Il De Officiis di Cicerone. L'idea antica di dovere

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
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I testi filosofici e letterari della grande tradizione classica offrono la possibilità al lettore di indagare la natura umana per coglierne l'essenza e l'intimo carattere. A pieno titolo appartiene al novero di queste opere il De Officiis (Sui doveri) di Marco Tullio Cicerone, da poco riproposto in una nuova traduzione,  a cura di Giusto Picone e di Rosa Rita Marchese, nella collana Nuova Universale Einaudi.

Il libro, uno dei grandi testi della cultura occidentale, è diviso in tre parti, con le quali l'autore si rivolge a suo figlio Marco, che si trovava ad Atene, nel periodo in cui venne scritto, per seguire le lezioni del filosofo stoico Cratippo. Nella prima parte di questa magistrale e straordinaria meditazione sui doveri e sulla moralità umana, Cicerone segue il modello ideale rappresentato dalla riflessione intellettuale di Panezio, il filosofo stoico che fu un suo costante e fermo punto di riferimento.

Cicerone  instilla nell'animo del figlio Marco la convinzione che senza l'idea della moralità non potrebbero esistere i doveri umani nÈésarebbe possibile offrire una definizione plausibile del sommo bene. L'uomo, essendo dotato di ragione, può indagare per scoprire la verità sulle cose che riguardano la vita interiore della persona e sui fondamenti su cui si basa la società e la convivenza umana.  

L'uomo, in virtù della ragione, percepisce il valore dell'ordine e della giustizia. Il fondamento della giustizia è dato dalla lealtà a cui improntare il rapporto tra le persone nella dimensione civile e sociale. La sapienza e la saggezza, a cui l'uomo tende grazie alla ragione di cui è fornito dalla natura, rendono possibile l'indagine sui fenomeni e, di conseguenza, la conoscenza umana. La moralità, che indica i doveri fondamentali che la persona umana è tenuta ad osservare, rappresenta il valore supremo.

Infatti l'idea del bene discende e trae origine dalla virtù. L'uomo sarà virtuoso quanto più riuscirà ad ispirarsi alla moderazione, alla giustizia, alla temperanza, alla fortezza d'animo. Nella società e nel rapporto con i propri simili due, secondo i pensieri profondi disseminati in questo grande libro, sono le modalità di confronto. Il primo consiste nella discussione e nel dialogo, visto che l'uomo ha la possibilità di comunicare i propri pensieri e giudizi con il linguaggio. Quando il dialogo non è possibile, il ricorso alla violenza e alla guerra diviene possibile e, nelle circostanze più gravi, ineluttabile.

Tuttavia la giustizia impone di creare le condizioni nel rapporto tra le persone perché nessuno con atti violenti o parole offensive e calunniose possa nuocere al prossimo. L'uomo, come ricorda Cicerone in uno dei passi di maggiore profondità di questo libro, non è né saggio né perfetto per natura  al momento della nascita. Per questo occorre ammirare e non trascurare quelle persone che, per la loro condotta di vita  virtuosa e morale, rifuggano da atti disonorevoli, quali la furbizia e l'astuzia per ingannare il prossimo, e siano degni di ammirazione per il rispetto che mostrano verso la patria, i loro simili,  e l'osservanza dei doveri.

Il peggiore vizio, come nota acutamente Cicerone, è rappresentato dall'avidità. Nel libro, che venne scritto un anno prima della morte del filosofo e scrittore romano, vi sono esempi innumerevoli di uomini che hanno approfittato delle cariche pubbliche per trarne vantaggi personali mediante atti di corruzione e concussione. Cicerone, difensore della Res Publica e contrario ad ogni forma di tirannide, come quella instaurata da Giulio Cesare, afferma nel suo libro che chi non possiede denaro lo deve disprezzare, mentre chi con merito o per circostanze fortunate ne ha a disposizione più di quanto glene serva, deve compiere atti di generosità e liberalità verso i suoi simili.

La moralità sulla quale indagare è riposta nella cura interiore e nella riflessione filosofica. Così, grazie allíesercizio della ragione umana, diventa possibile comprendere il valore del Decorum, il decoro,  virtù suprema che impone all'uomo di tenere un comportamento conveniente e ispirato alla misura e alla prudenza.  In ogni situazione l'uomo, consapevole del valore del Decorum, saprà come agire e comportarsi. Infatti i desideri e gli istinti, per evitare errori e consentire alla passioni negative di provocare turbamenti nella vita interiore della persona umana, devono essere sempre ed in ogni caso subordinati alla ragione umana.

Per Cicerone l'uomo, al momento della sua nascita, riceve due maschere. La prima maschera deriva dal fatto che siamo tutti partecipi della ragione e della forza di carattere, grazie alle quali ci distinguiamo dalla bestie e siamo in grado di agire in base ai precetti che derivano dalla moralità e dalla decenza. La seconda maschera

Potremmo aggiungere anche una terza maschera, che dipende invece dal ruolo che ogni persona, in base alle proprie attitudini, decide di esercitare nella società. Ci sarà chi si dedicherà alla vita pubblica, chi allo studio del diritto e della filosofia, chi all'arte dell'eloquenza e della scrittura. La gloria, che spetta a chi è ammirato per i suoi meriti e la sua vita virtuosa, si potrà conquistare sacrificandosi in nome del bene della patria, esercitando nel foro l'arte dell'eloquenza a difesa del valore della giustizia e della  moralità, impegnandosi nella attività belliche per difendersi dai nemici e mantenere in vita le istituzioni su cui la società umana è basata.

Nel secondo libro Cicerone riflette sul valore dei benefici che gli uomini si possono scambiare mediante le prestazioni professionali e gli atti di reciproca generosità e liberalità. Il rispetto tra le persone è fondamentale, poiché in assenza di questo non  può esistere niente di retto né di morale. Nessuno che sia giusto può temere la morte, il dolore, l'esilio, la povertà. Il principio di equità, che promana dalla giustizia, si configura come il fondamento della società umana, poiché di fronte ad esso gli uomini sono tutti eguali, ricchi e poveri, potenti e comuni mortali.

Nel terzo libro, quello che ha un maggiore rilievo filosofico, viene mostrato, in base agli insegnamenti di Socrate, l'intimo legame esistente tra ciò che è morale e ciò che è utile. Non può esistere un'azione utile che non sia anche morale. Il principio di natura, che impone il rispetto della dignità umana e della moralità, è la fonte del diritto civile e del diritto delle genti. È dalla natura umana che deriva la necessità di  creare i fondamenti giuridici su cui si basa la società umana, secondo Cicerone.

Per dimostrare quanto fosse essenziale per i Romani rispettare i patti stabiliti tra gli uomini, in momenti difficili come quelli della guerra, Cicerone racconta la vicenda di Marco Attilio Regolo. Costui venne fatto prigioniero durante una delle guerre puniche dai Cartaginesi. Nella tenda  dei Cartaginesi Marco Attilio Regolo si impegnò a rientrare in Patria e a chiedere la liberazione dei nemici di fronte al Senato. Nel caso non fosse riuscito a fare liberare i nemici cartaginesi, Regolo avrebbe dovuto fare rientro nellíaccampamento nemico.

Una volta a Roma, anteponendo l'interesse della patria a quello personale, dissuase il Senato dal liberare i nemici e rientrò spontaneamente, mantenendo la parola data, nell'accampamento dei Cartaginesi. Questo è un episodio che esemplifica quanto fosse considerato importante il valore dei patti sottoscritti tra gli uomini nel mondo latino ed antico.

Per Cicerone, infine, esistono due diverse forme di bellezza. La bellezza che promana dalla grazia femminile e quella che deriva dalla dignità maschile. Un  libro prezioso per capire la cultura stoica antica e l'eterna e immutabile natura umana.

Pubblicato in: 
GN21 Anno VII 16 aprile 2015
Scheda
Autore: 
Marco Tullio Cicerone
Titolo completo: 

De Officiis. Quel che è giusto fare, a cura di Giusto Picone e Rosa Rita Marchese, Torino, Einaudi (Nuova Universale), 2012. Pp. XXXVI - 370 . € 30,00