Opera di Roma. Il Trittico in blu cobalto

Articolo di: 
Livia Bidoli
Barbablu'

Primo episodio del progetto triennale realizzato in collaborazione con il Festival Puccini di Torre del Lago in occasione del centenario della morte di Puccini, che cade nel 2024. Il celebre Trittico pucciniano verrà scomposto e ricomposto in tre dittici, proposti uno all’anno per tre stagioni consecutive, grazie all’accostamento di ogni titolo a un altro capolavoro del Novecento.Il primo, composto da Il Tabarro e Il castello del Duca Barbablù Béla Bartók è stato in scena al Costanzi dal 6 al 18 aprile in una nuova produzione firmata dal regista tedesco Johannes Erath, al suo primo impegno operistico in Italia oltre che al suo debutto al Costanzi. Al baton, Michele Mariotti, il nuovo Direttore musicale dell’Opera di Roma.

Michele Mariotti descrive il dittico formato da Il tabarro di Giacomo Puccini e da Il castello del Duca Barbablù (A Kékszakállú Herceg Vára) di Béla Bartók, che l’Opera di Roma propone insieme in anteprima: "Il Tabarro, è stato unito ad il Castello di Barbablu di Bartòk, cui è vicino a livello psicologico e simbolico: un passato che uccide il presente, come d'altronde si verifica in Barbablu'. Poi avremo, l'anno successivo, Il prigioniero di Luigi Dallapiccola e Suor Angelica: due prigioni entrambe. Per ultimo, abbiamo unito Gianni Schicchi con L'heure espagnole di Ravel, dove si ride e si sorride".

Il tabarro, che viene mostrato per primo, è un'opera in un atto di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Adami tratto da ‘La Houppelande’ di Didier Gold, è stata rappresentata per la prima volta al Metropolitan di New York il 14 dicembre 1918, mentre al Teatro Costanzi è arrivato l’11 gennaio 1919.

Ne Il tabarro si svolge la storia semplice di un matrimonio finito in una Parigi poverissima tra le barche dei pescivendoli, con Giorgetta che sogna una passeggiata con l'amante Lugi – bello e bravo Gregory Kunde che conosciamo bene al Costanzi da anni, ricordiamo l'ultima Aida diretta da Mariotti e con regia di Livermore,- al Bois de Boulogne, ed invece viene assassinato dal marito vecchio e vuoto – Michele, drammatico e straordinario Luca Salsi - e nascosto nel suo tabarro per ferire oltremodo la moglie giovane che non se l'aspetta. L'allestimento delle scene di Katrin Connan in connubio con la regia Johannes Erath è stato quello di situarlo in un teatro in cui i tecnici sono quella "povera gente" che trovano nell'alcool o nell'amore concesso a chiunque - la Frugola interpretata da un'eccezionale ed applauditissima Enkelejda Shkoza - l'unico conforto ad una vita di stenti. La parte di Giorgetta, affidata a Maria Agresta, è stata liricamente e drammaticamente efficace, compresi i due attori che facevano da "riflesso" alla gioventu' perduta, per un figlio ucciso da un incidente e che nei bei tempi andati si rifugiava proprio sotto il calore di quel tabarro (cappotto) che ora, invece di proteggere, uccide.

Come fare a non pensare alla situazione dei lavoratori sempre più depauperata di diritti nonché dello stesso accesso al contratto in una nazione come la nostra dove le donne continuano a rappresentare il maggior picco di disoccupazione nonché uccise ogni giorno senza la minima salvaguardia (leggi teoriche – omicidi all'ordine del giorno senza nessuna efficace prevenzione)? E' perfettamente inutile continuare a parlarne senza nessuna azione effettiva.

L’unica opera di Béla Bartók (1881-1945), Il castello del Principe Barbablù (A kékszakállú herceg vára, in originale ungherese, op. 11) è stata composta nel 1911: l'opera è concepita in un atto ed è stata scritta su libretto di Béla Balázs che la dedicò a lui e a Kodaly in prima stesura. Diretta per la prima volta da Egisto Tango nel 1918 al Teatro dell’Opera di Budapest, non ha avuto vita facile grazie alle viocissitudini politiche ungheresi ed all’impegno rivoluzionario di Balázs stesso. Ispirato in parte all’Ariane et Barbe-Bleue (1899) del simbolista Maurice Maeterlinck – che aveva scritto il libretto per Pelléas et Melisande musicato da Debussy nel 1902 -, che era servita da libretto per l’omonima opera di Paul Dukas.del 1907 (dove Ariane libera tutte le mogli e si salva), la favola di Barbablù uccisore di tutte le mogli, proviene da La Barbe bleüe di Charles Perrault nelle Histoires ou Contes du temps passé (1697). Nella versione della favola però, al contrario della versione ungherese, l’ultima moglie si salva nonostante la condanna morale dell’eccessiva curiosità (che non può in ogni caso condurre alla morte). La versione postmoderna di Angela Carter (1940-1992) è La camera di sangue (da The Bloody Chamber and Other Stories, 1979, Vintage, London, 1995; in italiano: La camera di sangue, Feltrinelli, Milano, 1995), in cui la protagonista viene salvata dall’intervento coraggioso della madre che spara ad un moderno Barbablù.

Capolavoro espressionista e simbolista della musica di inizio Novecento, Il castello del Principe Barbablù, si apre su un castello gotico che è meravigliosamente rappresentato nella versione condotta da Sir Georg Solti con la London Philarmonic Orchestra (e reperibile facilmente on line in DVD) con l’algida Teresa Stratas ed il luciferino Kolos Kovacs, del 2008. Johannes Erath ha scelto un minimalismo d'effetto che si riduce ad una semplice scala antincendio al lato destro guardando il palco, dove Judith si trova insieme a sette uomini che sembrano demoni: la conturbano, la seducono e cercando di trattenerla dall'andare al castello di Barbablù, ma lei è imperterrita nella sua scelta di abbandonare tutti per "salvare" Barbablu' da sé stesso e dalla sua oscura memoria. Ad un tempo la curiosità e la cieca credenza di poter mutare qualcuno, di cui si dice abbia commesso dei delitti, ovvero che abbia ucciso tutte le sue mogli, conducono Judith in questo palazzo bianco rappresentato come se fosse continuamente scosso dal vento, con una serie di porte, tutte chiuse. Judith, irrorarata dal blu cobalto con interno verde bosco della sua veste, supplica di aprirle tutte per far entrare la luce, Il sole e la chiarezza della natura dentro queste stanze e vi riuscirà ma in un crescendo di cupezza perché mentre alcune rivelano tesori e giardini, sono in ogni caso macchiate di sangue, fino alla settima porta: il climax oscuro del dramma e anche la sua fine, dove Judith troverà tutte le donne del passato di Barbablu' e vi finirà anche lei, interpretando la donna della notte stellata.

Il sangue è l'objective correlative (correlativo oggettivo), direbbe T.S. Eliot, di tutto il dramma che, come in un rituale misterico – ed infatti gli altri due atti di cui faceva parte l’atto unico di Balázs (La fata e Il sangue della Santa Vergine), formano il trittico cher s’intitola Misztériumok (Misteri) – ritorna ad ogni apertura di porta, mentre il timbro della voce di Barbablù si fa più grave e sinistro ad ogni nuova domanda di Judit. Lo statuario Barbablù sia per altezza fisica sia per possenza della voce, Mikhail Petrenko, è un algido personaggio che accoglie la nuova sposa dopo aver sparecchiato un tavolino nell'introduzione in cui si ode Souvenir de Florence, di Pëtr Il'ič Čajkovskij: una soprta di vampiro che "divora" una donna a sera, d'altronde chi è se non questo, Barbablu'?

Entrambi al debutto al Costanzi, Szilvia Vörös e Mikhail Petrenko, hanno dato una prova entusiasmante: il mezzosoprano ungherese sarà prossimamente al Salzburger Festspiele ed è nel cast della Wiener Staatsoper dal 2018. Mikhail Petrenko, tenore wagneriano, che ammette però le sue debolezze di fronte a Judith, supplicandola di non "fare domande", di non aprire quell'ultima, settima porta. Ricordiamo come il compositore stesso, Bela Bartók, abbia dedicato quest'opera alla moglie, come per prevenirla da sondaggi indiscreti e pericolosi. Una sorta di moralité come direbbe Perrault parlando di una delle sue favole, ed un ovvio stimolo alla fuga, come suggerirebbe il Nobel Henri Laborit in "Elogio della fuga": se non puoi affrontare il nemico, evitalo e scappa.

Eccezionale direzione di Mariotti e preparazione dell'Orchestra del Teatro dellOpera di Roma che in quest'opera, nella quale tutto è evocato, sono riusciti magistralmente a suggerire l'invisibile mistero che dominava la composizione. Un pubblico scelto e raffinato ha applaudito a lungo alla fine.

Rimandiamo, per chi lo desidera, al film del 1948 Dietro la porta chiusa (Secret beyond the Door) di Fritz Lang con Joan Bennett e Michael Redgrave; nonchè alla versione di Werner Hezog del 1963.

Pubblicato in: 
GN22 Anno XV 19 aprile 2023
Scheda
Titolo completo: 

TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
STAGIONE 2022-23 TEATRO COSTANZI


Trittico ricomposto
Il tabarro / Il castello del Principe Barbablù

Progetto triennale in collaborazione con il Festival Puccini di Torre del Lago in occasione del centenario della morte del compositore (2024)

DIRETTORE MICHELE MARIOTTI
REGIA JOHANNES ERATH
MAESTRO DEL CORO Ciro Visco

SCENE Katrin Connan
COSTUMI Noëlle Blancpain
VIDEO Bibi Abel
LIGHT DESIGNER Alessandro Carletti

Il tabarro
Musica di Giacomo Puccini

Opera in un atto
Libretto di Giuseppe Adami tratto da La Houppelande di Didier Gold

Prima rappresentazione assoluta Metropolitan, New York 14 dicembre 1918
Prima rappresentazione al Teatro Costanzi 11 gennaio 1919 (prima italiana)

CAST
MICHELE, PADRONE DEL BARCONE Luca Salsi / Sebastian Catana (18)
LUIGI, SCARICATORE Gregory Kunde
GIORGETTA, MOGLIE DI MICHELE Maria Agresta
IL TINCA Didier Pieri
IL TALPA Roberto Lorenzi
LA FRUGOLA, MOGLIE DEL TALPA Enkelejda Shkoza
UN VENDITORE DI CANZONETTE Marco Miglietta
DUE AMANTI Valentina Gargano* ed Eduardo Niave*

*dal progetto “Fabbrica” Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma

Il castello del Principe Barbablù

(A KÉKSZAKÁLLÚ HERCEG VÁRA)
Musica di Béla Bartók
Opera in un atto
Libretto Béla Balázs

Prima rappresentazione assoluta Teatro dell’Opera di Budapest 24 maggio 1918
Prima rappresentazione al Teatro Costanzi 10 gennaio 1962 (Il castello del Duca Barbablù)

CAST
JUDIT Szilvia Vörös
BARBABLÙ Mikhail Petrenko
 
ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO DELL’OPERA DI ROMA
Con la partecipazione della Scuola di Danza del Teatro dell’Opera di Roma

Nuovo allestimento Teatro dell’Opera di Roma

La prima di giovedì 6 aprile è proposta da Rai Cultura in diretta/differita tv su Rai5 a partire dalle 21.15, oltre che in diretta, alle 20, su Radio3.