Hilaire Belloc. Tradurre coltivando la terra di un altro idioma

Articolo di: 
Fabrizio Andreoli
Hilaire Belloc

Lo scrittore  Tommaso Landolfi (eccellente traduttore di Puskin, Gogol’, Novalis e i fratelli Grimm) scrisse che tradurre un’opera letteraria significa “riprodurre non solo il piglio, ma persino le incongruenze, i costrutti faticosi, le ridondanze, i luoghi comuni, le audaci o, se si vuole, arbitrarie temporazioni, la punteggiatura. Insomma tutte le più minute particolarità; a costo d’ affaticare in qualche luogo il lettore.” (1)

E nella nostra epoca globalizzata come si traduce una poesia o un accordo commerciale? Per rispondere alla domanda  non citerò un guru delle moderne tecnologie o un maìtre à penser nostrano. Sarà sufficiente leggere il saggio di Hilaire Belloc dedicato alla traduzione. Il breve saggio Sulla traduzione (a cura di Elena Olivari, Morcelliana, 2009, pp.57, euro 7), è degli anni Trenta.

Prima cosa: chi era Hilaire Belloc? Egli nasce  il 27 luglio 1870 a La Celle vicino a Parigi, da padre francese, avvocato, e madre inglese, appartenente all’alta borghesia. Storico di formazione e scrittore prolifico nei generi più diversi: dalla narrativa alla poesia, dalla tecnica militare ai romanzi polizieschi, dalla saggistica su temi politici alle biografie di personaggi storici (2). Polemista di gran classe, cattolico liberale (3) e fraterno amico di G.K.Chesterton.

Sulla traduzione è una sorta di  breviario sulla nobile e difficile arte del tradurre. Partendo dalla sua esperienza di traduttore, Belloc pone in rilievo l’aspetto pratico e spirituale della traduzione. Il polemista anglo-francese reclama maggiore attenzione e rispetto (in termini culturali ed economici) all’attività che svolge il traduttore. Edith Grossman, nota traduttrice americana, nel suo recente lavoro Why Translation Matters, sembra riprendere la tesi di Belloc. Grossman lamenta la scarsa attenzione che la critica riserva all’opera del traduttore: ”Chi traduce – scrive l’autrice americana- deve sentire la versione originale nel modo più completo e profondo possibile. Le traduzioni alla lettera ma goffe, sono manifestazioni di approcci fallimentari. ”(4)

Belloc argomenta che la traduzione è una parte di scrittura come una qualsiasi composizione letteraria e che i buoni traduttori bisogna tenerseli stretti, poiché sono merce rara come i poeti. Ma la traduzione non si esaurisce nelle prova letteraria. Essa è fondamentale in molti ambiti: nelle relazioni tra nazioni compie un’attività funzionale alla religione. “La traduzione è stata - afferma Belloc - un elemento essenziale per il mantenimento della religione tra gli uomini, e poiché la religione di una comunità, cioè i suoi costumi consacrati riguardo alla moralità e alla condotta, è il fattore caratterizzante di quella comunità, la traduzione si colloca proprio alle radici della società”. (5)

Se riflettiamo sulla condizione attuale della nostra comunità europea (nel settore economico-commerciale e dei diritti umani), il pensiero di Belloc appare sotto una luce premonitrice. Egli scrive: “Abbiamo bisogno della traduzione oggi in Europa più di quanto ne avessimo prima. Abbiamo bisogno di essa materialmente nel soddisfare le esigenze della vita comune, perché la scoperta è comune a tutta la nostra cultura e non è di una sola area. Abbiamo bisogno di essa spiritualmente, nella diffusione e nel confronto di sforzi culturali separati più di quanto ne avessimo bisogno prima, ad ogni modo prima degli ultimi secoli.” (6)

Verso la metà del libro, Belloc introduce il lettore (potenziale traduttore) negli aspetti pratici dell’attività. E, novello Virgilio, presenta le regole per la traduzione in versi e in prosa. O meglio, le regole base per svolgere nel migliore dei modi l’attività della traduzione. Gli ambiti di riferimento debbono essere due: “Il primo è quello dell’ istruzione-traduzione usata per trasferire fatti in un’ altra lingua (un manuale, per esempio). Il secondo è la traduzione di una grande narrazione o di un poema. Il primo richiede l’esattezza della resa, il secondo richiede le stesse qualità con un tocco in più, qualcosa di indefinibile.”

Il passaggio successivo che l’autore indica è quello di sentirsi (il lettore-traduttore) libero da limitazioni meccaniche (ad esempio, di spazio e di forma). Allo stesso tempo, la padronanza di una lingua straniera deve essere al di là del significato meramente letterale. “Questo perché” - mette in guardia Belloc – “non ci sono cose tali da essere degli equivalenti identici tra due termini in due lingue diverse.”  Ciò che vale quando ci si accinge a tradurre qualunque materia è l’atmosfera della parola. Belloc cita la parola terre in francese. Il termine connota in una lingua un tipo di paesaggio, in un’altra un altro. Tuttavia, la pratica con un idioma straniero può mettere in difficoltà il traduttore tra l’idioma straniero e il suo.

La difficoltà che rileva Belloc è nella mescolanza tra i due idiomi. La mescolanza corrompe le proprietà dei due idiomi. Così si produce una pessima traduzione. Belloc procede nel suo cammino e passa in rassegna tutti i rischi del mestiere. La traduzione deve essere di maggiore lunghezza rispetto all’ originale. Non bisogna arrancare frase per frase, parola per parola. Il traduttore deve sempre chiedersi quale sia il contenuto globale che egli deve rendere. E qui Belloc si imbatte in un ferro del mestiere: il dizionario. “Fare affidamento continuamente- osserva l’ autore- al dizionario rivela una conoscenza insufficiente della lingua originale e una scarsa fiducia in sé stessi.I dizionari sono compilati da traduttori e ogni traduttore è un essere imperfetto.La tua esperienza professionale,quando ne sei sicuro,è una guida sufficiente.”

Cosa non fare? Non tradurre l’intraducibile e non cedere alla tentazione di abbellire il testo. “L’essenza della traduzione- sostiene Belloc- è di far risorgere una cosa straniera in un corpo nativo; non rivestirlo di abiti nativi ma il dargli carne ed ossa nativi.”

Questa guida alla traduzione forse risulterà scontata e fuori tempo. Qualcuno obietterà che parla di cose che si conoscono e che i moderni mezzi tecnologici ci consentono di controllare in qualsiasi momento. Credo che sia un testo valido e attuale, scritto con la testa e con il cuore. Per rimanere in tema, rivolgo un appello: chi può spiegarmi per quale motivo la traduzione del titolo di un film è bistrattata e non rispecchia mai il titolo originale? Ma probabilmente lì entriamo in un altro ambito, quello del marketing, ovvero della vendita di un prodotto culturale, a scanso di traduzioni.

(1)N.Gogol’, Racconti di Pietroburgo, Giulio Einaudi , 2001, p.198
(2)H.Belloc , Sulla traduzione,Editrice Morcelliana , 2009 , p.6
(3)M.Dotti , La lingua- ombra del buon traduttore, Il Manifesto , 3/12/09 , p.12
(4)T.Parks , Tradurre bene: è una parola!, Il Sole 24 Ore , 18/4/10, p.4
(5)H.Belloc, Sulla traduzione,…2009, p.14
(6)H.Belloc, Sulla traduzione,…2009, p.17

Pubblicato in: 
GN14 Anno II 18 maggio 2010
Scheda
Autore: 
Hilaire Belloc
Titolo completo: 

Sulla traduzione
a cura di Elena Olivari
Ed. Morcelliana, 2009
pp.64 € 7