Casa delle Culture. Un appartamento in città o l'eterno presente

Articolo di: 
Alessandro Menchi
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Dal 14 al 24 febbraio 2013 la Compagnia Ginepro Nannelli ha messo in scena alla Casa delle Culture di Roma lo spettacolo Un appartamento in città o al limite del bosco di Giuseppe Drago, interpretato da Patrizia D'Orsi e Marco Carlaccini (anche regista), arricchendo, dopo La cantatrice calva di Ionesco, una personale lettura del presente fra le note dell'assurdo.

Un sipario di ombre si apre virtualmente su uno spazio minimalista e surreale, squarciato da un fascio di luce che fa emergere la bianca figura di Alba coniugata Terlizzi. La polvere è stata rimossa, dice lei, la casa è ormai pulita. Ma ogni giorno se ne deposita di nuova, senza sosta, sui mobili, sugli oggetti, sul cuore. Suona il campanello. Alla porta Bruno Notte. In posa, quasi fosse un cartonato e col sorriso di plastica. Chi è? Che cosa vuole? Le domande di Alba si perdono in risposte divagatorie, orientate verso il passato di lui, con le quali Bruno pare voler nascondere le sue reali intenzioni. Alba inizialmente lo incalza, ma a poco a poco anche lei si perde nel vuoto (apparente) delle digressioni, in un vortice di parole piene di niente come i piatti che lei sta preparando per alcuni fantomatici ospiti.

Tuttavia la distanza fra i due personaggi a poco a poco si assottiglia. Bruno viene invitato a entrare. Anni fa abitava in quella casa, scopriamo. Lei non ricorda. Non ricorda niente. La sua mente vive in un eterno presente. Bruno, al contrario, sembra un uomo venuto dal passato, in fuga da esso, dal fallimento di vecchie chimere o all'inseguimento di altre. Il punto di contatto fra le due anime è lì, a portata di mano (i due probabilmente un tempo erano amanti), ma i due personaggi lo evitano, girandoci intorno leggiadri come due ballerini, o peggio, come due marionette. Talvolta si toccano, superando quel limite emotivo continuamente evocato dall'anafora che fa da cerniera ai loro discorsi. In quegli attimi il fascio di luce li inonda, li libera. Ma l'autore non vuole. È pericoloso indispettire l'autore. Ed ecco che di nuovo si allontanano, tornando al rassicurante copione vuoto dei convenevoli e alla luce alienante del presente.

Il teatro dell'assurdo, in particolare quello del Beckett di Aspettando Godot, citato apertamente negli squarci metateatrali, traccia le coordinate espressive di un'opera che ha il potere di evocare contesti reali, solidi, vissuti, partendo da una messa in scena svuotata e ipotetica. Lo schermo sullo sfondo arricchisce il sottotesto con sfumature ironiche, ottenute intrappolando frammenti dai dialoghi e giocando con le parole come se fossero oggetti, facendo da contrappunto a una recitazione sfuggente, danzata, in fuga dallo stereotipo da essa stessa incarnato.

La fuga è la vera chiave, una fuga immobile. La fuga dal proprio personaggio come araldo di una quotidianeità inconsistente e alienante, anch'essa a sua volta in fuga dal passato e affamata solo di se stessa.
Si scorge fra le righe di un testo mirabilmente costruito e interpretato, il riflesso nascosto della realtà in cui viviamo, fatta di un eterno presente, senza più memoria né sogni, come l'eterna recita di un copione già scritto, dalla cui rassicurante prevedibilità si può uscire solo violando le regole dell'autore, al di là del limite del bosco e della follia.

Pubblicato in: 
GN16 Anno V 26 febbraio 2013
Scheda
Titolo completo: 

Casa delle Culture di Roma
dal 14 al 24 febbraio 2013
Un appartamento in città o al limite del bosco
Scritto da Giuseppe Drago Compagnia Ginepro Nannelli
Alba coniugata Terlizzi: Patrizia D'Orsi / Bruno Notte: Marco Carlaccini
Regia: Marco Carlaccini
Musiche originali eseguite dal vivo: Claudio Rovagna
Costumi: Antonella D'Orsi Massimo
Immagini in scena e disegno luci: Giuseppe Romanelli
Aiuto Regia: Ludovico Nolfi