La pelle che abito di Almodóvar. Transgenesi umana

Articolo di: 
Livia Bidoli
La pelle che abito

Lascia interdetti l'ultimo film di Almodóvar, come se in fondo non sapessimo nulla di lui, nonostante la tematica centrale, in modi del tutto diversi, l'abbia già affrontata in altri suoi film come Tacchi a spillo (1991) solo per citarne uno. La pelle che abito (La piel che habito) però non è un film che lascia requie, anzi, spiegando, infittisce il mistero che avvolge lo strano ménage tra Robert e Vera. Nei ruoli principali un Antonio Banderas volutamente glaciale ed una Elena Anaya del tutto convincente nella parte della vittima senziente.

E leggere lo speciale su Repubblica con l'intervista al regista,  come la cartella stampa divisa per capitoli, non chiarisce a noi stessi la profonda interdizione o veto alla base della nostra perplessità più assoluta. Come se ci fosse qualcosa di talmente inabissato dentro di noi la cui emersione può solo esprimersi in maniera illogica.

Riassumiamo la trama: Robert Ledgard (Antonio Banderas), chirurgo plastico di eccezionale qualità, opera a 4 km. da Toledo nella sua clinica privata (e casa) chiamata El Cigarral, pazienti altrettanto fuori dall'ordinario. In particolare la sua ricerca, dopo che la moglie è morta carbonizzata in un incidente stradale, si è volta alla ricostruzione della pelle umana, operando ai confini della transgenetica, ovvero adoperando la pelle degli animali, in questo caso il suino, - usato effettivamente in ricerca per ricostruzioni di pelle umana in quanto è la più vicina al derma uma no e particolarmente resistente. Nel film quest'uso è vietato dalla bioetica ma Ledgard, pur non confessandolo apertamente in una conferenza, ne farà uso per le sue operazioni.

La sceneggiatura, rielaborata da Almodóvar e dal fratello Agustìn, è ripresa dal libro Tarantola (pubblicato in Italia da Einaudi Stile Libero) di Thierry Jonquet da cui però si discosta in larga parte se non per un'ispirazione alla vicenda centrale. Il punto focale del film è invece sulla transgenesi, non solo animale, bensì umana, e nella maniera più sofferta ed implicante maggiori tormenti per l'essere umano, qualcosa che va aldlà di qualsiasi comprensione e che si percepisce essere soprattutto diverso da ciò che vediamo. Un mondo di apparenze che inganna lo stesso spettatore fin dall'inizio.

In questo la musica straordinariamente calibrata di Alberto Iglesias, al fianco di Almodóvar dai tempi di Il fiore del mio segreto (1995), dà una prova eccezionale: raffinato uso del pianoforte, coi tasti premuti concordemente alla commozione, che tanto empaticamente invoca gli spettri di Glass e staffilettato nei disegni degli archi, come insegnavano i quartetti russi di Šostakovič o la sofferta tristezza di La Valse di Ravel.

Un altro riferimento per il regista è stata indubitabilmente Alice Munro colle sue otto novelle raccolte in In fuga (edizione italiana Einaudi; Escapada in spagnolo nel film: il libro è ripreso in evidenza) di cui ha comprato i diritti Jane Campion per un suo prossimo film.

Pubblicato in: 
GN68 Anno III 26 settembre 2011
Scheda
Titolo completo: 

La pelle che abito. La piel che habito
REGIA: Pedro Almodovar
SCENEGGIATURA: Pedro Almodovar
ATTORI: Antonio Banderas, Elena Anaya, Marisa Paredes, Eduard Fernández, Fernando Cayo, Bárbara Lennie, Blanca Suárez

Uscita al cinema 23 settembre 2011

FOTOGRAFIA: José Luis Alcaine
MONTAGGIO: José Salcedo
MUSICHE: Alberto Iglesias
PRODUZIONE: El Deseo S.A.
DISTRIBUZIONE: Warner Bros. Pictures Italia
PAESE: Spagna 2011
GENERE: Drammatico, Thriller
DURATA: 120 Min
FORMATO: Colore
VISTO CENSURA: VM14

SOGGETTO: Liberamente tratto dal romanzo francese "Mygale" (Tarantola in edizione italiana Einaudi), di Thierry Jonquet.