Santa Cecilia. Beatrice Rana e Jakub Hrůša inaugurano il 2023

Articolo di: 
Teo Orlando
Jakub Hrůša e l'Orchestra di Santa Cecilia

L'8 gennaio 2023, in una Sala Santa Cecilia che ha fatto registrare il tutto esaurito, abbiamo assistito a una splendida esecuzione del Concerto per pianoforte e orchestra di Robert Schumann e della VII sinfonia di Ludwig van Beethoven. L’Orchestra Nazionale di Santa Cecilia, diretta da Jakub Hrůša e accompagnata al pianoforte da Beatrice Rana, ha interpretato con leggerezza non disgiunta da profonda ispirazione i due capolavori dell'Ottocento classico-romantico, preceduti dall'Ouverture del Franco Cacciatore, di Carl Maria von Weber.

L'ouverture weberiana ha avuto quasi il sapore di un antipasto raffinato, in attesa dei due più celebri brani. Carl Maria von Weber, per quanto ancora per molti versi fedele ai moduli espressivi del classicismo viennese, per altri versi è considerato uno dei fondatori del romanticismo musicale. Circostanza ben visibile nell'opera Der Freischütz (Il franco cacciatore), caratterizzata da armonie e orchestrazioni policrome, temi tratti dal repertorio musicale popolare dell'Europa centrale e da un libretto oscuramente "gotico" che comprende anche l'apparizione notturna del demonio nel cuore della foresta. È un'opera intrisa di magia, misticismo, mistero e soprannaturale, con sfumature faustiane. Il titolo allude al fatto che l'eroe è in grado di sparare sei pallottole magiche che hanno la garanzia di trovare il bersaglio, mentre una settima appartiene al demonio. Nell'ouverture sono descritti due elementi centrali dell'opera: la vita del cacciatore e il dominio delle potenze demoniache. Grazie al quartetto di corni, per dipingere la prima, e i registri bassi, per archi, clarinetti e fagotti, per descrivere il secondo, l'ouverture prepara molto efficacemente l'ascoltatore al dramma che seguirà.

Il secondo brano, il Concerto in la minore op. 54 per pianoforte e orchestra di Robert Schumann, è forse il prototipo del concerto per pianoforte romantico. Fu scritto dal compositore tedesco per la moglie Clara Wieck, che ne fu la prima interprete, da provetta pianista qual era. È un brano già pienamente romantico, in cui il pianoforte quasi non accetta di essere dominato dall'orchestra; la partitura si sviluppa abbandonando la contrapposizione dialettica beethoveniana, mantenendo comunque un certo equilibrio fra il solista e gli altri strumenti che dialogano con grande cantabilità. Come la maggior parte delle opere di Schumann, anche il concerto è influenzato dal conflitto tra il tempestoso Florestano e il sognatore Eusebio, gli alter ego immaginari del compositore.

Il primo movimento, Allegro affettuoso (nome ricavato dalla Fantasia in un solo movimento dello stesso Schumann), è in tempo 4/4 e inizia con un accordo di dominante dell'orchestra. Questo accordo è seguito da una progressione di accordi del pianoforte solo che si immerge verso il basso, ritmicamente ben scandita, corrispondente all'ideale di Florestano. Solo allora risuona il sognante tema principale, che corrisponde all'ideale di Eusebio, eseguito dai fiati. La melodia è eseguita dal primo oboe e inizia con le note C - H - A - A (do-si-la-la), che stanno per la grafia italiana del nome (CHiArA) della moglie del musicista.

Nel corso del primo movimento, Schumann varia questo tema in molti modi. Mentre lo strumento solista si dedica all'idea principale del concerto, gli archi iniziano a intonare un'idea laterale florestana e sincopata. Successivamente, questa idea diventa dominante fino al ritorno del tema principale in una forma variata.

Il secondo movimento è in fa maggiore, intitolato Andantino grazioso: inizia con una melodia sottile e intensa, suonata da archi e pianoforte. Segue poi il tema principale del movimento segue con l'introduzione dei violoncelli, in modo che il pianoforte assuma una funzione più di accompagnamento. Si conclude con una breve ripresa del tema del primo movimento, prima che il subito dopo inizi il terzo.

Il terzo movimento, Allegro vivace, in la maggiore, è introdotto dal pianoforte che duetta briosamente con il potente accompagnamento orchestrale. Nel complesso, il movimento è caratterizzato da un pianismo estremamente vario e policromo, con interessanti strutture temporali. Il finale affascina con potenti giri di basso del pianoforte e termina drammaticamente con un rullo di timpani.

La struttura del concerto di Schumann ha ispirato anche altri celebri concerti per pianoforte e orchestra, primo tra tutti quello di Edvard Grieg, anch'esso in la minore e che impiega un unico potente accordo orchestrale all'introduzione, prima dell'ingresso del pianoforte con una simile progressione discendente. E moduli simili vennero usati anche da Pëtr Il'ič Čajkovskij, Sergej  Rachmaninov e Camille Saint-Saëns.

Beatrice Rana, in una splendie mise di paillettes rossa, ha avuto un'ottima intesa con Jakub Hrůša, e insieme hanno esaltato la grande cantabilità e passionalità della musica di Schumann. Anche se per certi versi la sua interpretazione appare meno "passionale" di quelle di pianisti come Ashkenazy, Barenboim, Kempff e Argerich. Il pubblico ha applaudito a lungo la performance della pianista pugliese che ha concesso un acclamato bis.

La terza composizione in programma era la celebre Settima sinfonia in la maggiore op. 92 di Ludwig van Beethoven su cui è d’obbligo ricordare i giudizi di Richard Wagner, che la definì “apoteosi della danza”, e di Johann Wolfgang von Goethe, che vi vide, ben prima di Friedrich Nietzsche, perfettamente fusi l’elemento apollineo e quello dionisiaco, chiamandola un’opera “greca” secondo la sua propria maniera.

Composta tra il 1811 e il 1812, ebbe la sua première all’Università di Vienna nel 1813, nel corso di un concerto organizzato per sovvenzionare l’esercito austriaco, reduce dalla battaglia di Hanau combattuta contro Napoleone.

Hrůša conduce l’orchestra con movenze quasi ritmate, accompagnando sapientemente con i gesti e la bacchetta le repentine variazioni strumentali che si percepiscono fin dal primo movimento (Poco sostenuto. Vivace). Il tema iniziale (che presenta varie e sorprendenti analogie con il secondo tema del quarto movimento della Sinfonia in re maggiore KV 97 di Mozart, a Beethoven ignota perché inedita) è prima accennato dagli oboi e poi ripreso e completato dagli altri strumenti a fiato. La cellula ritmica fondamentale viene poi a introdurre le prime quattro battute del Vivace, che si snoda attraverso un’orgiastica varietà di effetti timbrici, di vertiginosi cambiamenti di registro e di continue tensioni e distensioni armoniche.

Segue il secondo movimento, il celeberrimo Allegretto: Hrůša lo fa eseguire quasi come se si trattasse di un tempo lento (che in questa sinfonia, come nella “sorella” VIII, è assente). Aperto e chiuso da un accordo di la minore, l’Allegretto si fonda, nel suo mesto e insieme quasi festoso incalzare, su un solo modulo ritmico (scandito dai fiati), che accompagna quasi come un discorso continuo la melodia orchestrale, affidata ai violini (modulo che verrà ripreso nel quartetto schubertiano Der Tod und das Mädchen), finché in conclusione tutti gli strumenti riprendono i due motivi.

Secondo Adorno non è sufficiente sostenere che anche questo movimento mantiene il carattere di danza. Per il grande musicologo francofortese, in esso opera una feconda dialettica tra fissità, oggettività e dinamica soggettiva. Il tema è dapprima fisso, quasi come una passacaglia, ma è in sé stesso estremamente soggettivo: il soggetto e l’oggetto vengono mediati attraverso il destino, per cui il segreto soggettivo trapassa impercettibilmente nella fatalità oggettiva. L’apparente fissità che si può constatare all’ascolto non deriva dal tema stesso, ma da un paradosso: siamo in presenza di variazioni che non variano, nella misura in cui riprendono compendiosamente tutte le novità musicali introdotte da Haydn e da Mozart.

Il terzo movimento (Presto), in forma di Scherzo, inizia con un vero inno alla gioia di vivere, riprendendo il tema dell’introduzione e alternando vari motivi ritmi e melodici, con le sezioni strumentali che quasi gareggiano nell’inseguire i vorticosi cambiamenti ritmici. Si inserisce anche il motivo di un canto popolare religioso austriaco, che funge da ritornello nella parte conclusiva (Presto meno assai).

Il quarto e ultimo movimento (Allegro con brio) vede Hrůša dirigere l’orchestra in modo da dilatare al massimo i tempi, sia pure con evidente e febbrile concitazione. La musica diventa quasi vorticosa, ispirata a una sorta di furore bacchico, con un vigoroso tema in sedicesimi che si alterna con un motivo trionfale introdotto dai fiati e ripreso dagli archi. È probabile, tra l’altro, che Beethoven abbia attinto qui a varie fonti, dalla canzone folk irlandese Nora Creina alla marcia trionfale di François Joseph Gossec nell'opera Le Triomphe de la République.

Nella perorazione conclusiva assistiamo quasi a un’estasi ritmica che ha fatto giustamente parlare di trascendenza, nel senso di un’apertura totale alla vita e al mondo, in cui lo spirito subisce, per usare un'espressione del musicologo Ernest Newman, una divina e mistica intossicazione.

Lunghi applausi hanno richiamato il direttore d'orchestra di Brno, dove si svolge un celebre festival dedicato a Leoš Janáček, uno dei piu' mirabili compositori della patria di Hrůša, la Repubblica Ceca, e che l'Orchestra Nazionale di Santa Cecilia, con ottimo afflato ha accolto come Direttore Ospite Principale.

Pubblicato in: 
GN10 Anno XV 11 gennaio 2023
Scheda
Titolo completo: 

Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Stagione Sinfonica 2022/2023

Concerto per il Nuovo Anno - 8 gennaio 2023
Direttore: Jakub Hrůša; pianoforte: Beatrice Rana

Parte prima
Carl Maria von Weber
Der Freischütz (Il franco cacciatore) op. 77: Ouverture.

Robert Schumann
Concerto in la minore per pianoforte e orchestra op. 54
1) Allegro affettuoso. Andante espressivo. Allegro

2) Intermezzo. Andantino grazioso

3) Allegro vivace

Parte seconda
Ludwig van Beethoven
Sinfonia
n. 7 in la maggiore, op. 92
1. Poco sostenuto. Vivace
2. Allegretto
3. Scherzo. Presto
4. Allegro con brio