L'ultimo lupo. Il paziente coraggio del lupo

Articolo di: 
Livia Bidoli
L'ultimo lupo

Ricordo di aver visto L'Orso (The Bear, 1988), ed ancora oggi quel film sulla vita di un orso Grizzly – i più aggressivi - dove Jean-Jacques Annaud era assistente alla regia, rende vive quelle immagini di una natura allo stato libero in cui l'uomo si insinua, all'inizio con rispetto, come gli abitanti delle steppe coi lupi della Mongolia più interna e lontana da quella civiltà cinese che con la cosiddetta rivoluzione culturale del 1966 aveva distrutto gran parte della sapienza antica. L'ultimo lupo racconta di come queste radici possano sopravvivere nonostante l'aggressione dell'uomo, non del lupo, e che bisogna preservarle per la stessa esistenza dell'uomo.

Le immagini di Annaud sono da sempre famose: lui dirige in modo spettacolare e fa vivere i paesaggi come se entrassimo dentro di essi, e non è di certo il 3D a renderli così, i 7 anni in Tibet ce lo insegnano. Nondimeno gli interni di Il nome della rosa: per lui lo sguardo va addensandosi in ogni pertugio, che sia quello sconfinato della steppa oppure quello della turrita libreria labirintica dei frati amanuensi.

L'ultimo lupo, aldilà di un interesse ambientalista supportato dallo stesso WWF, prima di tutto è una storia vera di come non venivano minimamente calcolati i costi ambientali di una possibile se non probabile, estinzione di una razza predatoria come quella del lupo, animale da branco che non sopravvive se non in rari casi da solo, essendo per sua natura un animale familiare (anni luce dai "branchi umani"). Questa coproduzione franco-cinese però riserva un posto di privilegio ad una nazione come la Cina che, generalmente, – ricordiamo il caso eclatante del regista Zhang Yimou – ottiene dei titoli soprattutto per la censura, cui questo film per fortuna, è scampato.

Nato dal best seller Il totem del lupo di Jiang Rong edito nel 2004, un'autobiografia che tracciava proprio quella società della Mongolia più interna dove il rapporto coi lupi e con gli altri animali era di mutuo rispetto, nel film di Annaud si arricchisce di un tocco mitico soprattutto evidenziato dal capo del villaggio Biling, interpretato da Basen Zhabu, che racconta: “Gengis Khan ha imparato dai lupi. I lupi sono dei guerrieri ma sanno aspettare e organizzarsi, per questo che riescono nelle loro imprese e, come dei veri guerrieri, sprezzano la morte”.

La grande ricchezza di questo film è in fondo la verità del rapporto uomo-lupo: nulla è stato inventato, le scene con i lupi sono autentiche e non sono stati adoperati lupi finti od altri sembianti al posto loro, questo con notevole pericolo per l'intera troupe.” Ecco cosa dice e cosa voleva Annaud, che è stato “riconosciuto” come amico dal capobranco, che lo andava a svegliare tutte le mattine.
L'encomiabile musica di un astro delle colonne sonore come James Horner suggella i sottotesti invisibili di quella comunicazione uomo-animale tutta svoltasi nel silenzio interrotto dai guaiti e dagli ululati dei lupi.

Pubblicato in: 
GN19 Anno VII Numero doppio 26 marzo - 2 aprile 2015
Scheda
Titolo completo: 

L'ultimo lupo
GENERE: Avventura
ANNO: 2015
REGIA: Jean-Jacques Annaud
SCENEGGIATURA: Jean-Jacques Annaud, John Collee
ATTORI: Feng Shaofeng, Shawn Dou, Ankhanyam Racchaam, Yin Zhusheng
FOTOGRAFIA: Jean-Marie Dreujou
MUSICHE: James Horner
PRODUZIONE: Edko Films, Loull Productions, Loull Productions
DISTRIBUZIONE: Notorious Pictures
PAESE: Cina, Francia
FORMATO: 3D

Uscita al cinema 26 marzo 2015