Teatro Palladium. Il giardino di Dante

Articolo di: 
Teo Orlando
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Con la sapiente conduzione dello scrittore, drammaturgo e narratore Giuseppe Manfridi, il 20 dicembre si è svolto presso il Teatro Palladium lo spettacolo "Dante immortale: 700 anni di vita". Lo spettacolo ha assunto la forma di una tavola rotonda, condotta dallo stesso Manfridi, con la partecipazione di Dario Pisano e Maria Teresa Martuscelli.

Pisano è un affermato dantista, autore di quattro monografie dedicate al sommo poeta, tra cui l'ultima, per i tipi della Newton Compton (Parla come Dante, Roma, 2001), affronta il tema della persistenza di espressioni dantesche nell'italiano colloquiale e nella prosa colta. È altresì l'autore e l'interprete di varie performances teatrali dedicate ai grandi autori della letteratura italiana, da Dante a Leopardi.

Maria Teresa Martuscelli, attrice e pianista, ha di recente ideato una serie di spettacoli originali, con il titolo "Viaggio nella Divina Commedia", incentrata sui canti della Divina Commedia, scelti volta per volta dal pubblico e recitati a memoria dall’artista. Lo spettacolo, replicato in questi anni in varie città italiane, è stato ospitato presso la Casa di Dante in Roma, in occasione della Notte dei Musei 2009, presso la Società Dante Alighieri di Roma, ed è stato altresì rappresentato alla prima edizione del Festival The Garden of Geniuses: the Magnificent Seven, che si svolge a Yasnaya Polyana (Mosca), nella Casa-Museo di Lev Tolstoij.

Nelle sue riflessioni iniziali, Maria Teresa Martuscelli ha sottolineato come sia cambiato il suo mantenimento della memoria lungo il corso del tempo, e per ricordare meglio i vari canti si serve di appigli "intratestuali", che cioè partono da un canto più familiare per ricondurla agli altri.

Anche Dario Pisano, citando il grande filologo Gianfranco Contini (per il quale "la vera sede della Commedia sta nella memoria e non nel libro", Varianti e altra linguistica, Torino, Einaudi, 1970, p. 372), ha sottolineato il ruolo chiave della memoria, e, da par suo, ha scritto un libro che "repertoria" tutti i versi danteschi della Commedia che sono entrati nel linguaggio comune. Spesso citiamo Dante ma non sempre ne siamo consapevoli: noi possiamo ignorare Dante, ma Dante non ignora noi. È un fenomeno che Pisano ha argutamente definito "dantismo asintomatico", con palese riferimento alla cosiddetta pandemia del covid 19. Ciò non toglie che il fenomeno dell'uso un po' maldestro di Dante abbia lontanissimi ascendenti, addirittura coevi allo stesso sommo poeta.

Pisano, qui come in altre occasioni, cita una novella di Franco Sacchetti, scrittore della fine del XIV secolo, il quale racconta che una volta il poeta stava passeggiando per Firenze vicino alla bottega di un fabbro quando sentì che questi stava recitando i suoi versi. Dante entra nella bottega e reagisce stizzito:

"Piglia il martello, e gettalo per la via; piglia le tanaglie e getta per la via; piglia le bilance e getta per la via; e così gittò molti ferramenti Il fabbro, voltosi con un atto bestiale, dice: Che diavol fate voi? Siete voi impazzito? Dice Dante: O tu che fai? Fo l’arte mia, dice il fabbro, e voi guastate le mie masserizie, gittandole per la via. Dice Dante: Se tu non vuogli che io guasti le cose tue, tu non guastar le mie. Disse il fabbro: O che vi guasto io? Disse Dante: Tu canti il libro, e non lo dì come io lo feci; io non ho altr’arte, e tu me la guasti. Il fabbro gonfiato, non sappiendo rispondere, raccoglie le cose, e torna al suo lavorio: e se volle cantare cantò di Tristano e di Lancelotto, e lasciò stare il Dante".

Si tratta di una testimonianza precoce della fortuna delle terzine dantesche, che provano che la sua opera, come ebbe a scrivere il grande linguista Bruno Migliorini, «è assunta quasi a libro santo della nazione, commentato come si commentavano le sacre pagine, e letto nelle scuole di alto livello».

Osserva Pisano che Dante sia arrivato a umiliare il suo amico Giotto: i due erano andati a Padova, dove Giotto stava lavorando alla cappella degli Scrovegni. Giotto presenta a Dante i suoi figliuoli che erano di volto piuttosto deforme. Dante gli dice, come tramanda Boccaccio nel suo Trattatello in laude di Dante: “Maestro, che vuol dire che essendo voi il maggior dipintore del mondo, fate altrui figure sì belle, e per voi sì brutte e spiacevoli?ˮ A cui Giotto, senza turbarsi, rispuose: “Amico, vi dovrebbe essere nota la cagione di questo. Le pitture le faccio sempre di giorno, le sculture di notte; se, fatte al buio, cotali riescono, perciò non dovete meravigliarvene.ˮ Risposta che piacque a Dante, al punto che ne risero insieme.

Sempre a Boccaccio dobbiamo una formidabile interpretatio nominis: Danteparticipio presente del verbo dare – è colui, che dà, che dona; il suo stesso nome fa riferimento a un’istanza donativa. E non a caso tra i più bei versi di Giorgio Caproni, che spesso si richiama a Dante, vi sono i seguenti: "Tutti riceviamo un dono./Poi, non ricordiamo più/né da chi, né che sia./Soltanto ne conserviamo/– pungente e senza condono –/la spina della nostalgia".

Come anche Manfridi osserva, anche grandissimi scrittori come Thomas S. Eliot e Jorge Luis Borges, hanno contratto molti debiti verso Dante, che pure li affascinava e li intimoriva. Timore che distolse, ad esempio, Pier Paolo Pasolini da un possibile adattamento cinematografico dell'Inferno. Ma il poeta friulano si riferisce a Dante anche in luoghi insospettati, come in una famosa poesia della raccolta Le ceneri di Gramsci, dove getta lo sguardo su una macchina scavatrice che, in una squallida e «infernale» porzione della desolata periferia romana, emette un rumore che ricorda il gemito dei dannati danteschi: Piange tutto ciò che ha fine e ricomincia/anche per farsi migliore./La luce del futuro non cessa un solo istante di ferirci.

Pubblicato in: 
GN8 Anno XIV 24 dicembre 2021
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Palladium - Università di Roma Tre
Dante immortale: 700 anni di vita
Piazza Bartolomeo Romano
20 Dicembre 2021
Ore 20,30
Coordinamento Giuseppe Manfridi
Con Dario Pisano e Maria Teresa Martuscelli