Supporta Gothic Network
Side by Side. Il cinema di oggi tra pellicola e digitale
Proiettato in anteprima sulla piattaforma "MyMovies Live!" in streaming e presentato nel corso di diversi festival del cinema internazionali, tra cui il 62° Berlinale Film Festival e il più recente Milano Film Festival 2012, il documentario "Side by Side", diretto da Christopher Kenneally e prodotto da Keanu Reeves, intende fare il punto sulle attuali tecniche cinematografiche digitali, ma con un costante riferimento a quelle precedenti realizzati in celluloide, ovvero la pellicola.
Il film, che ha l'obiettivo di approfondire la scienza del digitale e il suo impatto sulla cinematografia ma anche sul pubblico, è costituito da molteplici estratti da interviste, condotte in prima persona dallo stesso Reeves, ai registi più importanti e significativi del cinema contemporaneo che, con continui riferimenti alle proprie esperienze dirette e alle scelte registiche, esprimono in merito il personale punto di vista. Allo stesso tempo, però, il documentario ripercorre – grazie agli interventi di tecnici, tra cui ad esempio i direttori della fotografia – le fasi intermedie verso la digitalizzazione delle riprese.
Considerazione comune è il riferimento al mezzo concreto, quindi la pellicola – "film", che ha dato il nome alle produzioni cinematografiche – utilizzata fin dalle prime vedute dei fratelli Lumière a oggi. E' quindi l'oggetto materiale che ha segnato a tutti gli effetti la storia dell'arte cinematografica, ma che – in misura massiccia soprattutto negli ultimi anni – viene messo da parte sempre più in favore delle riprese con macchine da presa digitali.
Dopo la nascita del sensore ottico CCD alla fine degli anni '60, che permise per la prima volta di "catturare le immagini" e, mediante un impulso elettrico, riprodurle su un monitor, negli anni seguenti vennero realizzate le prime videocamere digitali sufficienti per le riprese televisive o semplicemente amatoriali. Già negli anni '90, però, alcuni registi innovativi iniziarono ad utilizzare queste prime videocamere digitali per girare film, di cui è esempio emblematico "Festen" (1998), diretto da Vinterberg, che colpì parte della critica e altri registi per l'immediatezza e il "movimento emotivo" delle riprese, che apparvero comunque troppo estemporanee.
In seguito si registrò un vero e proprio boom di produzioni in formato digitale, che offriva già inizialmente alcuni vantaggi: tempi di ripresa più veloci e non limitati dal consumo della pellicola, un numero maggiore di inquadrature utili e costi più bassi, raggiungendo alcuni risultati notevoli, come nel caso del film "28 giorni dopo" (2002), diretto da Danny Boyle.
Dai primi anni del 2000, varie case produttrici hanno gareggiato nella produzione di performanti macchine da presa digitali fino a quando si impone sul mercato la Red One con un nuovo modello in HD, anche in formato più leggero per essere facilmente trasportabile. La versione da mano, ad esempio, è stata essenziale per le riprese del film "The Millionaire" (2008), diretto dallo stesso Boyle, il cui successo più importante è stato, da questo punto di vista, l'Oscar alla Miglior fotografia nel 2009.
Già la realizzazione di "Star Wars II – L'attacco dei cloni" (2002), girato da George Lucas attraverso una macchina da presa digitale sperimentale in HD, aveva sconvolto Hollywood, che aveva mostrato in un primo tempo forti resistenze al nuovo metodo, pensando che il digitale avrebbe messo fine all'arte cinematografica, mentre Lucas rispose che si trattava soltanto di un altro mezzo.
Allo stesso tempo, insieme allo sviluppo del sistema digitale, si verificò un progressivo miglioramento delle tecniche relative alla computer grafica fino alla possibilità di correggere digitalmente intere inquadrature dei film, sostituendo così i metodi fotochimici, con cui precedentemente era possibile solo bilanciare i tre colori fondamentali: blu, rosso e verde.
Ormai, dai primi del 2000, non è insolito per gli spettatori vedere film con all'interno personaggi, oggetti, paesaggi e perfino intere sequenze costruite interamente al computer, oltre a mirabili effetti speciali, a partire da "Matrix" (1999), la trilogia de "Il Signore degli Anelli" (2001-2003), fino alla saga de "I Pirati dei Caraibi" (2003-2011).
Il digitale è stato poi fondamentale per la realizzazione del pluripremiato "Avatar" (2009), diretto da James Cameron, a cui ha fatto seguito un generale uso massiccio ed anche eccessivo del 3D nelle produzioni seguenti.
Se il regista canadese, insieme a Lucas e ad altri, rappresenta la tendenza favorevole al cinema digitale, fino alla sostituzione della pellicola, sull'altro versante, invece, c'è chi continua ad usarla e a preferirla alle riprese digitali, semplicemente per la sua bellezza e l'insostituibile concretezza, oltre al legame con la tradizione cinematografica che essa rappresenta. In conclusione, comunque, tutti sono stati concordi nel considerare il grande cambiamento in corso nell'ambito della distribuzione del film e, ormai, oggi è diverso anche il concetto di "andare al cinema", in favore di un uso sempre più largo dello streaming in rete, di cui è un esempio proprio la piattaforma su MyMovies che ha permesso a milioni di spettatori di vedere questo documentario cinematografico che propone riflessioni sul cinema stesso. Il problema che resta da affrontare per i cineasti di oggi è relativo all'archiviazione dei filmati digitali, poichè, quasi per "ironia della sorte" – come ha affermato Scorsese – "ancora oggi la pellicola è l'unico modo per conservare filmati e rivederli anche tra sessanta o settant'anni."
A mio avviso, se da un lato la modalità digitale è migliore e più performante sotto molti punti di vista, con sguardo nostalgico agli oltre cento anni di storia del cinema, la pellicola rimane ancora oggi densa di significato e fascino per molti spettatori e potrà sempre rappresentare un concreto e simbolico ponte fra la tradizione e l'attuale corso degli eventi.
In fondo, come alcuni registi hanno sottolineato in conclusione, il cinema resta un'arte per raccontare storie e il digitale è uno dei suoi strumenti, che può mantenerne vive le tradizioni, come è stato proprio per l'ultimo film di Martin Scorsese, "Hugo Cabret" (2011), girato con una macchina da presa digitale e in 3D, ma la cui storia è densa di richiami e riferimenti alle origini della storia del cinema, di cui è un meraviglioso omaggio.