Parma. Infuocata inaugurazione con La forza del destino

Articolo di: 
Daniela Puggioni
La forza del destino

Infuocata, per il successo riscosso, lo scorso 22 settembre al Teatro Regio di Parma, da La forza del destino di Giuseppe Verdi, spettacolo inaugurale del Festival Verdi 2022, che ha visto trionfare su tutti la magnifica interpretazione del tenore Gregory Kunde nel ruolo di Alvaro, e per le contestazioni rivolte al maestro Roberto Abbado, prima ancora che iniziasse a dirigere e protrattesi sino alla fine con lancio di volantini in sala. Roberto Abbado è stato, infatti, ritenuto da una, minoritaria ma agguerrita, parte degli spettatori arroccati in Galleria il principale responsabile della scelta di impiegare l’Orchestra e il Coro del Teatro Comunale di Bologna, invece della Filarmonica Arturo Toscanini e del Coro Teatro Regio di Parma. Lo spettacolo è stato dedicato a Renata Tebaldi, memorabile e splendida Leonora, nel centenario della nascita.

Quest’opera non è mai stata tra le opere più rappresentate, non per il suo valore artistico ma per due motivi: uno oggettivo, l’ardua scrittura vocale, la necessità di un’orchestra all’altezza e la difficoltà nella messa in scena. Per questo motivo Verdi proibì inizialmente la rappresentazione a Napoli, che avvenne solo nel 1876, l’altro motivo, ridicolo, per la presunta “jella” che porterebbe a chi lo rappresenta. Ogni volta, che qualche istituzione musicale decide di portarla in scena, quindi è un avvenimento di grande rilievo per i problemi che vanno affrontati e nello stesso tempo una decisione meritoria, in particolare in un Festival dedicato a Verdi.

Verdi dopo Un Ballo in maschera aveva affermato di volere lasciare la composizione di opere, ma in realtà si trattò soltanto della volontà non volere più comporre al ritmo frenetico precedente agli anni ‘50, così la prestigiosa e l’allettante proposta del Teatro Imperiale russo lo convinse a cambiare idea. La sua scelta si orientò su un dramma, che già l’aveva attratto precedentemente, Don Álvaro o La fuerza del sino di Àngel Perez de Saavedra, duca di Rivas, una piéce cupa e permeata di quel romanticismo eroico e infuocato, molto simile all’Hernani di Victor Hugo, un autore molto apprezzato dal musicista, come dimostrano Ernani e Rigoletto. Per la scrittura del libretto de La forza del destino si avvalse di Francesco Maria Piave, a cui indicò per la scena che si svolge nel campo militare di Velletri il Wallensteins Lager (Il campo di Wallenstein 1796) di Friedrich Schiller (1759 - 1805), un altro autore molto amato da Verdi che già aveva messo in musica Giovanna D’arco, I masnadieri e Luisa Miller e a cui successivamente tornò per il Don Carlos.

La forza del destino fu definita da Gabriele Baldini nel suo “Abitare la battaglia” l’opera russa di Verdi, non solo perché fu scritta per il Teatro Imperiale dell’allora Pietroburgo ma anche per le scene di colore dell’osteria e del campo militare in cui sono inseriti i personaggi di Rivas: Preziosilla, Fra’ Melitone e MastroTrabuco. Una caratteristica che potrebbe sembrare insolita per Verdi, usualmente assertore della concisione dell’azione, ma queste scene di sospensione dell’azione hanno lo scopo di allentare la tensione di una vicenda particolarmente cupa, un espediente appreso da uno dei suoi autori preferiti, Shakespeare, basta vedere la sua biblioteca a Sant’Agata. C’è anche un altro fattore molto importante da considerare ed è l’esperienza maturata con l’opera francese in particolare il grand opéra, che richiedeva scene descrittive di massa e di colore. Queste scene e personaggi de La forza del destino furono poi di ispirazione per il Boris di Musorgskij, per l’ostessa, Varlaam, la nanja e l’Innocente.

L’opera andò in scena con successo il 10 novembre 1862, ma presto Verdi non fu soddisfatto dal finale fedele a Rivas, che termina con l’uccisione in duello di Don Carlo per mano di Alvaro, con Leonora uccisa dal fratello agonizzante e infine con il suicidio di Alvaro, che, reso folle dalla morte di Leonora maledice e invoca l’inferno. Verdi pensò a lungo a una soluzione, poi dopo il Don Carlos a Parigi, a sette anni di distanza nel 1869 per la rappresentazione alla Scala, con l’aiuto di Antonio Ghislanzoni, a causa della malattia di Piave, apportò vari cambiamenti che accoglievano anche i risultati della creazione del Don Carlos: la celeberrima sinfonia al posto del precedente preludio, nell’orchestrazione raffinatasi ulteriormente, nell’ordine delle scene, i brani aggiunti, quelli soppressi e il finale mutato drasticamente, quasi manzoniano, nella versione di Milano. Alvaro dopo l’iniziale disperazione cede alla preghiera di Leonora morente, che gli promette il perdono e la redenzione e accetta l’espiazione in convento.

La versione portata in questa occasione in scena è quella scaligera del 1869, nel 1996 ascoltammo la prima versione in forma di concerto all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia con i complessi ceciliani diretti da Valery Gergiev, è una versione affascinante e meriterebbe di essere rappresentata, soprattutto nell’ambito del Festival Verdiano.
Yannis Kokkos, che ha curato regia, scene e costumi, si è chiaramente ispirato, dichiarandolo nella sua presentazione della regia, all’Espressionismo, ha creato un ambiente cupo e straniante, con colori vividi, anche acidi, immergendo potentemente lo spettatore nell’ambientazione dell’opera. La scenografia sghemba e le rovine sembrano lo specchio del conflitto delle passioni che agitano i protagonisti, i pregiudizi che nutrono e l’odio che ne deriva, l’assurdità della guerra e la casualità del destino che si accanisce inesorabile. Ha evidenziato, inoltre, la contrapposizione tra la follia e la violenza della guerra e l’aspirazione alla pace, nella trascendenza della religione, di cui è simbolo il convento dove si rifugiano Leonora e Alvaro, trovando proprio nella fede la soluzione finale alle loro tribolazioni.

Nel terzo atto, che si svolge al campo militare, sullo sfondo sono proiettate cupe rovine e un cielo con lampi di fuoco o livido e minaccioso. Inoltre Kokkos e Marta Bevilacqua hanno proposto non la danza, ma un’azione mimica, i mimi indossano maschere ispirate alla pittura espressionistica con teschi, visi deformati e uccelli di rapina, mentre sullo sfondo vengono proiettati visi grotteschi e sogghignanti che dominano la scena e si deformano, forse un’allusione a coloro che dalla guerra traggono cospicui profitti? I movimenti dei personaggi sono sobri e misurati in contrapposizione a quelli parossistici e grotteschi di Preziosilla, dei mimi e delle comparse nella scena al campo, una antitesi visiva tra l’umanità e la disumanità generata dalla guerra.

Gea Garatti Ansini ha ben preparato il Coro del Teatro Comunale di Bologna che ha fornito una valida prova e così l’Orchestra, la direzione di Roberto Abbado attenta e scrupolosa, è però parsa più attenta alla corretta lettura della partitura che alla sua interpretazione teatrale. È inoltre mancata la cantabilità, il respiro della frase musicale, così in uno dei grandi momenti lirici, “La Vergine degli angeli”, è mancato il canto dell’orchestra che deve unirsi e sostenere quello del coro, del soprano e del basso. 

Un grande Gregory Kunde ha dato voce e anima ad Alvaro, una parte ardua e faticosa, affrontata gagliardamente e senza sforzo apparente, nonostante i sessantotto anni, che certo non dimostra. Kunde ha sfoggiato una limpida emissione, acuti squillanti e luminosi, uno splendido legato e altrettanto lo è stato il fraseggio, la sua padronanza della lingua gli ha consentito di sottolineare tutte le sfumature del complesso personaggio. Acclamato a scena aperta è stato accolto al termine dello spettacolo con una fragorosa ovazione.

Amartuvshin Enkhbatyn, che è stato lungamente applaudito, è stato un ottimo Don Carlo, certo il personaggio è po’ monolitico rispetto alle sfumature psicologiche del Miller che abbiamo molto apprezzato all’Opera di Roma, ma la sua calda e vigorosa voce baritonale ha ben interpretato l’arroganza e la protervia del personaggio, ha una ottima dizione e un buon controllo vocale nei veementi scontri con il suo antagonista. È però parso giungere un po’ affaticato alla fine, forse il contemporaneo Trovatore a Firenze non ha aiutato. Liudmyla Monastyrska è stata Leonora, la voce è bella e potente, sembra che la potenza vocale sia ciò che ama esibire di più ma per questo ha accentuato sgradevolmente il vibrato. Pare, inoltre, che non conosca bene la lingua italiana, in quanto non si sono capite troppo spesso le parole e non è  riuscita a dare spessore al significato del testo rendendo scialba l’interpretazione del ruolo, riscuotendo così un tiepido consenso e qualche contestazione.

Marko Mimica è giovane basso dalla voce bronzea che s’impone. è stato un efficace Padre Guardiano, una parte ieratica in cui si è ben calato, Roberto De Candia con la sua calda voce baritonale ha dato vita a Fra’ Melitone interpretandolo con intelligenza e ironia. Annalisa Stroppa, ha una voce limpida e luminosa ed è stata una vivace e acuta interprete di Preziosilla, bene sia vocalmente che scenicamente il Mastro Trabuco di Andrea Giovannini e la Curra di Natalia Gavrilan. Festosi applausi alla conclusione a tutti coloro che hanno partecipato alla messa in scena dello spettacolo.

Pubblicato in: 
GN45 Anno XIV 1° ottobre 2022
Scheda
Titolo completo: 

Festival Verdi 2022 - Parma

La forza del destino
Melodramma in quattro atti su libretto di Francesco Maria Piave
Dal dramma Don Álvaro o La fuerza del sino di Ángel Perez de Saavedra
Musica Giuseppe Verdi
Edizione critica a cura di Philipp Gossett e William Holmes,
The University of Chicago Press, Chicago e Universal Music Publishing Ricordi srl, Milano

Teatro Regio di Parma

Giovedì 22 settembre 2022, ore 19.00

Dedicato a Renata Tebaldi, nel centenario della nascita

Donna Leonora     LIUDMYLA MONASTYRSKA
Don Alvaro     GREGORY KUNDE
Don Carlo di Vargas     AMARTUVSHIN ENKHBATYN
Padre guardiano     MARKO MIMICA
Fra’ Melitone     ROBERTO DE CANDIA
Preziosilla     ANNALISA STROPPA
Mastro Trabuco     ANDREA GIOVANNINI
Il Marchese di Calatrava     MARCO SPOTTI
Curra     NATALIA GAVRILAN
Un alcade     JACOBO OCHOA
Un chirurgo     ANDREA PELLEGRINI

Maestro concertatore e direttore ROBERTO ABBADO
Regia, scene e costumi YANNIS KOKKOS
Drammaturgia ANNE BLANCARD
Luci GIUSEPPE DI IORIO
Movimenti coreografici MARTA BEVILACQUA
Projection Designer SERGIO METALLI

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
Maestro del coro GEA GARATTI ANSINI

Nuovo allestimento del Teatro Regio di Parma

In coproduzione con Teatro Comunale di Bologna, il Teatro Massimo di Palermo, Opéra Orchestre National Montpellier Occitaine

Spettacolo con sopratitoli in italiano e inglese

Costumi Sartoria del Teatro Regio di Parma, Jordy SRL, Sartoria Pietro Longhi
Attrezzeria Teatro Regio di Parma, Rancati
Calzature C.T.C.;
Parrucche Audello Teatro;
Trucco e parrucco a cura di Costume Art Lab
Assistente alla regia Stephan Grögler;
Assistente alle scene Cleo Laigret;
Assistente ai costumi Paola Mariani