Galleria d'Arte Moderna. László Moholy-Nagy, arte e tecnologia

Articolo di: 
Giulio de Martino
László Moholy-Nagy

Figura attualissima dell’evoluzione artistica del Novecento è l’artista ungherese László Moholy-Nagy (1895-1946). Grazie al «mercato comune» dell’arte apertosi tra i musei europei, possiamo vedere, alla Galleria di Arte Moderna - in via Crispi a Roma: dal 28 novembre 2019 al 30 marzo 2020 - una ricca mostra di sue opere intitolata: “La rivoluzione della visione. Moholy-Nagy e i suoi contemporanei ungheresi”. L’ha curata Katalin Nagy T., mentre Arianna Angelelli e Claudio Crescentini hanno curato la sezione “Artisti ungheresi a Roma negli anni ‘30” con opere provenienti dalla collezione della GAM.

Moholy-Nagy fu – come scrisse, ne L’arte moderna 1770-1970, Giulio Carlo Argan - «il più moderno degli artisti della prima metà di questo secolo, cosciente della crisi della professione artistica in un’epoca caratterizzata dall’egemonia industriale e dalla conseguente trasformazione di tutto il sistema del lavoro, della produzione, del consumo».  Spaziò in svariati campi, dalla pittura all’architettura, dalla scenografia alla fotografia, dal cinema allo studio dello spazio fisico, realizzando disegni e dipinti, fotografie e sculture, installazioni meccaniche e luminose. Inoltre l’artista ungherese si impegnò con intensità nell’educazione all’arte e al design alla scuola d’arte del Bauhaus di Dessau (1923-1928) e poi alla School of Design di Chicago (dal 1938).

La storiografia riconosce a Moholy-Nagy un ruolo analogo a quello di De Stijl e del Bauhaus nell’attribuire ai mestieri dell’arte una nuova funzione dentro il contesto della civiltà moderna aggiungendo valore estetico agli oggetti di produzione seriale. Al Bauhaus di Walter Gropius (1883-1969) era stata abolita la distinzione classicista fra arti belle e arti meccaniche (o applicate), erano svaniti i confini tra artigianato, scultura e pittura che venivano unite nel lavoro dell’architettura e del design. Siamo sulla via che dal futurismo e dal costruttivismo avrebbe portato all’Industrial Design e all’orizzonte aperto delle arti visuali degli anni ’60 e ’70: l’arte analitica, l’optical, l’arte cinetica.
Gli anni ’30 del Novecento hanno, in questo, rappresentato un vero e proprio crocevia del secolo. Nel mentre che si affievoliva lo slancio estetico e culturale delle Avanguardie storiche e si manifestavano le pulsioni ideologiche e nostalgiche del “ritorno all’ordine”, in quel momento le arti visive intrapresero una via decisamente nuova, che avrebbe avuto grande rilievo nella seconda parte del Novecento: quella dell’ibridazione di arte e tecnologia, di forme estetiche e società di massa.

Nella mostra della GAM, in esclusiva per l’Italia, si vede una selezione di dipinti, fotografie e grafiche originali di Moholy-Nagy che attraversa un arco di tempo che va dagli anni Dieci agli anni Quaranta. Ad essa si aggiungono tre suoi filmati che uniscono alla visualizzazione di tipo meccanico della fotografia e della cinepresa l’esplorazione di una dimensione estetica sganciata dalla figurazione e dalla descrizione realistica, incentrata sulla cognizione astratta e sulla percezione quantitativa di forme, suoni e tempi. Molti autori hanno collegato le ricerche sulla fotografia astratta e sulla visualizzazione di materiali industriali di Moholy-Nagy alle ricerche della Gestaltpsychologie e della fenomenologia della percezione.

L’esposizione romana esalta l’originalità di Moholy-Nagy rispetto ai suoi contemporanei. La selezione di artisti dell'Avanguardia ungherese, fra Espressionismo e Bauhaus, provenienti dal “Museo Déri” di Debrecen (collezione Antal-Lusztig) e dal “Museo della Fotografia Ungherese” di Kecskemét, presenta opere di Róbert Berény, Ede Bohacsek, Sándor Bortnyik, Lajos Kassák, Ödön Márffy, János Mattis Teutsch, József Nemes Lampérth, Lajos Tihanyi, Béla Uitz. Mentre la sezione "Budapest a Roma. Artisti ungheresi nella Capitale fra le due guerre", racconta del rapporto di interscambio artistico fra l’Italia e l’Ungheria in un momento di alta espressione dell’Avanguardia europea, ma anche di frizione con i partiti totalitari giunti al potere e con le diverse politiche nei confronti delle arti. Fra gli artisti esposti, Istvan Csók, Ferenc Sidló, Béla Iványi Grünwald, Aba Novák, Paolo Molnár, István Réti. Nella varietà dei linguaggi pittorici – che vanno dall’espressionismo all’astrattismo, dall’impressionismo all’arte sacra – si nota un’artisticità che resta nei bordi della tela e quindi della pittura, mentre Moholy-Nagy seppe rompere la compartimentazione dei linguaggi e divergerne con quell’interdisciplinarità che prefigurava le arti visive del secondo Novecento. Si vedono anche alcuni filmati del biennio 1932-1933, provenienti dall’archivio dell’Istituto Luce-Cinecittà, girati durante le mostre degli artisti ungheresi a Roma.

A testimoniare dei rapporti fra gli artisti italiani e il mondo del Bauhaus, sono in mostra alcuni documenti del Fondo Prampolini del “Centro Ricerca Documentazione Arti Visive” della Soprintendenza Capitolina. Tra questi, si trovano due lettere autografe inviate da Walter Gropius a Enrico Prampolini nel 1922 e 1923 da Weimar e una lettera autografa inviata da Moholy-Nagy a Prampolini, ancora da Weimar, nel 1924.

La geniale e versatile abilità di László Moholy-Nagy nel campo del disegno pubblicitario, dell’arte tipografica e del design, congiunta alla costruzione di opere fotografiche e meccaniche prive di finalizzazione economica, con il plexiglas e la luce, può essere interpretata sia come una nuova tensione verso un’«artisticità totale» sia come la stimolante capacità adattiva della cultura e dell’arte al cambiamento del mondo sociale potenziato dalle tecnologie. Un campo di mutamenti progressivi che appare vivo e suggestivo al principio del nostro Millennio investito dalla globalizzazione e dalla connettività digitale.

Pubblicato in: 
GN9 Anno XII 2 gennaio 2020
Scheda
Titolo completo: 

La rivoluzione della visione. Verso il Bauhaus. Moholy-Nagy e i suoi contemporanei ungheresi
Galleria d’Arte Moderna di Roma, Via Francesco Crispi, 24.
28 novembre 2019 – 15 marzo 2020

Promossa da: Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Accademia d’Ungheria in Roma.

Organizzazione: Zètema progetto Cultura. Museo Déri di Debrecen, Museo della Fotografia Ungherese di Kecskemét e Istituto Luce-Cinecittà.

A cura di Katalin Nagy T., Arianna Angelelli, Claudio Crescentini (sezione “Budapest a
Roma”)