Bologna 2014. La musica provata secondo Erri De Luca

Articolo di: 
Eleonora Sforzi
La musica provata, Erri De Luca Cineteca di Bologna

Il docu-film musicaleLa musica provata”, diretto da Emanuele Sana e tratto dall'ultimo libro di Erri De Luca, dal titolo omonimo, è stato presentato in anteprima nazionale lo scorso 24 settembre, presso il Cinema Lumière della Cineteca di Bologna, alla presenza del regista e dello scrittore.
Il film, prodotto da Oh!Pen Italia e distribuito da Feltrinelli, traccia attraverso le immagini quel percorso con cui lo scrittore ha espresso, mediante le parole, il proprio rapporto con la musica, che non può fare a meno di porsi in relazione con la sua città nativa, Napoli, dove – lo afferma lui stesso – è «nato stonato».

Il lungometraggio ripropone, attraverso frammenti di conversazioni, ma soprattutto di musiche ricordate, ascoltate e cantate, quella che può essere definita l'autobiografia musicale di Erri De Luca, in cui trovano spazio suggestioni ed esperienze diverse: i canti napoletani, la chitarra ricevuta in regalo da ragazzo, la scoperta di Bob Dylan e, negli anni successivi, numerosi brani, melodie e musicisti con cui lo scrittore è entrato in contatto.
Compare nel film anche lo scrittore Mauro Corona, che, nella propria casa a Erto, nella valle del Vajont, racconta a De Luca la tradizione legata alle melodie suonate con l'armonica a bocca e imparate da bambino, motivi di montagna noti anche allo scrittore napoletano poiché suo padre aveva prestato servizio negli Alpini e, dopo la guerra, «era tornato imbottito di cori».
Accanto ad una musica provata in quanto esperita emotivamente, vi è poi una musica provata dal punto di vista concreto ed esecutivo, dove protagonisti sono i musicisti che hanno dato consistenza sonora ad alcuni testi poetici e ad altri scritti dallo stesso De Luca, tra cui figurano Nicky Niccolai (voce), Stefano Di Battista (sax soprano e sax tenore) e Lucio Bardi (chitarra), che al termine della proiezione hanno riproposto dal vivo alcuni dei brani più significativi.

Un intervento musicale, quindi, intervallato dalle parole di Erri De Luca, che ha iniziato a ritroso le proprie considerazioni, quindi a partire dalle difficoltà nel canto incontrate in giovane età.
«È un difetto di fabbrica. Insopportabile per il luogo, che usa la musica non solo per tenersi compagnia ma anche per medicare i suoi affanni e i suoi malanni e dunque essere intonati era una “questione sanitaria”: bisognava produrla, procurarla. Sono riusciti a fare di me una persona intonata o abbastanza intonata e da allora in poi mi sono “impicciato” di musiche che mi sono arrivate e che quindi ho provato e dalle quali sono stato provato. Poi ho trovato dei musicisti che si sono prestati a mettere insieme queste musiche e a farle diventare delle cose serie.
Una “musica provata”, molto provata, specialmente negli scantinati, che è il posto dove nascono le musiche. Le musiche non nascono in alto ma in basso, salgono dal basso verso l'alto rispondendo ad un movimento opposto alla legge di gravità. Spingono dal basso verso l'alto, come fanno certe forze di natura […], per esempio le maree, il fuoco, gli alberi.  che, piantati nella terra, cominciano a spingere verso l'alto fino a diventare abitanti dell'aria con le loro formule, i rami. Dunque, la musica fa così, parte dal basso e risale il nostro corpo fino a raggiungere la bocca, che la canta. […]
»

In seguito De Luca ha introdotto i brani – talvolta si tratta versi scritti in prima persona – a cui i musicisti hanno aggiunto un motivo musicale:
«[...]Dall'innesco di questa nostra cooperazione musicale – una richiesta che mi veniva da Stefano (Di Battista) di fare un testo – mi è venuto un testo sul Mediterraneo, “Essere di Mediterraneo”, troncato in “Essere di Medit” [...], che è una raccolta di impressioni di uno che ci è nato. Io sono un cittadino del Mediterraneo, molto più di un cittadino europeo, nel senso che tutto quello che ci è capitato (di destino, di vita, di esperienza di storia e civiltà, comprese le religioni), ci è arrivato tutto quanto dal mare. L'Europa deve al Mediterraneo tutto, compreso il suo nome. Dunque, io sono uno del Mediterraneo. Con le frasi di questa poesia, poi diventata una imprevista – e inaspettata per me – canzone, ho voluto confessare e anche rendere omaggio a questa terra comune, al sangue comune che ci unisce. Mi piacerebbe sapere dalla scienza, dalla ematologia, non quanti globuli rossi ho, ma quanti popoli ci sono finiti nel mio sangue, circolano nel mio sangue, quanti turchi, sloveni, arabi, spagnoli, egiziani, cartaginesi, fenici, sardi e marsigliesi hanno circolato e stanno vagando nel mio sangue. La scienza non è così progredita per farmi sapere tutte queste notizie, ma aspetto con fiducia. Questo è “Essere di Medit”»

E, riprendendo il proprio filo di ricordi, dopo un assolo del sassofonista Stefano Di Battista, ha aggiunto:
«A proposito dell'intruglio dei nostri sangui, di noi del Mediterraneo […] ecco, questa musica è un riassunto degli intrugli musicali e sanguigni del Mediterraneo […], tutto questo mescolato da un jazzista bianco del Mediterraneo. Misteriosa fraternità che la musica realizza, dovuta ad un linguaggio perfettamente comprensibile ovunque: mentre noi, con le nostre parole, dobbiamo farci tradurre, sottotitolare, la musica non ha bisogno di sottotitoli, ha bisogno solo di essere ascoltata. Dunque, per uno – che ha messo le sue uova dentro un solo cesto, il vocabolario […] – poi si combina con la musica. Intanto come dicevo prima nel film, la musica mi blocca, mi “assorbe”, mi inchioda: non riesco a fare altro quando c'è la musica, non la posso utilizzare di sottofondo... Mi contiene. Però, quando una musica mi arriva sotto dei versi che mi sono piaciuti, allora mi accorgo che questi […] con la musica aggiunta riescono ad andare più lontano, non si fermano alla mia voce, alla possibilità di dirli, invece cantandoli vedo che vengono ripetuti e raccontati e se ne vanno come sopra ad un tappeto volante... Oppure, un'altra immagine che ho è quella della musica, dei versi che riescono a camminare sull'acqua, a fare questo prodigio: di spostarsi e di fare spostare le persone che li stanno ascoltando. Quando noi sentiamo delle musiche, ecco che ritorniamo nelle età e nei posti nei quali quelle musiche si sono impresse a caldo dentro di noi... La musica è questo strumento di trasporto misterioso, magnifico.
Ho messo delle musiche sotto dei versi che ho composto e una di queste […] (È solamente mio) è sotto dei versi che ho attribuito alla più celebre delle ragazze madri, Miriam/Maria, che una notte di festa in cui si libera del compito gigantesco che le è stato assegnato, contro tutte le condizioni avverse che lo volevano ostacolare, dice delle parole che riguardano il suo rapporto con quella creatura, che in quella notte è solamente sua.
Questa canzone la cantavo insieme a mia nipote Aurora, in qualche serata che abbiamo fatto insieme in un appuntamento che si chiamava “In viaggio con Aurora”, un viaggio musicale che oggi è diventato una specie di concerto ma che allora era un viaggio a due voci tra me e lei. […]
»

In merito alla collaborazione con i tre musicisti e alle prove in sala d'incisione, ha poi dichiarato:
«Le musiche, come dicevo, partono dal basso, in questo caso proprio dagli scantinati. Tutte le musiche sono partite dagli scantinati. Tutti o quasi tutti noi noi da ragazzi ci siamo ritrovati dentro gli scantinati ad arrangiare qualche musica o tentare di ripetere qualche musica che avevamo appena ascoltato e volevamo provare a rifare […].
Totò deformava questa parola, scantinato, in “scandinavio”, in un film dell'epoca che si chiamava “Il medico dei pazzi” […]. Il teatro comico napoletano si è basato sulla deformazione della parola italiana che non si riusciva a dire e che trovava delle assonanze buffe, imprecise, imperfette. […] E così, il teatro napoletano ha saccheggiato questo repertorio di imprecisioni, approssimazioni per difetto. Quindi, da questi “scandinavi” siamo usciti tutti quanti per non tornarci più. Io invece ci sono tornato, quest'anno, cinquant'anni dopo circa, sono tornato nello “scandinavio” di Stefano (Di Battista) che tiene proprio uno “scandinavio” antico, di quelli che stanno sotto, però attrezzati a sala d'incisione... […] Da queste prove, ad oltranza, che ci siamo somministrati là sotto – felicemente per me e più impegnativamente per loro – sono uscite queste musiche. Questa si chiama “musica provata”. […] Era una musica che avevo provato io, da cui ero stato provato io, ma dopo che sono stato dentro lo “scandinavio” con Stefano e i suoi musicisti (tra cui Nicky Niccolai e Lucio Bardi), ho capito che era una musica molto molto provata. E il bello della musica è che la puoi rifare innumerevoli volte senza stancarti […]. Ho capito che per loro la musica è della specie autofertilizzante: produce energia invece di consumarla […]. Dunque, questa musica, è una musica frutto dello “scandinavio” di Stefano... Tutta quanta tranne quella che ho fatto con Gabriele Mirabassi (clarinetto) e Gianmaria Testa (voce e chitarra), che proviene da una nostra frequentazione precedente di diversi anni in cui abbiamo portato in giro delle storie che si aggiravano intorno alla
figura di Chisciotte»

Lo scrittore, congedandosi con il pubblico mediante la messa in musica della poesia di Nazim Hikmet, “Arrivederci, fratello mare” «che riguarda un congedo che questo poeta turco del Novecento, nato appunto sul Mediterraneo, un cittadino del Mediterraneo come noi, dedica al mare», esprime ancora una volta l'idea di fratellanza e di unione comunicata dalla musica, lo strumento universale più potente al di là delle differenze linguistiche e culturali. Un veicolo in grado di far viaggiare sulle ali del tempo e dello spazio chiunque sia in grado di ascoltare.

Pubblicato in: 
GN43 Anno VI 8 ottobre 2014
Scheda
Titolo completo: 

Presentazione del docu-film musicale “La musica provata”, diretto da Emanuele Sana
tratto dal libro “La musica provata” di Erri De Luca (Feltrinelli editore, 2014)

Al termine, intervento musicale di Nicky Niccolai, Stefano di Battista e Lucio Bardi.

Cineteca di Bologna
24 settembre 2014