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Harry Potter e il Principe Mezzosangue. La palpabile percezione del male
Ambientazione sempre più gotica. Colori sempre più lividi. Ed una consapevolezza del male che circonda il mondo magico, sempre maggiore. Di questo male ben percepibile, palpabile, è intriso tutto l'ultimo film della saga, Harry Potter e il Principe Mezzosangue.
Qui il dualismo shakespeariano tra bene e male viene spesso rimarcato dallo stesso regista, David Yates, in modo del tutto visivo, cadendo di tanto in tanto nella trappola dello scontato. Yates sceglie di rendere alcune scene in un’ottica particolarmente dark, con colori corvini, a volte persino col seppia (molto simile al Seven di Fincher, 1995, in cui venne tolto il nitrato d’argento alla pellicola) per conferire maggior realismo e credibilità ai “cattivi”, mentre “i buoni” possono godere, per quasi tutto il film, della bellezza di paesaggi mozzafiato, di camere accoglienti, di focolari domestici pieni di persone amiche. Solo verso la fine del film tale barriera si dovrà infrangere, e tutti si troveranno immersi nella più totale oscurità.
Harry (Daniel Radcliffe), Ron (Rupert Grint) e Hermione (Emma Watson)sono tornati a Hogwarts, ma nulla è più come prima. Il mondo magico ha finalmente accettato il ritorno di Lord Voldemort, il potentissimo mago oscuro, dopo aver fatto finta per quasi un anno che non esistesse.
Uscito da un anno di purgatorio, Harry è di nuovo un eroe, il Prescelto, come dicono i giornali. Nessuno lo vede più come un ragazzino egocentrico in cerca di attenzioni, ma come un uomo: “una voce solitaria che gridava la verità”. Ma al di là di ciò che crede la gente, Harry è davvero maturato. Sirius Black (Gary Oldman), il suo padrino, è morto per mano di Bellatrix Lestrange (Helena Bonham Carter), una Mangiamorte, il braccio destro di Voldemort, e adesso Harry vuole vendetta. Giocando su questa sua debolezza, Bellatrix e gli altri Mangiamorte cercheranno di attirarlo nelle situazioni più pericolose, minacciando anche la vita dei suoi amici. E ora che lo scontro è inevitabile, bisogna combattere o morire. Ma, da entrambe le parti, per vincere bisogna essere disposti a vedere sacrificati coloro che si amano. E si rischia di rimanere soli.
Harry non sembra poter correre questo rischio: ci sono Ron e Hermione, i suoi fedelissimi amici, che lo spalleggiano nelle situazioni più difficili. Pur non prendendo spesso parte attiva nei dialoghi, rimangono sempre sullo sfondo, fanno da cornice all’ambientazione, si muovono ed interagiscono con lo spazio silenziosamente e contribuiscono a stemperare l’atmosfera, altrimenti eccssivamente pesante, con alcune note del più classico umorismo british. C’è anche Ginny (Bonnie Wright); il rapporto tra lei ed Harry muterà particolarmente in questo nuovo capitolo anche alla luce della maturazione di entrambi i personaggi. Tuttavia il film non è incentrato su una storia d’amore, benché Yates sembri tenere molto a tale aspetto, quasi di più della Rowling. Ma anche all’interno della storia d’amore si possono scorgere gli strascichi della crudele realtà che circonda le mura di Hogwarts.
Entra anche in gioco un nuovo personaggio: il Principe Mezzosangue, misterioso possessore di un libro di pozioni che Harry ha accidentalmente rinvenuto. Grazie ai continui suggerimenti scritti in calce e ai bordi delle pagine, gli si apre un mondo di incantesimi oscuri ed ignoti ai più, che tuttavia lo salveranno in più di una situazione. Per esigenze tecniche, la storia del principe non è ben approfondita e, pur appassionando molto, in alcuni punti risulta poco chiara.
E poi, naturalmente, c’è Silente (Sir Michael Gambon), il grande preside della scuola, con le sue apparizioni talvolta rassicuranti, talvolta drammatiche e tristemente risolutrici. Il limpido sguardo azzurro del Silente che eravamo ormai abituati a vedere nei cinque film precedenti, diviene man mano in questo sesto capitolo più cupo, più sofferente e più consapevole di ciò che ha previsto la sorte per lui e per Harry.
Nel complesso risulta un’opera non sempre esemplare per chiarezza, spesso si notano evidenti ed apparentemente ingiustificati sfasamenti rispetto al libro, ed alcune scene avrebbero potuto essere davvero approfondite meglio. Ad esempio, le scene del Quidditch (il popolarissimo sport dei maghi), pur essendo altamente spettacolari sia a livello grafico sia coreografico, avrebbero potuto essere più lunghe e meglio inserite. Rimane qualche rammarico per l’assenza del formidabile duello finale a Hogwarts tra i Mangiamorte e i membri dell’Ordine della Fenice.
Al contrario, il ritratto di Draco Malfoy (Tom Felton), personaggio che gioca un ruolo chiave nella vicenda, lascia piacevolmente sorpresi per la raffinatezza della cornice e per la cura dei dettagli, oltre che per una profonda introspezione psicologica, che però non prescinde dai classici modelli stereotipati del “cattivo”, lasciando anche allo spettatore una discreta libertà d’interpretazione personale. E, se si guarda bene, emerge la figura di un ragazzo tormentato da un fardello troppo pesante da portare, costretto a sacrificarsi per proteggere i suoi familiari; in fondo, non è troppo diverso dal suo eterno rivale, Harry. Un Harry diverso, più risoluto, a volte un po’ più cinico, ma che, sappiamo tutti, resterà sempre “l’uomo di Silente, fino in fondo”.