Firenze. Il primo Macbeth torna al teatro della Pergola

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Macbeth: apparizione delle streghe atto 1°

Il Maggio Musicale Fiorentino ha scelto di celebrare il bicentenario verdiano  con la rappresentazione di Macbeth, un capolavoro, che ebbe la prima assoluta a Firenze il 14 marzo 184, al Teatro della Pergola. Diciotto anni più tardi Verdi curò una nuova versione che andò in scena a Parigi, quella che normalmente viene eseguita; la riproposizione integrale del primo Macbeth ha quindi il pregio indiscusso della rarità.

Il Teatro della Pergola è un luogo ideale per l'esecuzione del melodramma, in quanto la perfetta acustica e la grandezza idonea permettono di godere appieno la musica e l'azione teatrale. Le due versioni, al di là dell'entità dei rimaneggiamenti, sono diverse in quanto la prima versione è incentrata su Macbeth, la Lady non compare nel terzo atto e, diversamente da Shakespeare il finale è con il protagonista che muore in scena.

Nella versione successiva emerge come principale personaggio Lady Macbeth, per cui Verdi scriverà una straordinaria aria “La luce langue”che interverrà alla fine delle apparizioni del terzo atto e il culmine drammatico del melodramma sarà la scena del sonnambulismo.

La versione del 1847 è un'opera di transizione e di cambiamento, un'opera senza trama amorosa e con il tenore che ha una parte secondaria, per cui Verdi musicista e drammaturgo creò nuove soluzioni musicali ottenendo un melodramma drammaturgicamente compatto senza pause di azione. Fin dal preludio la musica delinea il carattere cupo del dramma e anticipa il tema dell'entrata delle streghe e della scena del sonnambulismo. Nel duetto in cui Macbeth e Banco riflettono, ciascuno per conto suo, sul vaticinio delle streghe, già si comprende come Verdi abbia affinato la sua capacità di delineare i caratteri e le situazioni, così come la formidabile entrata della Lady; anche se la vocalità è belcantistica e affine a a quella di Abigaille, quale differenza nell'abilità di denotare il personaggio,

Il "monologo del pugnale", che precede il regicidio, anticipa il "Cortigiani vil razza dannata" di Rigoletto, è un recitativo innovativo anche nella strumentazione: flauto, corno inglese, clarinetto, corni, fagotti, timpani e archi in sordina creano un'atmosfera di angosciosa e cupa tensione. La scena del sonnambulismo è forse la più stupefacente innovazione e anticipa il Verdi maturo; il musicista nell'orchestrazione prescrisse la sordina agli archi, eliminò i fiati più brillanti e mise clarinetto e corno inglese come strumenti obbligati, ottenendo un'atmosfera di tetra e angosciosa tensione, una scena di follia completamente diversa dalla tradizione  da cantarsi sempre sottovoce, salvo qualche frase a voce spiegata,  prevalentemente scritta nel registro grave del soprano, salvo il re bemolle finale indicato con un fil di voce.

Nella recita del 22 giugno scorso  la parte del protagonista è stato sostenuta dal bravo, anche come attore, Luca Salsi, che già avevamo ascoltato a Jesi nella versione del 1865. Salsi ha affrontato con efficace disinvoltura questo ruolo arduo, vocalmente diverso, scritto su misura per il grande baritono Varesi, eroico e con una tessitura più ampia nel registro acuto, si ricordi la  potente cabaletta del terzo atto dopo le apparizioni, “Vada in fiamme”, che fu poi soppressa nell'edizione del 1865.

Tatiana Serjan è stata una convincente Lady Macbeth, sia teatralmente che vocalmente, la sua ampia tessitura soprattutto nel registro grave l'aiuta ad affrontare questo ruolo. L'esecuzione della scena del sonnambulismo è stata la parte più riuscita sotto tutti i punti di vista, ha seguito le ardue indicazioni verdiane cantando il re bemolle finale con il fil di voce prescritto. Meno convincente è stata nella veemente e feroce cabaletta di apertura per la mancanza di scioltezza nelle agilità e di controllo degli acuti. Il Banco di Marco Spotti è stato efficace, bene anche il Macduff di Saimir Pirgu e il Malcolm di Antonio Corianò, bene orchestra e coro sotto la direzione di James Conlon, che non ci ha pienamente convinto, in quanto ci è parsa poco teatrale, non evidenziando opportunamente l'azione e i caratteri.

Veniamo ora alla regia ultima nella trattazione ma non per importanza, in quanto la regia dell'edizione fiorentina è stata affidata a Graham Vick. Il potere e la spasmodica ambizione che attanaglia chi vuole impossessarne è un problema di ogni epoca, in questo caso Graham Vick ha portato l'azione nella Scozia di oggi dove si svolge una lotta feroce politica, con una regia con luci e ombre, soluzioni interessanti e affascinanti e altre più discutibili. Sicuramente è stata una regia accurata che ha richiesto un lungo lavoro di preparazione, non solo con i cantanti, ma anche con il coro, soprattutto quello femminile che ha interpretato le streghe, onore al merito delle bravissime coriste che hanno cantato benissimo, interpretando efficacemente le inquietanti creature fantastiche.

Le streghe, secondo le intenzioni del regista, rappresentano il lato trasgressivo e inconfessabile dei pensieri di Macbeth, come lo abbia reso visivamente lo si può vedere la fotografia dei vestiti, poi ci sono i comportamenti: consumano droghe e hanno atteggiamenti molto spregiudicati. A chiusura della loro prima apparizione è una di loro a posare sul cuscino della Lady la fatale lettera, un gesto pregno di significato.

La seconda apparizione si svolge nella camera di Macbeth, è dalla sua mente che scaturiscono, i simboli legati agli avvenimenti precedenti: l'altalena spinta da Banco su cui era il figlio, che i due maledetti coniugi guardavano attraverso una vetrata mentre parlavano del loro assassinio, il lavabo, pieno di sangue, in cui Macbeth si era lavato dopo l'efferata uccisione del re, l'albero di Natale della sera dell'omicidio del re Duncano, che aveva regalato una corona al figlio di Banco. Quella stessa corona che le streghe, che appaiono nell'incubo di Macbeth, si passano l'una con l'altra irridendolo.

Non abbiamo compreso perché Macbeth spari alla dama che viene ad annunciare il suicidio della Lady e anche la foresta di Birnam che si muove realizzata con i sedili verdi dell'auto stazione ci è sembrata un po' debole come idea Non c'è stata nessuna apparizione del fantasma di Banco, è un incubo che vede solo Macbeth, è una scena a cui Verdi da una grande rilevanza, ma né la regia né la direzione d'orchestra l'hanno resa in tutta la sua drammaticità.

La proposta di un capolavoro come il primo Macbeth, la cui esecuzione è rarissima, da parte del Maggio Musicale Fiorentino è stata una degna celebrazione del bicentenario verdiano, un esempio encomiabile e quasi unico nel panorama italiano, che si è limitato alla riproposizione dei titoli noti, ignorando le opere meno conosciute e degne di attenzione, o quelle versioni del tutto sconosciute, come il primo Don Carlos, con i balletti e  senza i tagli, imposti per rientrare nei tempi previsti dall'Opéra di Parigi. 

Pubblicato in: 
GN34 Anno V 2 luglio 2013
Scheda
Titolo completo: 

Firenze - Teatro della Pergola

Macbeth
melodramma i quattro atti
di Francesco Maria Piave e Andrea Maffei
Musica di Giuseppe Verdi (versione 1847)
Edizione completa della prima versione 1847
Revisione sull'autografo a cura di David Lawton
Editore Casa Ricordi Milano

Direttore James Conlon
Regia Graham Vick
Scene e costumi Stuart Nunn
Luci Giuseppe Di Iorio
Coreografia Ron Howell
 
Macbeth Luca Salsi
Banco Marco Spotti
Lady Macbeth Tatiana Serjan
Dama della Lady Elena Borin
Macduff Saimir Pirgu
Malcolm Antonio Corianò
Un medico Gianluca Margheri
Un domestico Alessandro Calamai
Un sicario Carlo Di Cristoforo
Prima apparizione Giovanni Mazzei
Seconda apparizione Sara Sayad Nik
Terza apparizione Lorenzo Carrieri
 
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini

Nuova produzione

Il Teatro del Maggio dedica la produzione alla memoria del Maestro Bruno Bartoletti, grande musicista e direttore d'orchestra, artefice di straordinari eventi musicali che hanno segnato la storia del Maggio Musicale Fiorentino.