Devendra Banhart. Sempre dar retta alla propria fidanzata...

Articolo di: 
Giovanni Battaglia
Devendra Banhart

Devendra Banhart sbarca all'Auditorium Parco della Musica di Roma e la musica cresce, il 20 dicembre 2009, coinvolgendo dal vivo tutto il pubblico. Quando Micheal Gira, il leader degli Swans sentì per la prima volta un concerto di Devendra Banhart al Sushi bar di Los Angeles capì immediatamente il potenziale ed il fascino di quel ragazzo il cui nome era stato suggerito ai genitori da un mistico indiano il 30 maggio del 1981 quando nacque a Houston in Texas.

Prima di vivere a New York e di far parte dell’etichetta di Gira, Devendra aveva girato il mondo come un busker, parte della sua vita l’aveva trascorsa a Caracas con la madre dopo il divorzio dal padre e poi in giro per l’Europa ed infine a San Francisco e Los Angeles dove era avvenuto il suo incontro con la fortuna.

Domenica sera, mentre fuori c’era aria di neve prenatalizia, Devendra ha mandato in delirio tutta la Sala Petrassi dell’Auditorium di Roma, in una delle serate più calde di questo dicembre con il suo stile oscillante tra il folk e il rock psichedelico contraddistinto da testi raffinati e ironici, molto spesso surreali e pieni di riferimenti ad una madre natura ideale e sognata.

La sua voce vibrante, il suo aspetto freak, la sua passione per testi che sembrano delle filastrocche, fanno di Devendra un personaggio assolutamente unico nel panorama della musica contemporanea tanto che sono state coniate nuove definizioni per collocare la sua musica: new hippies, pre-war folk, indie folk, psych folk, new weird america, etc.

Alle nove e mezza i 4 barbuti fricchettoni che si fanno chiamare The Grogs insieme all’altrettanto barbuto Devendra, iniziano un concerto che riflette appieno l’animo caotico e poliedrico di Devendra.

Una prima parte del concerto è corale, dove a turno i vari componenti della band alternano il loro canto (e le loro composizioni) a quello di Devendra, una parte di mezzo più intima con un solo alla chitarra ed una parte finale superelettrificata, con ballate infinite e con invasione di pubblico che finalmente, dopo qualche esitazione, rompe l’etichetta dell’Auditorium per riversarsi attorno al gruppo.

Il carattere dolce e fragile del cantautore, i suoi gorgheggi vocali, le sue incursioni nel folk, nel blues, nel rock, sono sempre imprevedibili ed originali. La sua loquacità e disponibilità a raccontare se stesso, lo rendono adorabile al pubblico: ”Soy un borracito”,- dice quasi per sminuirsi, dopo aver domandato al pubblico se preferisse l’inglese o lo spagnolo per i suoi lunghi escursus tra una canzone e l’altra.

Incontro Rodrigo Amarante, il chitarrista, per una rapida intervista e gli dico che mi è sembrato che l’invasione di pubblico abbia giovato al concerto: “Yeah…non aspettavamo altro, io e Devendra! Appena abbiamo visto che una parte del pubblico ci veniva incontro abbiamo fatto un cenno alla sicurezza perché li lasciasse venire…ci serviva la loro energia.” Infatti la parte finale del concerto è stata la più sentita con richiami a sonorità sixties e psichedeliche.

Rodrigo è brasiliano ed è stato il cantante dei Los Hermanos prima e poi dei Little Joy insieme a Fabrizio Moretti, il batterista degli Strokes. L’altra chitarra stava nelle mani di Noah Georgerson, che è anche il produttore degli ultimi due album di Devendra e che si dichiara entusiasta dell’accoglienza romana.

Praticamente tutto il gruppo è composto da barbuti che parlano correntemente spagnolo: ”ma è una cosa premeditata?”, chiedo a Greg Rogove, il batterista, lui ride: ”non lo so, forse è un caso…però fa parte della miscela che vogliamo esprimere…”, poi prende il nostro block notes e si mette a disegnare per lasciarci un regalo.

Prima di andarmene domando a Rodrigo se è un appassionato di té dato che per tutto il concerto ne beveva in grande quantità da una tazza in fine porcellana: “beh…sai…non sono sicuro che si fossero ricordati che le tazze in porcellana servono per il té…temo che mi ci abbiano messo del whiskey...

Con il passare degli anni lo stile di Devendra ha subito un lenta mutazione: inizialmente in The black babies (un mini album dal sapore quasi gotico), ed in Rejoicing in the hands e Nino rojo i suoi brani erano molto semplici, accompagnati dalla chitarra con registrazioni volutamente low-fi ( i Rem hanno fatto scuola), poi con Cripple Crown sono diventati via via più ricchi e arrangiati. Il suo personaggio è decisamente bizzarro ed eccentrico, al punto da essere paragonato prima a Nick Drake per l’atmosfera intima dei brani, poi a Donovan per l’apertura ai colori ed allo stile hippie, ed a Vashti Bunyan (una cantante folk inglese che debuttò nel 1965 sulla scia di Donovan), poi addirittura a Syd Barrett, mente dei primi Pink Floyd e maestro nel trasportare le proprie visoni nella scrittura.

Banhart non è solo musicista, è un artista che ama esplorare tutti i lati della sua personalità con ogni strumento. I suoi disegni sono stati esposti in musei e gallerie di tutto il mondo, tra cui il MOMA di New York. Ha esposto anche in Italia presso la galleria modenese Mazzoli e le copertine dei suoi dischi sono sempre opera sua.

Perché dare sempre retta alla propria fidanzata? Perché Michael Gira non ci voleva andare al Sushi bar e la sua fidanzata gli comprò per 1 dollaro il cd di Devendra per farglielo ascoltare e solo allora il leader degli Swans si decise ad andare al concerto

Pubblicato in: 
GN5 Anno II 3 gennaio 2010
Scheda
Titolo completo: 

Devendra Banhart
20 dicembre 2009
Sala Petrassi
Auditorium Parco della Musica di Roma

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