Roma Palazzo Braschi. Pellegrini nella città medievale

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Due dalmatiche in opus cyprense Secondo quarto (?) del XIII sec.

Roma è una città molto antica, quest’anno il 21 aprile, data presunta della sua fondazione trasmessa dalla antica tradizione romana, si è festeggiato il 2775˚ ab Urbe condita, inevitabilmente il succedersi delle diverse epoche ha fatto sì che ognuna si sovrapponesse all’altra, cancellando molto di ciò che era rimasto in modo più o meno disastroso.

Se le antiche testimonianze dell’epoca romana, quelle rinascimentali e quelle barocche sono conosciute e familiari ai cittadini e ai visitatori, quelle del periodo conosciuto come medioevo lungo mille anni, secondo i manuali scolastici, sono meno conosciute se non sconosciute. Medioevo è una denominazione spregiativa e assurdamente mantenuta, viste le differenze nello scorrere di un così lungo periodo di tempo, nei diversi accadimenti e nei differenti territori in Italia e in Europa. La mostra “Roma Medievale. Il volto perduto della città”, in svolgimento al Museo di Roma a Palazzo Braschi fino al 5 febbraio 2023, ha lo scopo di fare scoprire questa parte dell’Urbe poco conosciuta, è cura di Anna Maria D’Achille e Marina Righetti, su progetto scientifico di Marina Righetti. L’esposizione è promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con Sapienza Università di Roma - Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura. Il catalogo, curato da Marina Righetti e Anna Maria D’Achille, è edito da De Luca Editori D’Arte.

L’esposizione ha inoltre lo scopo di invitare i visitatori a muoversi nella città per scoprire le parti sopravvissute alle devastazioni subite dalla parte medioevale della città. Le peggiori furono perpetrate soprattutto quando Roma divenne capitale: le distruzioni causate dalla costruzione dei Muraglioni del Tevere, l’erezione del Vittoriano, che causò la scomparsa dei tre chiostri dell’Aracoeli, del lanificio che faceva da quinta alla scalinata, la demolizione della Torre di Paolo III e della villa costruita nel XVI secolo di fianco all’Aracoeli, collegata da un corridoio aereo al Palazzetto S. Marco, a sua volta spostato nella posizione attuale ad angolo con il Palazzo di Venezia e la chiesa di S. Marco. A queste devastazioni si aggiunsero quelle per l’apertura della via del mare, lo scavo dei fori con la conseguente distruzione del quartiere Alessandrino e la deportazione degli abitanti nelle periferie, lo sbancamento della collina Velia e la demolizione della Spina di Borgo, solo per citare le peggiori.

Il periodo preso in considerazione dalle curatrici della mostra è quello tra il VI e il XIV secolo fino a quando nel 1309 Clemente V trasferì la sede papale ad Avignone, che determinò una perdita di centralità politica, culturale ed economica di Roma. La mostra è articolata in diverse sezioni, nell’introduzione si succedono immagini che mostrano la dislocazione delle zone abitate dalla tarda antichità a oggi. L’esposizione è interessante ma buia e molti dei cartellini delle opere sono poco leggibili, perché poco illuminati e le scritte piccole e in rosso su base bianca.

La mostra è articolata in nove sezioni la prima è dedicata ai pellegrini in quanto nel periodo preso in considerazione, non si viaggiava per turismo ma erano i pellegrini ad affluire a Roma. L’esposizione è corredata di diversi documenti scritti, un prezioso altare portatile, insegne di pellegrinaggio e monete di diversa nazionalità dei pellegrini. Durante il Medioevo, nonostante i problemi e i pericoli di un viaggio a piedi, la fede mosse innumerevoli persone a recarsi Roma, sede dei papi che custodiva nelle chiese numerose reliquie di santi e martiri, da qui molti continuavano il pellegrinaggio a Gerusalemme che insieme Santiago di Compostela era un’altra delle mete ambite.

I Romei, così erano chiamati i pellegrini, dall’XI secolo indossavano una semplice cappa benedetta al momento della partenza, un cappello a falde larghe; un lungo bastone, il bordone, a cui talvolta era legata una zucca o altro per contenere l’acqua, la bisaccia, o sporta, e un piccolo sacchetto di pelle dove si conservavano cibo, denaro e il messale. In questa “uniforme” erano facilmente riconoscibili e potevano usufruire sia della carità dei privati, sia di quella organizzata delle associazioni e dei conventi, che, se non era una protezione dai briganti e tagliagole che infestavano il cammino, almeno poteva essere un soccorso per coloro che avevano bisogno di cure e di sostentamento dopo gli aspri disagi del viaggio. Nel corso dei secoli a Roma furono costruiti hospitalia dove il pellegrino poteva rifocillarsi e curarsi se infermo.  A questo scopo risalgono le origini dell’Ospedale di Santo Spirito in Sassia non a caso in prossimità di San Pietro, infatti nel 727 d.C., il re dei Sassoni Ina istituì la "Schola Saxonum", per assistere i pellegrini inglesi, in mostra c’è il Liber Regulae Sancti Spiritus in Saxia, una pergamena della Metà del XIV sec. su cui è dipinto Innocenzo III che porge agli ospedalieri la Regola, l’abito e l’icona della Veronica. 

La seconda sezione è dedicata alle grandi basiliche che nel corso dei secoli sono profondamente mutate, la più visitata era la Basilica di S. Pietro in Vaticano perché fu fondata dall’imperatore Costantino I (306-337) sulla tomba di San Pietro, martirizzato nel 64 d.C. La basilica aveva una vasta aula rettangolare absidata, preceduta da un quadriportico, con una larga navata centrale e doppie navate laterali divise da colonne di spoglio e con un nuovo elemento architettonico: il transetto. Nel 1506 sotto Papa Giulio II iniziarono i lavori che portarono alla completa distruzione dell’antica basilica. Sono in esposti alcuni mosaici sopravvissuti dell’antica abside: il ritratto di papa Innocenzo III e la Fenice, mentre dell’antica facciata c’è il ritratto di Gregorio IX e una Testa virile (San Luca evangelista), è anche presente, salvata dalla demolizione, una pittura murale proveniente dal quadriportico che raffigura i Busti dei Santi Pietro e Paolo.

La Basilica di San Giovanni, mater et caput di tutte le chiese, in origine dedicata al Salvatore, è la cattedrale di Roma e ha una grande importanza storica perché fu la prima ad essere edificata all’interno delle mura aureliane nel 312 e consacrata per volontà dell’imperatore Costantino. La pianta era uguale a quella di San Pietro ma senza il transetto, in epoca medioevale ci furono parecchi interventi di abbellimento. Il Patriarchio Lateranense era l’insieme degli edifici che furono la sede del papa e della curia nel medioevo, era isolato e per questo fu fortificato a scopo difensivo. Successivamente il papa e la curia si spostarono in Vaticano e alla fine del XVI secolo Sisto V ne ordinò l’abbattimento nell’ambito del progetto di una nuova struttura urbanistica per Roma. La forma attuale è opera Francesco Borromini mentre la facciata, fu progettata da Alessandro Galilei ed eretta nel 1732. Tra le opere in esposizione c’è una Veduta di S. Giovanni in Laterano (1600-1635) di Willem Adriaensz van Nieulandt II, un modello di gesso del Laterano nel medioevo (1911) di Adolfo Consolani e due mosaici con Testa di apostolo provenienti dal Triclinio Lateranense.

Sul sepolcro dell’apostolo Paolo, decapitato nel 67, sulla via Ostiense fu eretta la basilica a lui dedicata tra il 326 e il 335 per volontà di Costantino, ma conosciamo la struttura, uguale all’antica San Pietro in Vaticano, che gli diedero gli imperatori Valentiniano II, Teodosio I e Arcadio. L’incendio del 15 agosto 1823 la distrusse quasi completamente, si salvarono l’abside con i mosaici opera dei maestri veneziani di San Marco, il ciborio gotico dell’altare maggiore di Arnolfo di Cambio ma furono perduti gli affreschi di Pietro Cavallini, mentre dell’opera dei marmorari romani rimane il candelabro pasquale firmato da Nicola d’Angelo e Pietro Vassalletto e il chiostro. La ricostruzione, che fu voluta da Leone XII (1823-1829), è opera principalmente dell’architetto Luigi Poletti. In mostra si trova una Veduta di S. Paolo fuori le mura un’acquaforte del 1650, un Acquerello e inchiostro con la Veduta di S. Paolo fuori le mura durante l’incendio del 1823 e un olio su tela di Francesco Diofebi con la Veduta di S. Paolo fuori le mura dopo l’incendio del 1823 che testimoniano la vastità della distruzione. Tra i vari reperti è esposto anche un Clipeo con ritratto di pontefice (1277-1280) e una pittura murale proveniente dall’Abbazia di San Paolo fuori le mura.

La Basilica di S. Maria Maggiore all’Esquilino è quella che ha mantenuto maggiormente la struttura paleocristiana dall’impianto basilicale in tre navate, divise da due file di colonne con capitelli ionici di spoglio che sostengono una trabeazione rettilinea. Papa Niccolò IV (1288–1292) volle inserire Il transetto provocando la distruzione dell’antica abside e la conseguente trasformazione dell’arco da absidale in trionfale. Fu eretta da Sisto III (432-440), dopo il concilio di Efeso (431) che aveva stabilito il dogma della divina maternità della Vergine. La basilica conserva ancora gran parte de i suoi mosaici: i 42 pannelli della navata centrale, con scene del Vecchio Testamento, e i mosaici dell’arco trionfale, con l’iscrizione dedicatoria del Papa Sisto III, con scene dell’Infanzia di Cristo. Nell’abside, ricostruita alla fine del Duecento, è effigiata l’Incoronazione della Vergine nel catino e scene della vita di Maria nella fascia sottostante tra le finestre opera di Jacopo Torriti. Il ciclo di di Filippo Rusuti che decora la facciata, si è salvato, ma è poco visibile per la costruzione della loggia settecentesca di Ferdinando Fuga. Sono in esposizione i Calchi moderni del Presepe (1281) di Arnolfo di Cambio.

La terza sezione è dedicata ai Papi e inizia con il pontificato di Gregorio Magno (590-604), che consolidò il ruolo e il primato di Roma prosegue con le lotte di supremazia dei papi sugli imperatori per concludersi con Bonifacio VIII, che morì poco dopo l’episodio dello “schiaffo di Anagni” e poi ci fu lo spostamento della sede papale ad Avignone. Questo fatto segnò la decadenza culturale ed economica dell’Urbe che fino a quel momento attirava artisti scienziati e risorse che ne fecero un centro di primaria importanza. Di questo periodo sono esposti documenti su pergamena, tra questi un Exultet ultimo quarto dell’XI sec. e un Lezionario per le feste dei Santi Benedetto, Mauro e Scolastica (Codex Benedictus1058-1087) provenienti da Montecassino, mosaici, frammenti marmorei, monete di varie epoche, oggetti preziosi, come la Custodia cruciforme di papa Pasquale I (817-824) e il Reliquiario del capo di Sant’Agnese (1216-1227), segnaliamo anche gli splendidi paramenti sacri: la Casula e due dalmatiche e il Piviale, tutti in opus cyprense provenienti dal Museo della Cattedrale di Anangni.

Nella parte dedicata a Lo spazio sacro sono in mostra vari oggetti marmorei, mosaici e pitture che adornavano le chiese e anche un crocifisso ligneo della metà del XIII sec per ricreare lo spazio delle chiese dell’epoca. Una grande attenzione è dedicata a La devozione mariana a cui è dedicata la quinta sezione che nel medioevo rivestì una parte fondamentale della religiosità a Roma e di cui ci sono alcuni esempi in mostra. Le icone romane acheropite (create per intervento soprannaturale) o dipinte da mano umana, su un supporto mobile o murale, erano oggetto di particolare venerazione da parte dei fedeli. Tra loro spicca la Salus populi romani, tradizionalmente era tra quelle attribuite a San Luca, custodita ancora oggi a Santa Maria Maggiore, il più antico santuario mariano non solo di Roma, ma di tutto l’occidente. Nella successiva sezione Un caso emblematico: la decorazione di Santa Croce in Gerusalemme sono esposti parti di pittura murale risalenti al 1144-1148 e rivenuti casualmente dai restauratori, Biasiotti e Pesarini, nel 1913 nel sottotetto della chiesa di S. Croce in Gerusalemme. Gli affreschi occupavano la zona immediatamente sotto il tetto a capriate, dal 1492 erano stati dimenticati, perché nascosti prima dal soffitto a cassettoni voluto dal cardinal Mendoza, e poi dalla più̀ estesa sistemazione settecentesca.

Dopo tanta arte sacra la mostra si occupa nella settima sezione della vita degli abitanti laici nella parte dedicata a Vita nella Roma medioevale sono in mostra reperti trovati negli scavi di archeologia urbana nell’area del teatro di Balbo ora provenienti dal Museo Nazionale Romano, Crypta Balbi. In quell’area c’erano varie officine ma l’attenzione delle curatici si soffermata su quella che produceva oggetti di lusso che testimoniano che la Roma altomedioevale fu un punto di arrivo di merci e materie prime da tutto il Mediterraneo e dal Mar Nero. L’ottava è dedicata alle diverse culture confluite a Roma, come quelle religiose della comunità armena e bizantina, a Grottaferrata, nel 1004 san Nilo da Rossano aveva fondato un’abbazia di rito bizantino, ancora oggi attiva. La comunità più antica è però quella ebraica, presente dal II secolo a.C. che costruì sinagoghe e creò strutture assistenziali e cimiteri catacombali. Risiedé prima a Trastevere dove in età romana abitavano gli stranieri, poi si trasferì sull’altra sponda del fiume, dove ancora oggi si trova la sede principale della comunità̀. Gli scambi con i Cristiani furono sempre intensi, non solo dal punto di vista economico e commerciale, ma anche sociale. Nella seconda metà del Duecento gli scriptoria ebraici produssero codici di grande interesse, di cui uno è in mostra, come quelli di Abraham ben Yom Tov ha Cohen per il banchiere Shabetai ben.

L’ultima sezione è dedicata Gli spazi del potere civile: Campidoglio e Aracoeli e agli Scorci di Roma medievale: il fiume e la città. Roma nel medioevo era una città turrita, perché i nobili che si contendevano il potere costruivano residenze fortificate, le case torri, quasi nulla è rimasto a causa dei cambiamenti avvenuti già dal 1400. Il Campidoglio è l’area presa in esame per gli interventi michelangioleschi. Un altro grande mutamento fu quello intervenuto con la costruzione dei muraglioni del Tevere perché cambiò il rapporto degli abitanti col fiume sulle cui rive si svolgevano numerose attività con mulini e altro. Tra gli acquerelli di Ettore Roesler Franz provenienti dal Museo di Roma in Trastevere alcuni particolarmente significativi sono stati scelti nell’esposizione perché testimoniano la Roma perduta. Alla fine dell’esposizione una carta di Roma segnala alcuni siti particolarmente significativi ancora esistenti da visitare per chi volesse approfondire.

Pubblicato in: 
GN1 Anno XV 3 novembre 2022
Scheda
Titolo completo: 

Museo di Roma - Palazzo Braschi (Sale espositive del I piano)
Piazza Navona, 2; Piazza San Pantaleo, 10 - 00186 Roma
Roma medievale. Il volto perduto della città
21 ottobre 2022 – 5 febbraio 2023
A cura di Anna Maria D’Achille, Marina Righetti
Progetto scientifico di Marina Righetti
Catalogo, curato da Marina Righetti e Anna Maria D’Achille, è edito da De Luca Editori D’Arte.
Promotori Roma Culture - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali
In collaborazione con Sapienza Università di Roma - Dipartimento di Storia Antropologia Religioni Arte Spettacolo

Organizzazione Zètema Progetto Cultura

Biglietteria
Dal martedì alla domenica ore 10.00-19.00.
La biglietteria chiude alle ore 18.00. 24 e 31 dicembre 10.00-14.00
Giorni di chiusura: lunedì, 25 dicembre.

Biglietto “solo Mostra”
- € 11,00 biglietto intero;
- € 9,00 biglietto ridotto.

Biglietto “cumulativo” Museo di Roma + Mostra
- € 16,00 biglietto “cumulativo” intero per i residenti a Roma non possessori della “MIC Card”;
- € 12,00 biglietto “cumulativo” ridotto per i residenti a Roma non possessori della “MIC Card”;
- € 17,00 biglietto “cumulativo” intero per i non residenti a Roma;
- € 13,00 biglietto “cumulativo” ridotto per i non residenti a Roma;

- € 4,00 biglietto “solo Mostra” speciale scuola ad alunno (ingresso gratuito ad un docente accompagnatore ogni 10 alunni);
- € 22,00 biglietto “solo Mostra” speciale Famiglie (2 adulti più figli al di sotto dei 18 anni).

Ingresso con biglietto gratuito o ridotto per le categorie previste dalla tariffazione vigente.
Ingresso con biglietto gratuito al solo Museo di Roma per i possessori della “MIC Card”, i quali potranno, invece, accedere alla Mostra con l’acquisto del biglietto “solo Mostra” ridotto secondo la tariffazione sopra indicata.
Ingresso con biglietto ridotto per i possessori della “Roma Pass” 72 ore e 48 ore.

Info 060608 (tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00)
www.museodiroma.it; www.museiincomune.it; www.zetema.it.