I Vangeli socialisti. La matrice cristiana della rivoluzione

Articolo di: 
Teo Orlando
La scoperta dei Vangeli socialisti

La scoperta dei Vangeli socialisti di Emanuele Pinelli, appena uscito per i tipi di Mimesis, si presenta come un contributo affascinante e intrigante alla storia del pensiero socialista, avendo tra l'altro il merito di portare alla luce fonti e autori ben poco noti al pubblico italiano, con piglio narrativo, solidità dottrinale, attenta ricognizione delle fonti e rigore dell'analisi.

Il libro si incentra sulla dettagliata analisi di tre cosiddetti "Vangeli socialisti": il Vangelo del Popolo di Alphonse Esquiros, il Vangelo di un povero peccatore di Wilhelm Christian Weitling e il Vero Cristianesimo secondo Gesù Cristo di Étienne Cabet. Ai tre capitoli dedicati a questi testi, viene anteposta una sorta di lunga premessa storico-metodologica, intitolata "La matrice cristiana del socialismo". 

È da essa che si può prendere le mosse per comprendere il significato del libro. Pinelli ricostruisce con verve e acume la storia dei rapporti tra il Cristianesimo (o meglio tra l'interpretazione del messaggio cristiano) e i movimenti protosocialisti tra Ottocento e Novecento. Una domanda solo apparentemente ingenua (se il Nuovo Testamento abbonda di epressioni che, prese alla lettera, parlano di comunione dei beni, di rinuncia alle ricchezze, di attenzione per gli emarginati e i reietti, di condanna dei potenti e diffidenza verso il denaro e l'usura, allora è lecito identificare i primi movimenti socialisti e comunisti come legittimi eredi di queste teorie, sia pur inquadrate in una dimensione mitica e utopica?) riceverà nel libro una risposta positiva, ma non scevra da una forte problematizzazione.

I "Vangeli" esaminati dall'autore non sono "storie alternative" o ricostruzioni secolarizzate, illuministiche o dialettiche della vità di Gesù (come la Leben Jesu di Hegel o Das Leben Jesu kritisch bearbeitet di David Friedrich Strauss, uno dei capiscuola dell'hegelismo di sinistra), bensì riletture, fedeli alla lettera dei vangeli canonici, ma intrise di profondi messaggi sociali e con un notevole afflato pedagogico rivolto alle masse. Si consideri che nei paesi cattolici, come era pure la Francia, gran parte dei popolani era analfabeta e anche chi aveva rudimenti di alfabetizzazione non conosceva comunque il latino, unica lingua autorizzata dalla Chiesa anche per la lettura diretta dei testi sacri. Pertanto, il primo autore considerato, Esquiros, nello scrivere il suo Vangelo si rivolge dichiaratamente alle classi povere e poco istruite, presentando Gesù come un "giacobino sovversivo".

Del resto, come nota acutamente l'autore, gli autori di questi Vangeli si rifanno alle teorie illuministiche "latitudinarie", ossia incentrate sulla ricerca di un nucleo razionale comune a tutte le religioni o proprio di una sorta di religione naturale (riassumibile nella cosiddetta golden rule: "ama il prossimo tuo come te stesso e non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te"), quando si tratta di difendere la libertà e la parità dei diritti. Ma allorché si tratta di propugnare idee come la comunanza dei beni o l'abolizione della proprietà privata, allora si moltiplicano i riferimenti al Gesù storico e alla sua persona fisica. E non a caso i due più strenui combattenti per la causa "popolare" nella rivoluzione francese, il "montagnardo" Marat e il protocomunista Babeuf, furono oggetto di una vera e propria "apoteosi cristomorfica", divenendo il primo una sorta di "secondo Cristo" e l'altro cercando di rendere le sue dottrine simili a quelle "del nostro Salvatore", come si espresse il suo discepolo anarcoide Filippo Buonarroti.

Notevoli sono anche le pagine in cui Pinelli individua i presupposti di questo intreccio teologico-politico negli scritti del conte di Saint-Simon (che nel Nuovo Cristianesimo pensa di poter tradurre il messaggio cristiano in una formulazione riformistica sul piano sociale), di Felicité de Lamennais, passato da un cattolicesimo ultratradizionalista a una polemica esplicita con papa Gregorio XVI, che contro di lui (e non solo) scrisse l'enciclica "reazionaria" Mirari Vos, benché le sue idee fossero piuttosto "social-democratiche" che socialiste o comuniste (era per il suffragio universale e la proprietà diffusa) e di Pierre Leroux; quest'ultimo, oltre ad aver coniato lo stesso termine "socialismo", elabora un'originale teoria dell'umanità, per superare ogni distinzione di "casta" o di "razza". Ma il suo vero merito fu quello di aver messo in luce i due pilastri "occulti" della filosofia politica del XIX secolo: l'idea di Umanità e l'idea di Progresso, ossia le versioni secolarizzate delle idee giudaico-cristiane di slancio universalistico e attesa escatologica.

Venendo invece agli autori più attentamente analizzati da Pinelli, va sottolineato che egli individua in Esquiros, Cabet e Weitling una matrice comune: la fede in Dio come creatore del mondo e della natura (delle cui risorse tutti gli uomini devono godere equamente e in comune), e la fede in Gesù Cristo come predicatore dell'amore fraterno e vittima dei potenti e del clero dominante come casta teocratica. Ne consegue che spetterà al popolo come entità collettiva il ruolo, messianico e rivoluzionario a un tempo, di redenzione della società, fino al rovesciamento dell'ordine politico-economico vigente. In questo simili al successivo marxismo utopico di Ernst Bloch, anche questi autori auspicano un ordine nuovo dove le disuguaglianze scompariranno e oguno sarà felice. La società giusta sarà la realizzazione secolare prossima del promesso regno dei cieli.

Ciononostante, vi sono notevoli differenze tra i tre autori: il Dio di Esquiros e di Cabet, ad esempio, è una sorta di Provvidenza che vigila sul corso della storia indirizzandola verso il meglio. Il Dio di Weitling, invece, coincide sempre di più con la sua proiezione antropologica e terrena, ossia con la figura del Cristo. Per certi versi, anzi, Weitling, imbevuto più degli altri due di filosofia tedesca, contrappone il Dio sconfinato e inattingibile, quasi la divinità abissale di Schelling, al Dio in carne e ossa, con tutte le sue debolezze, rappresentato da Gesù Cristo.

Non possiamo in questa sede soffermarci sugli altri innumerevoli spunti che la monografia di Pinelli ci offre: basti qui solo accennare alla sintetica ma profonda ricostruzione dei legami che connettono questi autori con il pensiero di Marx ed Engels, e, soprattutto, con il socialismo liberale di Carlo Rosselli, da lui visto come una forma di mistica, alternativa a quella dottrina sociale della Chiesa che verrà invece fatta propria dalla nascente Democrazia Cristiana, forse più prossima al Volksgeist, allo spirito popolare che è il vero "genio" del popolo italiano.

Pubblicato in: 
GN38 Anno VIII 2-9 settembre 2016
Scheda
Autore: 
Emanuele Pinelli
Titolo completo: 

La scoperta dei Vangeli socialisti. L'ispirazione cristiana nei primi decenni del movimento operaio e le vite di Gesù scritte dai suoi primi leader, Milano, Mimesis, 2016. Collana "Eterotopie", € 20,00.