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Tosca a Torre del Lago. La possenza vocale e la catarsi verista
Incantevole serata quella dell’8 agosto 2010 a Torre del Lago, merito della presenza di artisti del calibro di Maria Guleghina, straordinario soprano ucraino; di Giorgio Surian, eccezionale nei panni del Barone Scarpia; del grande tenore coreano Sung Kyu Park. La Tosca al Gran teatro all’Aperto di Giacomo Puccini (13, 21 agosto le altre repliche) è andata in scena nell’allestimento tradizionale e filologico di Beppe De Tomasi, con le scene di Antonio Mastromattei ed i costumi di Pierluciano Cavallotti.
Il primo atto si apre all’interno di una chiesa. Una scala, inserita in un'architettura della tradizione sette-ottocentesca, conduce al grande quadro di Maria Maddalena, ritratta dal pittore Mario Cavaradossi, con il volto della marchesa Attavanti, che egli ha visto più volte entrare in una cappella, da cui esce Cesare Angelotti, fratello della marchesa e già console della repubblica romana, soppressa dalle truppe napoletane di Ferdinando IV. Angelotti, evaso da Castel Sant’Angelo, è ricercato dal Barone Scarpia, capo della polizia. Cavaradossi, di sentimenti liberali, lo nasconde. Ecco che entra in scena Tosca, cantante famosa ed amante di Cavaradossi.
Le due possenti voci dal timbro chiaro s’innalzano in un intreccio di sentimenti: la gelosia di lei, suscitata dal quadro e l’amore di lui, turbato e quindi poco convincente nel rassicurare la donna. Le voci a tratti guizzano nelle opposizioni di Tosca (Ma falle gli occhi neri...), a tratti sfumano nelle parole d’amore del pittore. Di grande effetto visivo e sonoro il corteggio che accompagna il cardinale all’altare maggiore per il Te Deum, che conclude il primo atto.
Il secondo atto ci introduce a Palazzo Farnese. Scarpia è seduto alla tavola e sta cenando. Inizia l’interrogatorio di Cavaradossi, per strappargli il nascondiglio di Angelotti. Tosca, nel frattempo sopraggiunta, appare in tutta la sua bellezza e forza scenica, con uno splendido abito rosso, forse un richiamo al delitto che tra poco sarà compiuto, l’uccisione di Scarpia con un coltello ed al sangue che macchierà le mani pure. Tosca soffre, si dispera, cerca di opporsi al terribile ricatto, ma le urla strazianti di Cavaradossi torturato la spingono alla fatale rivelazione, in cambio di un salvacondotto per sé e l’amante. Tutti questi sentimenti si condensano nell’Andante lento appassionato “Vissi d’arte“ della Guleghina, cantato con tale passione da emozionare Il pubblico che applaude senza riserve, tanto da strappare un bis. I personaggi sono in vario modo dominati dalla sensualità: Scarpia, sempre più terribile nell’interpretazione di Surian, più volte tenta di possedere Tosca, che con mani supplici, invocando pietà, si oppone. E’ un orrore che richiama un altro orrore, la violenza che ogni giorno oggi si compie contro le donne.
Il terzo atto si svolge sulla piattaforma di Castel Sant’Angelo. E’ l’alba, ma la scena è ancora dominata dalle ombre. Il malinconico stornello di un giovane pastore contrasta con l’attesa della morte di Cavaradossi, ignaro del patto che la donna amata ha stipulato con il suo terribile nemico. Colto dai ricordi dei giorni felici, inizia l’Andante lento appassionato “E lucean le stelle“. La commozione degli spettatori è alta alle parole cantate con tanta forza e disperazione dal tenore Park: “L’ora è fuggita….e muoio disperato!”. Quando Tosca si accorge dell’inganno di Scarpia, il plotone di esecuzione non ha sparato a salve, ma ha ucciso veramente l’amato, si getta nel vuoto. Queste scene finali sono il tributo che Puccini paga al Verismo, ma l’effetto teatrale, attentamente preparato e dosato da Beppe De Tomasi, è di efficacia innegabile.
Pier Giorgio Morandi dirige l’orchestra (si alterna con Fabio Mastrangelo) traendo sonorità compatte e dolcissime, con tempi impeccabili e volumi adeguati. Una curiosità: anche lui canta con grande passione per tutto il tempo, mentre la sua bacchetta disegna rapide piroette.