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Opera di Firenze. Première romantica tra Tristano e Le Villi
Una doppia tradizione romantica all'Opera di Firenze con la première assoluta del balletto di Giorgio Mancini con Dorothée Gilbert e Mathieu Ganio il 28 e 30 dicembre scorsi - la recita che abbiamo seguito del 4 gennaio 2015 con Jérémy Loup-Quer - ispirato dal Tristan und Isolde di Richard Wagner. L'altra prova avvolge un balletto come Giselle, spesso accostato a La Sylphide, che lo precede di cinque anni nella coreografia di Bournonville del 1836 e qui viene presentato nelle coreografie rivisitate da Mancini. Sul podio Alessandro D'Agostini a dirigere l'Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino per le musiche di Adolphe-Charles Adam.
Aldilà del fatto increscioso - soprattutto per Orchestra, Direttore e ballerini, di dover ricominciare daccapo per un problema ai sensori antifumo che ha fatto scattare l'allarme registrato, l'Opera di Firenze si presenta in tutto il suo splendore di sala dalla capienza di 1800 posti, dalla visuale senza nessuna occlusione visiva e dall'acustica eccezionale. Il balletto Giselle ou Les Vilis, di cui è presentato il secondo atto, è altamente suggestivo anche con una minor presenza di quel fumo che sa tanto di trascendente, specialmente se unito alla danza di queste ballerine fantasma avvolte di tull eburneo.
Raccontiamo in breve la trama dell'intero balletto perchè i due atti sono contrapposti: il primo, agreste, si svolge in un villaggio di contadini dove Giselle s’innamora, ricambiata, del Principe Albrecht, che si aggira però sotto le false vesti di un contadino. Il guardiacaccia Hilarion, innamorato di Giselle, cerca di metterla in guardia ma non ci riesce fino alla scena finale del primo atto, tragica, in cui si vede Giselle roteare sulle punte dal dolore, per poi stramazzare al suolo perduta nella pazzia e nella morte.
La tradizione germanica e quella fantastica si fondono nel secondo atto che riguarda le Villi, come racconta Heinrich Heine nel suo saggio La Germania, dove le Villi sono le fidanzate morte alla vigilia delle nozze e che Théophile Gautier riprende insieme a Vernoy de Saint-Georges per dare corpo al soggetto di Giselle.
Le Villi ricordano da vicino ed hanno delle strette consonanze antropologico-etimologiche sia con le Figlie del Reno dell’Anello del Nibelungo, sia con la Rusalka (1901) di Antonín Dvořák, che prende il nome da queste creature mitologiche associate ai fiumi ed ai laghi, più genericamente ondine dell’omonimo balletto Ondine di Frederick Ashton su musica di Henze. In proposito suggerisco la lettura del mio articolo su La figlia del Danubio – musicata un anno prima nel 1835 da Adolphe-Charles Adam - ed anche la mia recente recensione su Rusalka all’Opera di Roma un mese fa. In entrambi gli articoli approfondisco il tema, sia delle origini sia quello della parentela con altre creature mitologiche.
Le Villi di origine slava (veela, villi, o willi o vila) sono una sorta di fate votate alla danza nel balletto Giselle, con cui cercano di portare allo sfinimento Albrecht colpevole di aver condotto alla morte per amore la povera Giselle, vittima dell’inganno del Principe. Come in Rusalka e in La figlia del Danubio, il principe si salverà grazie all’intervento dell’innamorata che, in una boschiva cornice composta dal candido tulle delle ballerine Villi, attenderà l’arrivo del sole insieme ad Albrecht per poi rifugiarsi nella foresta insieme alle compagne. Puccini ne trasse ispirazione per l’opera Le Villi con soggetto di Fontana dal racconto di Alphonse Karr Les Willis (1852), ricavato espressamente da questo balletto.
La performance del cast di Maggio Danza con Letizia Giuliani nella parte di Giselle, e Zhan Lukaj in quella di Albrecht sono state di spessore: le coreografie di Mancini, nel loro essere segretamente effimere, come richiedeva il tema fantasmatico, sono state effuse dalle luci quasi mistiche tra viola e blu cobalto curate da François Saint-Cyr. La tragicità commovente del balletto è stata evocata dalle figure e sottolineata dai costumi, creati ancora da Mancini, mentre le volute aeree della danza si sono elevate sulla musica condotta con discreta maestria da Alessandro D'Agostini.
I "Sacrati dalla Notte" di Wagner per la prima volta in forma di balletto:Giorgio Mancini ha creato le coreografie sulla musica tratta dal capolavoro romantico, in particolare dal Vorspiel al primo atto; dalla scena d'amore del secondo e dal Vorspiel e morte di Isotta del terzo, per l'opera rimando al mio approfondimento. Tristano e Isotta vede protagonisti due astri della danza francese: Dorothée Gilbert ed in questa recita Jérémy Loup-Quer in luogo di Mathieu Ganio: la coeografia è intessuta degli elementi filmici tratti ispirati a James Bort dalla nuova creazione di Mancini.
Sul profilo di una scena con una vela ondeggiante al vento, si riconoscono i protagonisti in costumi bianchi e leggeri: lei, con una tunica asimmetrica e lui, con una giacca dai lunghi lembi a caduta libera e fluttuanti. Le figurazioni si stagliano sulla scena come simboli in movimento: una avvicinarsi per abbandonarsi; un'estrema difficoltà nel fronteggiarsi che diviene una continua lacerazione nelle braccia che si uniscono per disgiungersi quasi nell'immediato. Un sincronismo che riprende quel "mancato riconoscimento" del primo atto che ingenererà la tragedia nel secondo. Tristano e Isotta si ameranno solo per essere separati: e la scena d'amore prelude costantemente a questo, sebbene l'unione vi sarà, solo nelle braccia della morte avrà il suo termine. Quella vela annunciata prima nera poi bianca, vessillo del ritorno di Isotta sul letto del morente Tristano, è l'unica tensione crescente che li libererà dal peso della vita insieme loro negata: l'ardore della terza parte è commovente ed emozionante, brucia di quella vitalità per cui Wagner l'ha scritto, l'ardore per Mathilde Wesendonck. Non possiamo che dare un plauso completo a Mancini insieme al pubblico per una sincronia perfetta dei danzatori Gilbert-Loup-Quer, per un'elevazione in potenza della danza da parte di un coreografo che ha saputo tradurre ques'opera in cui la melodia infinita del tragico amore-passione del Tristano svetta sulle punte impervie e tensive della danza.