Hyperion di Maderna/Hölderlin. L'uomo è un dio quando sogna, un mendicante quando riflette

Articolo di: 
Giuseppina Rossi
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Io non ho nulla di cui possa dire “è mio”. Lontani o morti sono i miei cari, più nessuna voce; il mio compito sulla terra è finito […]. Oscuramente, solo, vago per la mia patria (Ich habe nichts, wovon ich sagen mochte, es sey mein eigen. Fern und todt sind meine Geliebten, und ich vernehme durch keine Stimme von ihnen nichts mehr. Mein Geschaft auf Erden ist aus [...]. Ruhmlos und einsam kehr' ich zurück und wandre durch mein Vaterland).

La voce registrata, poco più di un sussurro, che proviene dagli altoparlanti posizionati sul palcoscenico dell’Aula Magna de La Sapienza - ma che in realtà sembra arrivare da chissà quale mondo lontano -  è quella di Carmelo Bene; il testo è tratto dall’Iperione di Friedrich Hölderlin, grande poeta e scrittore protoromantico tedesco, morto solo e folle rinchiuso in una torre sul fiume Neckar.

L’uomo è un dio quando sogna, un mendicante quando riflette (Ein Gott ist der Mensch, wenn er träumt, ein Bettler, wenn er nachdenkt).

È l’introduzione, straniante, di grande tensione emotiva, dell’Hyperion di Bruno Maderna, proposto per la stagione dell’Istituzione Universitaria dei Concerti in una nuova versione messa a punto dal direttore d’orchestra Marcello Panni alla guida dell’Orchestra Sinfonica abruzzese coadiuvata dall’ensemble di percussioni Ars Ludi e dal coro Ready-Made Ensemble in un concerto che possiamo definire, senz'esagerazione, memorabile.

Innanzitutto perché rende doveroso omaggio nel centenario della nascita a Bruno Maderna (Venezia, 1920-Darmstadt, 1973) che – va ricordato -, insieme a Luigi Nono e Luciano Berio, è stato il compositore italiano che ha dato il maggior contributo allo sviluppo e alla sperimentazione del linguaggio musicale del secondo dopoguerra. La storia della genesi dell’Hyperion, definita dall’autore “lirica in forma di spettacolo”, è complessa e affascinante. Il testo è in gran parte costruito sull’assemblaggio di poesie e frammenti dell’omonimo romanzo di Hölderlin, scritto tra il 1792 e il 1799, e riconosciuto come un manifesto esemplare del mito romantico della lotta tra l’individuo – l’artista – e il mondo esterno, ostile e impenetrabile. Si tratta di un romanzo epistolare, una sorta di biografia interiore, dove Iperione scrive all’amico Bellarmino dei propri ideali, della guerra combattuta in Grecia, dell’amore per Diotima, del sentimento panteistico per la Natura, fino al rientro disilluso in Germania.

Negli anni ’60 proprio il mito di Iperione diventa centrale nella poetica di Maderna come simbolo della condizione di solitudine e incomunicabilità dell’artista nel mondo contemporaneo. E infatti Hyperion è una delle partiture più importanti del compositore veneziano, perennemente work in progress, esempio di “opera aperta” (Umberto Eco) o “aleatoria”, che prevede cioè la casualità (l’alea appunto) non nell’invenzione delle note ma nella possibilità di combinare in maniera sempre differente i clusters e i frammenti orchestrali e solistici che la compongono.

Alla IUC, dunque, l’esecuzione proposta da Marcello Panni è una delle tante possibili versioni di Hyperion. Differente dalla prima versione eseguita alla Fenice di Venezia il 6 ottobre 1964, esplicitamente destinata alla scena, ma diversa anche dalle successive rielaborazioni, alle quali lo stesso Maderna lavorò per riadattare la partitura in forma di suite orchestrale per voce recitante, flauto, oboe, coro, orchestra e orchestra registrata, che lui stesso diresse a Berlino nel 1969.

Proprio il “piano esecutivo” berlinese, dopo la morte del compositore, fu preso come modello per l’esecuzione dell’Hyperion all’Accademia di Santa Cecilia del 1980, sempre sotto la direzione di Marcello Panni, con la voce recitante di Carmelo Bene il quale, per l’occasione, cambiò la disposizione dei frammenti del romanzo di Hölderlin, aggiunse altre liriche del poeta tedesco e ne curò lui stesso la traduzione dal tedesco. Non c’è da stupirsi di questa partecipazione di Bene alla ricombinazione della partitura di Maderna, poiché l’idea di teatro del drammaturgo salentino scomparso nel 2002 è sempre stata molto legata alla musica e incentrata sull’utilizzo della voce, che considerava un vero e proprio strumento musicale.

La voce in absentia di Bene che abbiamo ascoltato in questa nuova ripresa della suite maderniana alla Sapienza è il frutto di un lavoro meritorio di selezione, digitalizzazione e isolamento dal contesto dell’edizione originale ad opera di RaiCom, dopo il ritrovamento di un nastro contenente l’esecuzione dell’Hyperion per un'edizione discografica della Fonit Cetra mai andata in porto. Eccolo dunque Carmelo Bene, “il qui presente-assente” – come amava definirsi  – interagire con la vasta compagine orchestrale (più di ottanta elementi), diretta con grande sicurezza da Marcello Panni.

Dopo l’Introduzione, Messaggio è la prima delle sette parti che in un unico fluire, senza soluzione di continuità, compongono la suite. Viene subito esposto il tema dominante dell’opera, quello del destino di solitudine del poeta-Wanderer: “Sarai solo – dice Adamas ad Iperione – come la gru dimenticata dalle sorelle al freddo mentre vanno a cercare lontano la primavera” e a nulla varrà la ribellione del flauto tra veloci arabeschi e acuti svettanti. Ma dove va l’oboe musette nel seguente Solo tra i calangori dell’orchestra? Sembra emergere tra i suoni acuti come un naufrago con la testa tra le onde, ma solo per accompagnare lo struggente commiato di Iperione a Diotima tratto da L’Addio (der Abschied), una delle più belle liriche di Hölderlin:

“Diotima, ti vedrò un giorno, forse, dopo tanto tanto tempo, a desìo sfiorito, gli occhi chiusi; ce ne andremo guidati da un discorso, sereni, a somiglianza di felici, (…) ti guarderò stupito, sentirò voci d’antico, un canto dolce” (Hingehn will ich. Vieleicht seh’ ich in langer Zeit/Diotima! dich hier. Aber verblutet ist/Dann das Wünschen und friedlich/Gleich den Seeligen, fremde gehn [...] Staunend seh’ ich dich an, Stimmen und süßen Sang).

Subito dopo, nella terza sezione, Psalm il coro, sul testo di “Y Después” di García Lorca, emerge da un episodio orchestrale concitato, seguito da un crescendo delle percussioni, in un clima quasi di violenza sonora, che sembra placarsi nel successivo Klage per voce e oboe, una sorta di oasi, sospesa tra la nostalgia del canto dell’oboe e il racconto di Iperione: “Questa Grecia ha il colore del mio cuore, dove guardi è sepolta una gioia…”.

Ma non c’è tempo in questo inferno in terra per la poesia e il canto, e nella sezione successiva, Battaglia – inserita qui ex novo rispetto alla partitura berlinese del 1969 - l’orchestra, rinforzata da altri frammenti orchestrali preregistrati, riprende il suo assalto furioso, come nei precedenti movimenti, punteggiando il canto del solista (ora il flauto, ora l’oboe, rispettivamente suonati da strumentisti eccellenti come Gianni Trovalusci e Christian Schmitt) con la voce caotica e disumana della realtà esterna che aggredisce la vita del poeta. 

C’è tempo ancora per un episodio corale, uno Schicksalslied (Canto del destino) che medita sugli affanni dei mortali in contrasto con la pigra beatitudine degli dèi che spendono il loro tempo eterno “come neonati che dormono”, prima dell’Aria finale, struggente pagina sui versi dell’Elegia dal Lamento di Menone per Diotima affidata al flauto, strumento suo monodico come l’oboe, al quale una volta di più , come ebbe a scrivere Massimo Mila nel saggio sul compositore veneziano, “Maderna affida l’impresa disperata  di cantare tra le secche del post-webernismo”.
Grande e niente affatto scontato successo di pubblico, in una Aula Magna de La Sapienza piena in ogni settore.

Pubblicato in: 
GN16 Anno XII 20 febbraio 2020
Scheda
Titolo completo: 

Istituzione Universitaria Concerti- Sapienza Università di Roma
Bruno Maderna
Hyperion

suite per voce recitante, flauto, oboe, coro e orchestra

Adattamento della partitura di Marcello Panni; testi di Friedrich Hölderlin nella traduzione e adattamento di Carmelo Bene, 1980.
Carmelo Bene voce in absentia
Christian Schmitt oboe, musetta, oboe d’amore
Gianni Trovalusci flauto e ottavino

Ensemble Ars Ludi percussioni
Ready-made Ensemble coro da camera
Giuliano Mazzini maestro del coro
Orchestra Sinfonica Abruzzese
Marcello Panni direttore

Martedì 04 febbraio /2020 ore 20:30

Aula Magna Sapienza
Ciclo Minerva