Artcity. I Labirinti di Giorgione

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Ritratto di gentiluomo di Bartolomeo Veneto

Due amici di Giorgione, un doppio ritratto, è il punto di partenza per la mostra Labirinti del cuore. Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma; due differenti percorsi, in due sedi diverse, Palazzo di Venezia e Castel Sant’Angelo, entrambe appartenenti al Polo Museale del Lazio. Enrico Maria Dal Pozzolo, fra i massimi specialisti di pittura veneta fra l’età rinascimentale e barocca, è il curatore dell'esposizione, Lina Bolzoni, Miguel Falomir, Silvia Gazzola, Augusto Gentili e Ottavia Niccoli sono i membri del prestigioso comitato scientifico che lo ha affiancato.

L'allestimento della mostra, comprendente 45 dipinti, 27 sculture, 36 libri a stampa e manoscritti, oltre a numerosi altri oggetti, stampe e disegni, è stato ideato dallo studio De Lucchi. Il catalogo, edito da arte’m,  è uno strumento irrinunciabile per chi voglia approfondire i numerosi temi trattati dalla mostra, grazie ai saggi, alle innumerevoli immagini e alle accurate schede dedicate alle opere in esposizione. La mostra, che durerà fino al 17 settembre 2017, è promossa e organizzata dal Polo Museale del Lazio diretto da Edith Gabrielli, con la collaborazione di Civita Mostre. La dott.ssa Gabrielli ha dichiarato durante la conferenza stampa che uno degli obiettivi della mostra è di valorizzare e far conoscere la  storia del Palazzo di Venezia, comunemente noto come Palazzo Venezia, splendido edificio rinascimentale che contiene una ricca collezione  di opere d'arte e ha dato il nome alla piazza, ma non è frequentato come meriterebbe.

La storia più antica di Palazzo di Venezia è stata oscurata dall'uso che ne fece nella prima metà del secolo scorso il regime fascista, che invece è rimasto nella memoria collettiva. Le prime sale della mostra sono dedicate alla sua storia, l'edificazione del Palazzo, fu iniziata nel 1455 per volere del cardinale Pietro Barbo, divenuto poi papa Paolo II, e fu terminata nel 1467 da suo nipote Marco Barbo cardinale titolare dell'attigua chiesa di San Marco. Paolo II ne fece  la sua dimora cittadina, la rinascimentale Loggia delle Benedizioni, ora visitabile, all'inizio dell'esposizione, ne è una ragguardevole testimonianza. Il Palazzo fu poi donato nel 1564 da papa Pio IV alla Serenissima, che ne fece la sede della sua ambasciata, da qui il nome di Palazzo di Venezia. La mostra si svolge proprio nello splendido appartamento Barbo dove vissero i Barbo e il Cardinale Domenico Grimani, raffinato collezionista e protettore degli artisti tra cui Giorgione. Ecco il legame con il dipinto che fu acquisito alle collezioni del Palazzo di Venezia nel 1919 con la donazione del principe Fabrizio Ruffo di Motta Bagnara. Tra le scarse notizie sul dipinto la sua presenza è sicuramente accertata a Roma nel 1633 nella collezione del cardinale Ludovico Ludovisi e forse il quadro potrebbe aver fatto parte delle collezioni del Cardinale Grimani presenti nel Palazzo. 

Le prime due sale sono dedicate alla Serenissima e al suo rapporto con Roma tra le opere in esposizione ricordiamo il documento della donazione del Palazzo, il dipinto di un pittore anonimo che ricorda l'avvenimento e due dipinti di Veronese dedicati alla gloria della Serenissima, San Marco consegna il vessillo a Venezia e San Marco accosta la Giustizia e la Pace che si baciano. Nella Sala delle fatiche di Ercole, appena restaurata, ci sono alcuni oggetti di uso quotidiano appartenuti agli illustri abitanti del Palazzo, i libri che testimoniano i loro molteplici e vasti interessi culturali, i cammei e i bronzetti, tra cui una riproduzione del gruppo del Lacoonte ai Musei Vaticani, a testimonianza dell'attività di  raffinato collezionismo del Grimani. Sono in mostra anche la Venere Anadyomede e il busto di Lucio Vero, che testimoniano  la passione per “l'Antico” del Cardinale Grimani di cui è esposto il ritratto insieme al nipote prediletto Marino, realizzato da Jacopo Palma il giovane. Due busti ricordano gli altri protagonisti quello di Marino Grimani, ambasciatore della Serenissima a Roma di Alessandro Vittoria e quello di papa Paolo II Barbo di Mino da Fiesole.

Si giunge così alle sale dedicate a Giorgio da Castelofranco detto Giorgione ( 1477/ 78- 1510) uno dei pittori più sfuggenti ed enigmatici, per l'interpretazione delle sue opere e per la loro spesso controversa attribuzione. Fu ammirato da Vasari che ne scrisse e ne riscrisse nelle sue Vite, dando delle indicazioni di notevole interesse su l'influenza esercitata da Leonardo e il suo essere un eccllente musicista. Due aspetti che si intrecciano e si ricollegano al quadro Due amici e ai sentimenti che l'artista riesce a rendere in modo da affascinare e coinvolgente per lo spettatore. Le analisi del quadro hanno mostrato vari ripensamenti per cui si ritiene che non sia una copia; il giovane in primo piano che appoggia il viso sulla mano destra appare immerso nei suoi pensieri, il melangolo ( arancia amara), simbolo della melanconia chiarisce di che natura siano, con l'amico alle sue spalle, che si può immaginare, gli stia vicino per confortarlo. L'influenza di Leonardo su Giorgione colta dal Vasari riguarda non solo l'uso dello sfumato ma anche la capacità di rappresentare gli stati d'animo, il San Girolamo dei Musei Vaticani è esemplare in questo senso.

La stampa di Dürer sulla melanconia, ci ricorda che era un tema ricorrente non solo per l'artista germanico, ma anche vicino alla sensibilità dell'epoca. Gli altri ritratti, tra cui Ritratto di uomo di Giovanni Bellini, presenti nella sala mostrano quanto il dipinto di Giorgione sia diverso dagli usuali ritratti attenti allo status del committente e alla attenta riproduzione dei lineamenti, anche se in vari casi abbelliti. Sono in mostra altre due opere Giorgione una Leda e il cigno ispirata a un cammeo appartenuto al cardinale Grimani e il Fetonte davanti ad Apollo, tralasciando le discussioni sul soggetto, in primo piano c'è un giovane che suona il liuto una figura in cui alcuni hanno ritenuto l'artista abbia rappresentato sé stesso. Giorgione visse a Venezia, un centro chiave insieme a Roma nello sviluppo della polifonia nel '500 in quel particolare momento che segnò il passaggio dalla frottola, di origine popolaresca, al madrigale su testo letterario.

Una sala dedicata a Petrarca, indicato come modello, dal cardinale Pietro Bembo, anche lui veneziano, apre a Castel sant'Angelo nei suggestivi appartamenti di Clemente VII, la seconda mostra dedicata a Le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma. Nel madrigale italiano del '500 come nella pittura di Giorgione comincia a manifestarsi l'esigenza di esprimere gli “affetti” iniziando così un percorso che sfocerà nella creazione di un nuovo genere musicale: il melodramma. Philippe Verdelot (1470/80-1552?) insieme a Costanzo Festa fu il primo importante compositore di madrigali. Una delle ipotesi su Le tre età o La lezione di musica è che Giorgione abbia ritratto nel vecchio, Heinrich Isaac, celebre musicista fiammingo  (1450 circa – 1517) mentre l'uomo sia proprio Philippe Verdelot.

Tra i quadri esposti dedicati alla musica c'è lo splendido Ritratto di musicista di Tiziano, proveniente da Palazzo Spada, esposto a Palazzo di Venezia. A Castel sant'Angelo nel Ritratto di gentildonna con lira da braccio di Anonimo c'è uno spartito aperto in cui è stato riconosciuto un madrigale di Verdelot Quando madonna i'vengo a contemplarte. All'Ensemble La Pedrina, nome ispirato all'omonima e famosa canzone di Tarquinio Merula (1595-1665), fondato da Francesco Pedrini, è stata affidata l'esecuzione e registrazione del brano, fino ad oggi inedito, in modo che con l'app gratuita a Castel Sant'Angelo si potesse ascoltarlo nella visita alla mostra. Siamo tornati apposta ma abbiamo avuto problemi con l'app e non abbiamo potuto ascoltare di nuovo questa seducente composizione di cui riportiamo il testo:          

Dal: Terzo libro de madrigali di Verdelotto insieme a alcuni bellisimi madrigali de Costantio Festa ed altri eccellentissimi autor

Quando madonna i'vengo a contemplarte
gli occhi la lingua e il cor fan guerra insieme
gli occhi vorrian ma non sanno parlarte
la lingua il sa ma per suspecto teme
il cor alhor se struge a parte a parte
che scoprir non il mal che dentro il preme
ma infine agli occhi ognun se ari comanda
perché un piatoso sguardo assai dimanda

 
Marcello Filosseno, Sylve, Venezia 1507

Sommessamente suggeriamo che se il madrigale fosse diffuso liberamente nelle sale contribuirebbe a rendere ancora più pregnante e seducente il rapporto tra le arti, poi la qualità dell'ascolto dipende dalla sensibilità del singolo. Il Ritratto di gentiluomo di Bartolomeo Veneto è un po' un quadro guida delle sale successive ci mostra un gentiluomo, un po' strabico – strabismo di Venere ? -  che ha ricamato sul cuore un labirinto, la spilla sul cappello raffigura una nave nella procella e la mano destra va all'elsa della spada. Un amante, che pur perso nei labirinti d'amore e in preda alla tempesta dei sentimenti, è pronto a combattere per il suo amore. Ci sono quadri dedicati ai pegni d'amore come un guanto o una lettera come nel prezioso Ritratto d’uomo con lettera di Paris Bordon oppure un ramo di quercia che forse allude alla casata dei della Rovere nel Doppio ritratto Federico Barocci.

Lo scoprirsi il seno è un gesto di seduzione di una cortigiana o pegno d'amore come suggerito da Giovanni Bonifacio (1547-1635) nel libro L’Arte dei cenni con la quale formandosi favella visibile, si tratta della muta eloquenza, che non è altro che un facondo silentio ?  Il seducente Ritratto di donna che mostra il petto e il Ritratto di donna che apre la veste di Domenico Tintoretto con la stessa donna fa pensare ad un  pegno d'amore, come anche la donna nel Ritratto di donna che scopre il seno di Bernardino Licinio, la ritroviamo infatti in un quadro dello stesso autore Ritratto della famiglia di Arrigo Licinio in cui è con il marito e la numerosa prole. Il Ritratto di coniugi con mela cotogna, frutto sacro a Venere di Sofonisba Anguissola è un intenso omaggio all'amore coniugale, che però la morte trasforma in acuto rimpianto, il Ritratto di vecchio già attribuito a Giorgione è esemplare nella rappresentazione di questo sentimento. Il ritratto de L’Imperatrice Isabella di Portogallo, basato su altre effigi della defunta e realizzato da Tiziano dopo la morte della donna per volere del marito Carlo V, è un altro modo di esprimere il desiderio di conservare la memoria dell'amata. Tre dipinti raccontano una intensa storia d'amore quella tra Francesco I de’ Medici  e Bianca Cappello, il primo è rappresentato da adulto nel quadro di Tommaso Manzuoli e da bambino con la madre Eleonora di Toledo in quello del Bronzino, la seconda con il figlio Antonio, ritratto come  il padre nel dipinto di Bronzino da Alessandro Allori. L'amore prima adultero, e poi coniugale, dopo la morte della moglie di Francesco terminò tragicamente con la morte di entrambi a poche ore di distanza per unsospetto avvelenamento.

Pubblicato in: 
GN37 Anno IX 14 luglio 2017
Scheda
Titolo completo: 

ArtCity
Labirinti del cuore. Giorgione e le stagioni del sentimento tra Venezia e Roma

Periodo       
24 giugno – 17 settembre 2017

Sedi e orari

Palazzo di Venezia
Piazza Venezia
Martedì/domenica 8.30 - 19.30 (Chiuso il lunedì)
La biglietteria chiude un’ora prima
                                         
Castel Sant’Angelo
Lungotevere Castello, 50
Tutti i giorni 9.00 - 19.30
La biglietteria chiude un’ora prima

Ingresso gratuito la prima domenica di ogni mese.

Modalità di visita
La mostra è allestita in due sedi, a Palazzo Venezia e a Castel Sant’Angelo. Durante la sua apertura al pubblico è istituito un biglietto unico, valido per 3 giorni, che consente un ingresso a Palazzo Venezia e uno a Castel Sant’Angelo con la visita delle due sezioni della mostra.

Biglietti   
Biglietto unico per Castel Sant’Angelo e Palazzo di Venezia, valido 3 giorni
Intero € 14,00
Ridotto € 7,00
Solo Palazzo Venezia
Intero € 10,00
Ridotto € 5,00

Vedi anche: 

Massimo Mila Breve storia della musica Piccola biblioteca Einaudi