Opera di Roma. Prima mondiale di Julius Caesar, stella polare e dictator

Articolo di: 
Livia Bidoli
Julius Caesar

Guardati dalle Idi di Marzo”, profetizza l'indovino e in quella frase è riassunta la caduta di Cesare: l'Opera di Roma apre con un titolo romano e shakespeariano, in prima assoluta, nella Capitale. La musica originale commissionata dal Costanzi per inaugurare la stagione 2021-22 porta la firma di Giorgio Battistelli e sul podio avremo il Maestro Daniele Gatti; il libretto in inglese lo firma Ian Burton e la regia Robert Carsen. Uno stuolo di voci di eccellenza a partire dallo Julius Caesar, il ruolo del titolo, del basso inglese Clive Bayley, che canta questa tragedia sul dictator romano per antonomasia.

Dall'omonima tragedia romana di Shakespeare (1599) e dalle Vite parallele (fine I ed inizio II secolo d. C.) di Plutarco, si alzano le percussive veemenze del Maestro Battistelli che ha posto sui palchetti di proscenio una musica che sale dal fondo ctonio e tellurico delle reminescenze wagneriane: dalle prime note arriva il sotterraneo suono che rimanda a Das Rheingold, l'inizio del pulsare del mondo, quando l'ambizione, la cupidigia, l'invidia condurranno ad un presagito crollo del Dio per far posto ad un altro: a Cesare seguì il sagace Ottaviano, stoicamente più longevo e di strategia odisseiana.

Il dramma si svolge in due atti e segue il mosaico shakespeariano ampliando però la figura emblematica del fantasma di Cesare nel secondo atto: tutto inizia sotto i Lupercali, il 15 febbraio, quando si festeggia una purificazione (allora del gregge) di stampo pagano in onore di Luperco, antico dio latino collegato con il lupo sacro a Marte, poi considerato come epiteto di Fauno (Faunus Lupercus) e infine assimilato al greco Pan Liceo. L'atmosfera è quindi pregna di suggestioni notturne: si pensi che si sacrificavano capri (da qui il capro espiatorio) e si percuotevano fanciulle per provocarne la fecondità. Da questa tregenda si apre il palco su una tribuna: il Senato di allora è tal quale il nostro Parlamento, di poltrone rutilanti e con senatori in completo viola: l'unica parte consolatoria sono le voci del Coro, in specie quelle femminili.
Il tumulto delle voci è la cifra dell'atto: tremebonde annunciano senza mediazione la cospirazione contro Cesare tornato vittorioso dalla guerra civile (che scatenò lui stesso contro Pompeo) e che Marco Antonio vuole incoronare “Dictator”, come usa a Roma in particolari momenti di emergenza per un tempo massimo di sei mesi. Nel momento in cui Cesare dichiara di voler essere “dictator a vita”, il complotto contro di lui (già ordito e fallito quello di Catilina tra 63 e 61 a.C.) viene stabilito per il mese successivo, il giorno delle Idi di marzo.
Nonostante Cesare sia avvertito da due profezie, non recede dal recarsi in Senato il 15 marzo: la prima profezia è di Artemidoro, che qui è un indovino non identificato; l'altra è della moglie Calpurnia, unica presenza femminile nell'opera, il mezzosoprano rumeno Ruxandra Donose, dal timbro scuro: ce la immaginiamo come Kundry nel Parsifal o Judit nel Barbablù di Bartòk, che ha già calcato, e dalla notevole cantabilità sulle impervie note di Battistelli, che scrive una partitura per voci di altissimo livello.

Agghiacciante è il perdurare di questo clima di congiura che fa spavento. soprattutto per l'odierno riflesso sullo Zeitgeist che Carsen, collaboratore di Battistelli per l'intera trilogia, dal Riccardo III del 2005 fino al futuro Pericle conclusivo, insieme a Burton, costruisce appositamente evidenziando l'interconnessa ambiguità del Potere. La stessa voce di Cesare, come quella di Bruto; il basso torvo e affilato nella voce di Clive Bayley, che canta da Britten a Wagner; come il subdolo Bruto di Elliott Madore, che arroterà il canto nel momento truce della pugnalata. Tra recitativi e Sprechgesang, pare di essere in un continuum mobile, fermi pur stando in movimento. E la fine del primo atto, con la dichiarazione di Antonio, amico fedele di Cesare, fa tremare il pulpito:
Guai alla mano che sparse questo sangue prezioso!
La furia intestina e una crudele guerra civile devasteranno l'Italia in tutte le sue parti.
E lo spirito do Cesare, assetato di vendetta (…) urlerà allo sterminio sguinzagliando i cani della guerra!”

La scena che chiude il primo atto fa risaltare il Marco Antonio del baritono, anche lui britannico,  Dominic Sedgwick, che promette di sobillare la folla e di condannare i traditori di Cesare. Una voce irosa che non nasconde il timbro lirico che, contrapposta a quella di Cassio, interpretato da Julian Hubbard, fa risaltare le doti tenorili di quest'ultimo, potente e chiaro nell'espressione.

La presentazione del corpo di Cesare è di grande impatto: il cadavere è coperto con la bandiera italiana e serve da veicolo per convincere definitivamente la folla ad insorgere, dopo la lettura del testamento del generoso Dictator da parte di Antonio, e rivelando loro che ha fatto dono a ciascun romano di una somma ingente. Scoppia la guerra civile.
Bruto e Cassio si rifugiano a Filippi e in guerra incontrano lo spettro di Cesare che li “costringerà” al suicidio: la descrizione di sé stesso attraverso la voce del fantasma tanto più tenebrosa quanto più si dichiara simile alla luce:

“Sono fermo come la stella polare che per sua fissa immobilità
Non ha rivali nel firmamento,
i cieli sono dipinti di scintille innumerevoli,
Tutte sono fuoco, e ognuna brilla di luce propria, ma una sola rimane ferma....”

La stella polare, come la stella del mattino e della sera, Venere come Lucifero (Phosphoro) e la stella ad otto punte consustanziano quella lettura alchemica che è ripresa da Eminescu in Luceafårul come da Poe in Evening Star, ritornando ai versi di Orazio (Odi I, 37) che danno inizio ai Lupercali:

Adesso bisogna bere, bisogna battere
  la terra con libero piede, adesso è il momento
  di ornare gli altari divini
  con banchetti degni dei Salii.

Nunc est bibendum, nunc pede libero
pulsanda tellus, nunc Saliaribus
ornare pulvinar deorum
tempus erat dapibus, sodales.
(Orazio, Odi, XXXVII, vv. 1-4).

Una festa per un'opera nuova dalla visione aspramente politica, esegetica, e che concorrerà a far meritare al Maestro Giorgio Battistelli alla Biennale di Venezia nel 2022 il Leone d'Oro alla carriera nel 2022.

Rimembrando ancora le altre voci straordinarie che hanno concorso ad aprire la stagione del Costanzi, ovvero  Michael J. Scott come Casca, Hugo Hymas come Lucius, Alexander Sprague come Octavius, ricordiamo come sicura, attentissima e comprensiva sia stata la lettura del direttore Daniele Gatti, e inappuntabile l'esecuzione dell'Orchestra del Teatro dell'Opera, nonché il Coro diretto da Gabbiani, la voce del Popolo, manipolata dai potenti, in un verso o nell'altro. Anche se la luce cui rimanda Cesare citando sé stesso, inonderà l'intero palcoscenico per una primeva Weltanschauung foriera di primavera, nonché di gloriosi applausi.

Pubblicato in: 
GN5 Anno XIV 1° dicembre 2021
Scheda
Titolo completo: 

Teatro dell'Opera di Roma
Stagione 2021/2022
Julius Caesar

Musica di Giorgio Battistelli

Tragedia in musica
Libretto di Ian Burton
da William Shakespeare

Opera commissionata dal Teatro dell’Opera di Roma

Prima rappresentazione assoluta

direttore Daniele Gatti
regia Robert Carsen

MAESTRO DEL CORO ROBERTO GABBIANI

 

SCENE RADU BORUZESCU
COSTUMI LUIS F. CARVALHO
LUCI ROBERT CARSEN E PETER VAN PRAET

Principali interpreti

JULIUS CAESAR  CLIVE BAYLEY
BRUTUS ELLIOT MADORE
CASSIUS JULIAN HUBBARD
ANTONY DOMINIC SEDGWICK
CASCA MICHAEL J. SCOTT
LUCIUS HUGO HYMAS
CALPURNIA RUXANDRA DONOSE
OCTAVIUS ALEXANDER SPRAGUE
MARULLUS / CINNA CHRISTOPHER LEMMINGS
INDOVINO / I PLEBEO CHRISTOPHER GILLETT
FLAVIUS  / METELLUS / II PLEBEO  ALLEN BOXER
DECIUS / III PLEBEO SCOTT WILDE
SERVO DI CESARE / TITINIUS / IV PLEBEO ALESSIO VERNA

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA

Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma

in lingua originale con sovratitoli in italiano e inglese