Tommaso Buscetta raccontato da Marco Bellocchio. L'evoluzione di Cosa Nostra

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Tommaso Buscetta

Guardando e seguendo, in preda all'ammirazione per la bravura con cui Marco Bellocchio ha saputo nel suo film, intitolato Il traditore e divenuto un caso internazionale, rappresentare il dramma umano di Tommaso Buscetta, prima il boss dei due mondi, e in seguito il collaboratore di giustizia, è riaffiorata nella mia mente una riflessione sull’origine del fenomeno mafioso di un grande scrittore.

Alberto Moravia, sulla prima pagina del Corriere della Sera, alla fine degli anni Ottanta, scrisse che la mafia, in assenza della modernizzazione del Sud Italia, è nata e si è stratificata nel corso degli anni a causa della putrefazione della cultura contadina. Il film si apre con una scena memorabile: i capi della Commissione, ed alcuni esponenti tra i più autorevoli di Cosa Nostra, festeggiano in una villa, durante una calda sera estiva, l’accordo raggiunto tra la vecchia e tradizionale mafia e i Corleonesi, in ascesa verso il potere grazie alla direzione spietata di Totò Riina.

Tommaso Buscetta, mentre le danze allietano la serata con gli invitati che si abbandonano al divertimento, spensierati e sicuri di potere fare molti guadagni con il traffico della droga, dalla terrazza della villa osserva suo figlio, in preda agli effetti della droga che ha appena  assunto. Dopo averlo rimproverato, lo affida a suo fratello e decide di rientrare in Brasile, dove vive con la sua bellissima moglie, in una sontuosa e raffinata villa. In seguito, per un conflitto di potere oscuro, ha inizio la fine della pace mafiosa, con i corleonesi di Totò Riina che decidono di eliminare prima Stefano Bontate e, subito dopo, Salvatore Inzerillo.

Salvatore Contorno, che in seguito si pentirà e collaborerà con la giustizia, grazie alla sua abilità riesce a sfuggire all’agguato mortale tesogli dai corleonesi. Nel film Marco Bellocchio, con immagini incalzanti e in una sequenza narrativa mirabile, racconta questo mutamento, avvenuto ai vertici di Cosa Nostra. In questo periodo, Tommaso Buscetta vive in Brasile, e, a causa della fine della pax mafiosa, vengono uccisi suo fratello, i suoi due figli, nati dal suo precedente matrimonio; ma soprattutto, come è narrato nel film, Pippo Calò tradisce la vecchia mafia e si allea con i Corleonesi.  Questo è il contesto drammatico in cui il regista, con un racconto fedele alla verità storica, colloca la vicenda umana di Tommaso Buscetta, tragica e dolorosa.

Con il suo arresto, avvenuto in Brasile, con l’accusa di fare parte di Cosa Nostra, Buscetta perde la libertà e viene sottoposto a terribili torture. Nel film, la parte più importante è l’incontro tra Tommaso Buscetta e Giovanni Falcone. All’inizio Buscetta oppone un netto rifiuto a collaborare con l’autorità giudiziaria, poi, dialogando con il giudice che aveva svelato la natura del potere criminale di Cosa Nostra, accetta di deporre e affida a Giovanni Falcone le sue preziose rivelazioni. Buscetta, con dignità, ammette le sue responsabilità e rifiuta di essere considerato un  pentito. Descrive a Giovanni Falcone, che contesta questa ricostruzione storica, la degenerazione del potere mafioso, che  in un tempo remoto  era attento ai bisogni della povera gente, mentre  negli anni ottanta, sotto la guida di Totò Riina, è mosso dalla volontà esclusiva  di realizzare con il traffico internazionale  della droga ingenti e consistenti guadagni. 

Osservando con rispetto negli occhi Giovanni Falcone, che incarnava l’autorità della legge, Buscetta descrive il potere mafioso, che, in base all'immagine da lui adoperata, somiglia a una piramide, formata alla base dai soldati semplici; poi a grado superiore vi sono i capi dei mandamenti, rappresentanti tre famiglie affiliate a Cosa Nostra, mentre  al vertice vi è  la Commissione, composta dai capi supremi. 

Il film spiega allo spettatore con precisione ammirevole la natura gerarchica del potere mafioso. Buscetta, senza infingimenti, con sincerità dichiara a Giovani Falcone di aver voluto essere un soldato semplice, perché amava la bella vita, le donne e il lusso, e non era ossessionato dalla smania di comandare, come amava fare Totò Riina.  Una volta che una persona  sia stata affiliata  a Cosa Nostra, mediante il rito dell'iniziazione,  non può più fuoriuscire dall'associazione criminale.

Nel film sono belle e indimenticabili le sequenze che mostrano il rapporto umano che due persone diverse, per cultura ed educazione, ma entrambe molto intelligenti come Giovanni Falcone e Tommaso Buscetta, riescono ad instaurare. Sotto il profilo estetico e narrativo, indimenticabili sono le scene che evocano quanto accadde durante il maxi-processo, con gli uomini di onore che, increduli al cospetto del Boss che racconta gli arcani e i misteri  di Cosa Nostra, reagiscono insultandolo con improperi offensivi. Pippo Calò, responsabile della morte dei figli del pentito, addirittura insinua dubbi sulla moralità di Buscetta. In particolare, il confronto tra Buscetta e Pippo Calò, come quello tra il pentito e Totò Riina, sono entrambi  importanti, nel racconto del film, poiché rivelano   antropologicamente qual è la mentalità dei capi di Cosa Nostra, intrisa di un codice etico pieno di contraddizioni irresolubili.

Infatti per Riina è immorale un uomo che divorzia e si risposa, fatto avvenuto nella vita di Tommaso Buscetta, mentre non suscita dubbi etici la decisione di fare uccidere a Capaci Giovanni Falcone, con un attentato impressionante per sua capacità distruttiva e la sua inusitata  ferocia.  Soprattutto il film è fondamentale poiché conferma che con il maxi-processo, che fu possibile celebrare grazie al lavoro investigativo di Giovanni Falcone e  del pool di Palermo, venne affermato il principio che poteva essere messo in discussione il mito dell'impunità degli uomini di Cosa Nostra, responsabili di atroci delitti.

Bella e indimenticabile la scena in cui Buscetta, che trascorse i suoi ultimi anni di vita negli Stati Uniti, vivendo sotto la protezione dell'FBI in una località segreta, si tormenta e macera l’anima, pensando ai delitti che ha commesso, osservando di notte la luna piena sospesa nel vuoto. Un film che ha un alto valore civile e soprattutto aiuta a capire che cosa voleva dire Giovanni Falcone quando, prima di essere ucciso, diceva che la mafia è un fenomeno umano, sicché come ha avuto un inizio, così  come è sempre avvenuto nella storia, dovrà, prima o poi,  esaurirsi e concludersi.

Pubblicato in: 
GN29 Anno XI 24 giugno 2019
Scheda
Titolo completo: 

Il traditore

Lingua originale:    italiano, siciliano, portoghese, inglese
Paese di produzione:    Italia, Francia, Germania, Brasile
Anno:    2019
Durata:    135 minuti
Genere:    drammatico, biografico
Regia:    Marco Bellocchio
Soggetto:    Marco Bellocchio
Sceneggiatura:    Marco Bellocchio, Ludovica Rampoldi, Valia Santella, Francesco Piccolo, Francesco La Licata
Produttore:    Beppe Caschetto
Produttore esecutivo:    Simone Gattoni
Casa di produzione:    IBC Movie, Kavac Film, Rai Cinema
Distribuzione in italiano:    01 Distribution
Fotografia:    Vladan Radovic
Musiche:    Nicola Piovani

Interpreti e personaggi

Pierfrancesco Favino: Tommaso Buscetta
Maria Fernanda Cândido: Maria Cristina de Almeida Guimarães
Fabrizio Ferracane: Pippo Calò
Fausto Russo Alesi: Giovanni Falcone
Luigi Lo Cascio: Salvatore Contorno
Nicola Calì: Totò Riina
Giovanni Calcagno: Gaetano Badalamenti
Bebo Storti: avv. Franco Coppi
Gabriele Cicirello: Benedetto Buscetta
Paride Cicirello: Antonio Buscetta
Elia Schilton: giornalista
Alessio Praticò: Scarpuzzedda
Pier Giorgio Bellocchio: Cesare
Rosario Palazzolo: Gianni De Gennaro
Antonio Orlando: Michele
Fabrizio Romano: avvocato
Pippo Di Marca: Giulio Andreotti
Marilina Marino: donna di Buscetta