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Bisio Presidente. E la satira scalfisce il potere
Il 21 marzo, esce nelle sale italiane Benvenuto Presidente!, la nuova commedia di Riccardo Milani, interpretata da Claudio Bisio e Kasia Smutniak. Il tema, come nella recente pellicola di Andò (Viva la libertà), è quello attualissimo della crisi della politica. Ma stavolta a farne le spese è nientemeno che la prima carica dello Stato, a cui il film lancia un ideale e divertito richiamo a un agire meno formale e più prossimo ai problemi reali degli italiani, a loro volta tacciati di un eccesso di menefreghismo e furbizia di cui la politica non è nient'altro che il riflesso.
La storia racconta la nomina di un bibliotecario/pescatore a Presidente della Repubblica Italiana. A godere, o se si vuole, a fare le spese, del pasticcio burocratico causato dai leader dei tre principali partiti (Fiorello, Popolizio, Bocci), è Giuseppe Garibaldi (Claudio Bisio), detto Peppino, che si vede improvvisamente catapultato dalle rive di un piccolo fiumiciattolo del Piemonte nelle regali stanze del Quirinale. Ovviamente tutta Italia, in primis i tre leader stessi, si aspettano che abdichi immediatamente. Invece Peppino, varcate le soglie di Montecitorio, intravede la concreta opportunità di fare qualcosa di buono per il suo Paese e decide di tenersi l'incarico. Districandosi fra pericoli di sabotaggio e gaffe istituzionali, il neo-presidente della porta accanto riuscirà, grazie al suo buon senso e all'aiuto di un'affascinante Vice Segretaria Generale (Kasia Smutniak), a dare una scossa politica, ma soprattutto morale, alla Nazione.
Benché strutturato su un'idea di partenza più da farsa che da commedia – riecheggia Dave - Presidente per un giorno di William Harrison Mitchell(1993) – il film, quantomeno nella prima parte, si mantiene saldamente sui binari di una brillante leggerezza stilistica e narrativa. Bisio funziona alla grande nel ruolo del bonario quanto imprevedibile uomo qualunque che resta tale anche con la corona in testa. Il cast intorno a lui fa il resto. Dall'ottimo trio Fiorello, Popolizio, e, soprattutto, Bocci, all'esercito dei grandissimi schierati in ruoli minori: Gianni Cavina, Remo Girone, Omero Antonutti e Piera Degli Espositi. Ultimo ma non ultimo Franco Ravera, impagabile metronomo del mood narrativo, mentre fuori tono e fuori ruolo una Smutniak sempre più e fin troppo come il prezzemolo.
La sceneggiatura di Fabio Bonifacci (Il principe abusivo, Benvenuti al Nord) regala nella prima parte momenti di sana e ben dosata comicità, come le equivoche proposte dei tre leader politici al neo-eletto Peppino, o i dribbling di quest'ultimo allo stringente protocollo presidenziale, passando per la quasi geniale tavolata dei “poteri forti”, interpretati nientemeno che da Steve Della Casa, Gianni Rondolino, Lina Wertmüller e Pupi Avati. Il tema della coscienza individuale del cittadino e della (ir)responsabilità politica che ne fa da specchio deformante, sembra dipanarsi con la giusta leggerezza di tono, tant'è che riesce a suscitare quel mix di riflessione e risate che dovrebbe essere alla base di ogni commedia che si rispetti. La magia, però, dura poco. Esaurite le idee satiriche e riformistiche, il film comincia a insegue la risata più che a generarla, schiacciando sul pedale della farsa e del burlesco che inevitabilmente lo fa precipitare nel banale, nel macchiettistico e infine nel moralistico. Tanto che al condivisibile e politically uncorrect senso finale del film, racchiuso nella scena delle dimissioni a patto che la coscienza degli italiani si svegli e prenda idealmente il suo posto, ci si arriva provati da troppi sorrisi abbozzati e da continue alzate di occhi al cielo.