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Blade Runner 2049. Il corpo dei replicanti
Tutti ricordano Blade Runner, anche chi non conosce Philip K. Dick, che ha scritto Do the Androids Dream of Electric Sheep? nel 1968 (tradotto in italiano per la prima volta dall'editrice Nord con Cacciatore di androidi, riferendosi al protagonista ed al suo mestiere; più tardi tradotto da Fanucci – che ha edito l'opera omnia di Dick – con Gli androidi sognano pecore elettriche?, seguendo fedelmente il titolo originale): da questo libro è tratto il famoso film di Ridley Scott datato 1982, di cui Denis Villeneuve ha diretto il seguito datandolo trent'anni dopo: Blade Runner 2049, prodotto dallo stesso Ridley Scott.
Atmosfera plumbea e postapocalittica da dark age, panorami rosso marziani, neve, freddo e naturalmente Blade Runner: il cacciatore di androidi che è interpretato da Ryan Gosling col nome di K, che rimanda tanto allo Joseph K di Il processo di Franz Kafka, mentre in sottofondo si ode il ritornello della promenade di Pierino e il lupo di Prokofiev, in momenti determinati del film, quando K viene minacciato dal pericolo o si sta introducendo nel regno di Wallace, uno Jared Leto con gli occhi di ghiaccio e telecamere onnipresenti come spie a forma di scarafaggio volante, inquietanti e temibili occhi dell'oltretomba. Circondato da un'acqua che sa di placenta come di androide appena sfornato, il temibile nuovo capo della fabbrica di “lavori in pelle” (chi ha visto il primo sa a chi mi riferisco, chi non l'ha visto, sappia che ne parlano così ad Harrison Ford intimandogli di “ritirarli” ovvero sopprimerli), ha l'aspetto e parla come una sorta di Satana redivivo ed alieno, un creatore di corpi di nuova generazione, dopo Nexus 8 (nel primo Blade Runner eravamo fermi alla generazione Nexus 6).
Concetti di specie, come di darwinismo legato e controllato dall'uomo sugli androidi, pongono parecchi distinguo che aprono squarci di riflessione che nemmeno la (non) soluzione finale del film apre ad una comprensione sicura. Non è possibile prendere posizione in questo film: tutto è una scoperta, straordinariamente misterica, girata con la bellezza di occhi poetici di cui evidentemente Villeneuve è dotato come nei precedenti film (La donna che canta; tit. orig.: Incendies, 2010), e che stendono quel fil rouge che altrimenti mancherebbe col film che lo precede e capolavoro indiscusso della fantascienza.
In questo inferno freddo dove Madame (Robin Wright) ha preso il posto dello sceriffo di Blade Runner, e dove le prostitute acquistano dimensioni gigantiche e vengono vendute come ologrammi surrogati di donne, K si perde fra i ricordi che nemmeno una macchina per il test Voight-Kampff (rivisto e corretto) sa svelare.
Harrison Ford, nella parte dell'agente Deckard che aveva in Blade Runner, comparira nella seconda parte virtuale del film, ad affastellare i ricordi di K con nuovi enigmi: lacerti del passato che potrebbero rivelare particolari su entrambe le vite, prima e dopo il Black Out del 2022 (di cui potete vedere il corto di Shinichiro Watanabe), in una sorta di scatola cinese a corrente alternata.