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Una storia senza nome di Roberto Andò. Tra arte e mafia
Vi sono dei film che avendo la dichiarata ambizione di essere opere d’arte perfettamente compiute contengono elementi di natura estetica grazie ai quali è possibile riflettere sul rapporto tra realtà e finzione, storia e invenzione, verità e menzogna. Proprio per la sua bellezza e profondità rientra in questa categoria di opere cinematografiche l’ultimo film di cui è autore e regista Roberto Andò, da poco approdato nelle sale italiane con il titolo assai efficace di Una storia senza nome.
Nella prima sequenza con cui la rappresentazione per immagini ha inizio, compare un personaggio che vive in modo disperato la propria crisi creativa. Si tratta di uno sceneggiatore, il cui nome è Alessandro Pes interpretato in modo convincente da Alessandro Gassmann, il quale, dopo avere firmato soggetti cinematografici di successo, non riesce a scrivere. Per mantenere i rapporti con il mondo del cinema si fa scrivere le sceneggiature dalla segretaria del produttore, Valeria Tramonti.
Pes ha la necessità di proporre al produttore un soggetto da cui ricavare un nuovo film, avendo già ricevuto un lauto compenso per il suo lavoro. Per questo Pes incalza Valeria, personaggio femminile di grande sensualità impersonato dalla bravissima Micaela Ramazzotti, perché concluda in tempi rapidi la stesura della sceneggiatura. Nel film a questo punto – ed è un dei tanti episodi che nel racconto cinematografico sorprendono lo spettatore coinvolgendolo emotivamente – compare un personaggio misterioso e ambiguo. Si tratta di un anziano signore, il cui nome è Alberto Rak, che incontra la sceneggiatrice, alla quale promette di raccontare una storia piena di misteri e lati oscuri da cui potrà ricavare un soggetto da trasformare in film.
A questo punto della rappresentazione nel film è evidente il riferimento al mistero che da sempre circonda la genesi delle opere d’arte, le quali possono derivare da fatti storici realmente accaduti, dall'intuizione dell’artista, sia esso uno scrittore o un regista, dalla visione di un problema presente in un determinato periodo della storia. Valeria Tramonti, dopo avere scoperto il contenuto della storia che Rak le ha raccontato, scrive una sceneggiatura molto profonda. Al centro del soggetto cinematografico vi è il fatto storico realmente avvenuto, che riguarda il modo in cui nel lontano 1969 la tela di Caravaggio, intitolata La natività, venne sottratta dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo, sulla cui sorte nel corso del tempo sono fiorite e nate innumerevoli ipotesi e congetture.
Appena la sceneggiatura ottiene l’approvazione del produttore Vitelli, e si decide di trasformarla in un film, un signore aristocratico, che frequenta le cene dei potenti ed è vicino agli ambienti della mafia, viene persuaso a desistere dal sostenere il finanziamento dell’opera cinematografica. Infatti la sceneggiatura, di cui è autore Pes, ma che in realtà è stata scritta da Valeria Tramonti, racconta che la tela del Caravaggio venne trafugata dalla mafia, e addirittura ridotta in brandelli e data in pasto ai maiali. Infatti Pes verrà posto sotto sequestro dagli uomini della onorata società e sottoposto a violenze e percorse: ma rifiutandosi di rivelare la fonte da cui ha attinto le notizie al centro della sceneggiatura, finirà in coma in ospedale. In questa parte del film, partendo da un episodio realmente accaduto, la sottrazione di un capolavoro dal patrimonio artistico del nostro Paese, Roberto Andò pone l’accento sul fatto che la mafia disprezza la cultura, i libri, i princìpi della nostra Costituzione e si muove in una dimensione occulta grazia alla quale intrattiene rapporti di connivenza con il potere politico ed economico.
Il racconto della sparizione del grande dipinto del Caravaggio, tra l’altro, nella finzione cinematografica assume un valore conoscitivo volto a evocare i misteri della storia repubblicana. Infatti la madre di Valeria Tramonti è un'affermata scrittrice che aiuta il ministro dei Beni culturali a sfoggiare citazioni culturali e letterarie per impreziosire il suo povero e vacuo eloquio. Sarà proprio a Palazzo Chigi, dove la scrittrice ha accompagnato il ministro, che parteciperà ad una riunione con esponenti del mondo delle istituzioni e che si parlerà in modo ambiguo e mellifluo di una trattativa tra lo Stato e la mafia per ottenere la restituzione del capolavoro di Caravaggio. In questo episodio, sorprendente per come è collocato all’interno del film, è evidente il riferimento alla trattativa tra Stato e mafia, su cui recentemente si è pronunciata la magistratura, fugando i dubbi che ancora esistevano. Valeria Tramonti alla fine del film, con un'agnizione di grande valore simbolico, scoprirà la identità di Rak. Un film di notevole valore artistico e culturale e di grande profondità.