La promessa dell'alba. Uno scrittore tra Edipo e Giocasta

Articolo di: 
Teo Orlando
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Il grande cinema francese ritorna con il regista Éric Barbier (Le brasier, lungometraggio sulle lotte dei minatori negli anni '30 del secolo scorso), un'attrice d'eccezione come Charlotte Gainsbourg (ricordiamo alcune sue splendide interpretazioni con Lars von Trier, in Melancholia e Nymphomaniac) e un attore giovane ma già affermato come Pierre Niney: dal romanzo autobiografico di culto scritto da Romain Gary, La promessa dell'alba (La promesse de l'aube), il regista e i due produttori,  Eric Jehelmann e Philippe Rousselet, hanno saputo trarre un film appassionante e commovente, benché a tratti troppo enfatico e retorico.

Il film ripercorre fedelmente la vita straordinaria di Roman Kacew, noto anche con lo pseudonimo di Romain (o Roman) Gary, scrittore francese di origine ebreo-lituana, dalla sua infanzia a Vilnius (negli anni '20 appartenente alla Polonia: inquietante la prima sequenza  attraverso la neve e la nebbia), all'adolescenza a Nizza, fino alla sua maturità a Parigi (dove usò, come scrittore, un altro pseudonimo, Émile Ajar), per poi arrivare alla carriera nell'aeronautica militare francese in Africa durante la Seconda guerra mondiale. E come nel romanzo, anche nel film la tendenza a vivere mille vite, a sforzarsi di superare i suoi limiti di uomo e lo sforzo per diventare un celebre scrittore è attribuito alla madre Nina, splendidamente interpretata da Charlotte Gainsbourg. Madre dilaniata tra un folle amore possessivo e la voglia di far affermare a ogni costo il figlio, sia come scrittore, sia come soldato-aviatore: cosa che porterà Romain (Pierre Niney) a condurre una vita avventurosissima, tra rocamboleschi colpi di scena, passioni durate poche settimane e misteri irrisolti. Il tutto con una sorta di complesso di Giocasta da parte della madre, più che con un complesso di Edipo da parte del figlio: l'amore materno senza freni sarà anche un fardello per tutta la sua vita. 

Particolarmente commoventi sono le scene iniziali, in cui Mina Kacew, giovane ebrea di origine russa, sta crescendo suo figlio Romain in una Vilnius diventata parte della Polonia e dove sta crescendo un sentimento antisemita. Quasi come una rivalsa, immagina per lui una carriera di scrittore e diplomatico, impedendogli persino di dedicarsi alla pittura, che lei scredita (rifiuterà poi una proposta di matrimonio da parte di un pittore francese di successo), ma dove il figlio mostra comunque un certo talento. Dinamica, laboriosa e dotata di talento negli affari, ha creato una piccola azienda di moda seguendo lo stile francese. È infatti la Francia il paese che ammira di più. Il business prosperò fino all'ascesa definitiva dell'antisemitismo, quando decise di dichiarare bancarotta ed emigrare a Nizza.

Notevoli sono anche le scene in cui la madre, esercitando insieme amore e autorità, costringe Romain a scrivere finché con l'adolescenza e l'età adulta, trasferitosi a Parigi, il giovane conosce alcuni successi letterari, ma a fasi alterne. Meno convincenti ci sembrano le scene dedicate alla Seconda guerra mondiale, quando Romain mira a diventare un ufficiale per soddisfare le ambizioni materne. Dopo la sconfitta della Francia, non aderisce alla repubblica di Vichy, ma entra nella France libre del generale Charles de Gaulle in Inghilterra, disinguendosi nell'aviazione militare per gloriosi atti di guerra, e con il ritratto di sua madre attaccato alla cabina di pilotaggio dell'aereo come un angelo custode. Abbiamo colto qua e là sprazzi eccessivi di nazionalismo, ai limiti della retorica bellicistica e del culto del beau geste.

Romain continua a scrivere nel bel mezzo delle operazioni militari, ma dopo un duello con un commilitone viene inviato in Africa: trascorrono tre lunghi anni prima che ritorni in Francia, ma la madre, che non lo dimentica mai, non manca di inviargli due lettere alla settimana. Quando arrivò a Nizza per annunciare che aveva finalmente ottenuto la pubblicazione di uno dei suoi romanzi, trovò la porta della pensione misteriosamente chiusa.

Il film è di grande impatto, anche dal punto di vista scenografico, dato che è stato girato in cinque paesi differenti nel giro di 14 settimane: dalla Polonia degli anni ’20, al Messico degli anni ’50, passando per il deserto africano, il mediterraneo di Nizza, fino a Parigi e Londra sotto i bombardamenti, con un’epopea spettacolare e intima che attraversa la Storia del cosiddetto Secolo breve.

Il regista Eric Barbier ha sottolineato come l'idea di adattare per il cinema il romanzo di Gary, propostagli dal produttore Eric Jehelmann, lo aveva affascinato perché lo scrittore gli sembrava soprattutto un personaggio romantico ed enigmatico, marito di Jean Seberg e creatore di quella formidabile mistificazione letteraria che è stato Émile Ajar. Per il regista, Gary incarna davvero una personalità multipla, volta per volta doppio, triplo, plurimo. Scrittore, militare, aviatore, ambasciatore, cineasta, adotta pseudonimi e cambia nazionalità a seconda delle circostanze, polacco, francese, a volte russo o lituano, più spesso ebreo, ma con la madre devota al Papa: per Barbier niente come La promessa dell’alba connota una personalità inafferrabile, che vive ben più che un romanzo di formazione o di iniziazione, sicché ha dovuto ridurre di ben due terzi la materia del romanzo, sezionandolo in piccole unità d’azione.

E alla fine, per salvaguardare la continuità storica, attraverso tre grandi atti (l’infanzia nell’Europa dell’Est, l’adolescenza in Francia e l’età adulta durante la guerra), nonostante i continui flash-backs e flash-forwards, il regista ricorre a un interessante espediente: il film, a differenza del romanzo, comincia in Messico, dove Gary è in viaggio con la sua prima compagna, Lesley Blanch, nell'atmosfera crepuscolare del Big Sur. Blanch racconta che, mentre Gary era console della Francia a Los Angeles, i due avevano deciso di partire insieme per il Messico per assistere alla Festa dei Morti. Ma durante la permanenza nello Stato centro-americano, Gary ha una crisi e si chiude nella camera dell’hotel, convinto di soffrire di un tumore al cervello e di essere in punto di morte. Decidono quindi di ripartire immediatamente e di andare a consultare un medico a Città del Messico. E durante il tragitto in tassì, Lesley legge la prima bozza del romanzo, fungendo così da voce narrante. Sicché, per lo spettatore, la voce fuori campo deve essere chiaramente quella di Lesley che legge il libro e gli permette di entrare nel romanzo insieme con la sua prima lettrice fino a comprendere che si tratta della storia di uno scrittore che racconta una parte della sua vita. 

Pubblicato in: 
GN4 Anno XI 24 novembre 2018
Scheda
Titolo completo: 

La promessa dell'alba
Titolo originale: La promesse de l'aube
Lingua originale:    francese
Paese di produzione:   Francia, Belgio
Anno:    2017
Durata    131 minuti
Genere:    biografico, drammatico
Regia:    Éric Barbier
Sceneggiatura:    Éric Barbier, Marie Eynard
Produttore:    Eric Jehelmann e Philippe Rousselet
Casa di produzione    Jerico
Distribuzione (Italia):    I Wonder Pictures

Interpreti e personaggi
Pierre Niney: Romain Kacew, alias Romain Gary
Charlotte Gainsbourg: Mina Kacew
Didier Bourdon: Alex Gubernatis
Jean-Pierre Darroussin: Zaremba
Catherine McCormack: Lesley Blanch

Dal 14 marzo 2019 al cinema

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