della durata di una manciata di minuti, che venivano spesso finanziati dal Ministero e proiettati su grande schermo prima dei film. Produzioni organiche oggi molto difficili da realizzare. “Invito a cena” è il prodotto di una metodologia più piratesca. Delle vere e proprie incursioni nella vita delle persone.

Fra gli italiani, fra persone comuni, alcuni hanno molto apprezzato il fatto di potersi raccontare attraverso l’invito della telecamera. I narratori erano molto disponibili a guidarci e portarci in giro per farci conoscere ciò che, a loro parere, erano gli aspetti più critici del loro rapporto con gli immigrati. Il risultato è stato di prodotti più vicini al genere della commedia. Da una parte l’italiano buffo, che si relaziona attraverso idee molto grezze, frutto dell’ignoranza e della scarsa informazione sulle altre culture, agito solo dalla priorità di gettare fango e mettere alla berlina il cittadino straniero. Dall’altra i cinque milioni e passa di stranieri che portano oggi un indotto molto importante per l’Italia e che reggono sulle loro spalle molti settori del nostro artigianato e della nostra industria. 

Più che a delle commedie ci aspetteremmo di assistere a veri e propri drammi se non a tragedie, come hai fatto?

E’ difficile per noi giornalisti rendere il livello di drammaticità di realtà come Pomigliano d’Arco, Rosarno, Torino... A Crotone, a cui abbiamo dedicato una puntata, c’è una realtà che nessuno racconta ed è una polveriera pronta a saltare per aria. Lì c’è un problema legato al Campo profughi di Sant’Anna. Il campo può accogliere fino a 1800 unità e ce ne hanno sbattuti dentro più di 2000. Il nostro non è un paese d’approdo ma di passaggio. Qui siamo noi italiani a fare la fame, figuriamoci gli immigrati. A Sant’Anna i sei mesi fisiologici per ottenere i documenti per ripartire, diventano anni grazie alla mancanza di una politica per lo snellimento delle pratiche burocratiche.

Bisogna piuttosto domandarci perché quel Campo profughi serve finchè possono essere sfruttate le risorse per un eventuale indotto, accanto alla totale latitanza delle Istituzioni. Gli amministratori della cosa pubblica, i sindaci e la Chiesa hanno il dovere di rispondere al grido di dolore di quei cittadini esausti che non possono più stendere i loro abiti fuori per l’alto tasso di furti nella zona. L’errore più grande poi è reagire giudicando, accanendosi sulla totalità degli immigrati, facendo ti tutta l’erba un fascio. Attenzione, è stato provato che su 2000 persone ce ne è solo un numero ristretto che delinque. La media è assimilabile a quella dei ladri italiani.

Quindi rispetto al tema integrazione, in Italia sembra regnare il caos?

La totale confusione. L’imprenditore agricolo di Rosarno tutte le volte deve andare a cacciare soldi a Reggio Calabria, spendendo di benzina, perdendo la giornata di lavoro, spendendo per marche da 50 euro per impiegare quella gente che ti viene a fare il lavoro nei campi. Facilmente si sentirà giustificato nell’ agire fuori dalla legalità. A monte di tutto questo c’è disonestà, indifferenza e pigrizia, spontanea o indotta che sia. Per la puntata dedicata alla Campania siamo andati a girare nella provincia di Salerno, una fra le province più popolose d’Italia, con i suoi 1.250.000 abitanti circa.

A Paestum ho incontrato l’Assessore provinciale per l’Agricoltura del Pdl. Una persona che trae un certo interesse a gestire la massa dei migranti, perché è consapevole che l’assenza degli stranieri porterebbe al crollo del mercato della raccolta degli agrumi o dei carciofi. Ma di discorsi con noi non ne vuole fare, d’immigrazione meglio non parlare. Ci lascia addosso solo la sensazione di scollamento che fra questi feudi esiste. Questi borghi vicini ma lontanissimi in cui nessuno bada all’altro e dove tutti sono molto attenti a che non scoppi la bomba nella propria piccola realtà.

Cosa consiglieresti ai giovani che si cimentano nella tua professione, che cercano dei buoni maestri e cosa ne pensi di quei giovani che sabato hanno messo a ferro e fuoco Roma?

Oggi mancano del tutto i riferimenti intellettuali, non c’è più un Flaiano, un Pasolini, un Calvino o un Vittorini. La televisione potrebbe assolvere un compito educativo ma non fa che proporre programmi politici pieni di orridi istrioni, che non sanno parlare e non sono interessati alla gente comune, tantomeno al disagio giovanile. Sintetizzare gli scontri con le auto incendiate, le vetrine delle banche sfasciate e la mera conta dei danni penso sia un atteggiamento molto superficiale che mostra di continuare a ignorare i veri problemi.

Questo disagio è sottovalutato e non è evidentemente guardato con l’attenzione che merita. La rabbia che io ho sentito sabato, riprendendo questi giovanissimi per la strada, viene solo repressa in maniera superficiale e scellerata ed è frutto di questa generale involuzione sociale. I politici nel dibattito televisivo sono considerati come delle star, come dei calciatori, però un conto è se nella mitopoietica l’eroe è Francesco Totti, un conto è se è Ignazio La Russa che quando si relaziona con i giovani è buono solo a strillare e inveire contro gli studenti. Nella cultura greca i politici erano dei filosofi, degli esempi da seguire per il popolo. 

La colpa di questo vuoto è da attribuire più ai referenti di destra o a quelli di sinistra?

Questo vuoto è stato creato dai referenti di destra come da quelli di sinistra. Il centro poi latita e non riesce a prendere una posizione chiara. Non si espone, come nel caso Ruby, accettando il blitz di Berlusconi che va a stringere la mano al Papa all’aereoporto, lasciandogli passare il suo messaggio di devozione e la sua immagine di buon cattolico. Tutta questa anarchia non è giustificata ma è anche una deriva scontata. I ragazzi non prendono più le telecamere per denunciare gli abusi ma per spaccarle, non vogliono più neanche l’aiuto dei giornalisti, molti dei quali sabato sono stati malmenati sia dai manifestanti che dalla polizia

Quanto la tua passione per la musica aiuta e stimola il tuo lavoro?

La musica è la mia prima passione e traspare anche da queste puntate per Babel. La musica classica secondo me è la forma d’espressione artistica più alta e, come afferma Quirino Principe, celebre critico musicale, la distinzione non si deve fare fra classica e leggera ma fra esecuzione forte e debole. Se è di buona qualità utilizzo tutto da Schubert a Vasco Rossi passando per i Joy Division. La musica per me è sempre funzionale a restituire un mio stato d’animo o quello che il ritmo di certe sequenze conferisce alla mia anima dopo il montaggio. 

Pubblicato in: 
GN4 28 novembre 2011
Scheda
Titolo completo: 

Babel su Sky

Invito a cena di Angelo Bozzolini
dal 6 novembre ogni domenica ore 21