Adelphi. Parla, ricordo di Vladimir Nabokov

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
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Nel suo splendido libro, una autobiografia intellettuale intitolata Parla, ricordo, di Vladimir Nabokov, in apertura della narrazione, che coinvolge ed emoziona il lettore in sommo grado, osserva che la nostra esistenza è un breve e fugace spiraglio di luce tra due estremità composte di un nulla che sconfina con l’infinito.  Senza la coscienza umana non sarebbe possibile avere la cognizione del tempo e, di conseguenza, la teoria della ricapitolazione da cui deriva la poetica della memoria.

Subito, seguendo i ricordi che affiorano nel suo animo, gli compare l’immagine del padre che nello studio della loro sontuosa abitazione, situata in una via elegante di San Pietroburgo, ai tempi della guerra del 1904 della Russia contro il Giappone, discute con il generale Kuropatkin, a cui venne affidato il comando dell’esercito russo in questa guerra cruenta. Sono intense e poeticamente riuscite le pagine del libro in cui vi è un ritratto memorabile della madre dell’autore, una signora raffinata ed aristocratica, figlia di un ricco proprietario terriero, che  provava una invincibile avversione verso i rituali della religione greco-ortodossa, anche se riconosceva che il Vangelo conteneva un messaggio morale e filosofico di fronte al quale era impossibile rimanere indifferenti.

Tuttavia, la madre di Nabokov rifiutava di abbracciare i dogmi religiosi e sosteneva che bisognasse amare, durante la propria vita, con tutta l’anima e lasciare il resto al fato imperscrutabile. Ricorda l’autore la passione ammirevole con cui sua madre trascriveva in un elegante album le poesie di Majkov e di Majakovskij. Lo zio Ruka, ricco possidente, destinato a morire in giovane età, ed impegnato in attività diplomatiche vaghe e inconcludenti, colpì il futuro scrittore quando in sua presenza affermò di essere solo e triste come un filo d’erba in un desolato campo. L’autore ammette che negli anni da esule, successivi alla rivoluzione russa avvenuta nel 1917, quando ebbe inizio l’esilio per lui e la sua famiglia a Londra, Parigi e Berlino, richiamare alla mente con immediatezza i frammenti del passato è sempre stata un’azione che ha continuato a reiterare per molto tempo, ricavandone un piacere interiore grande e destinato ad  attenuare il sentimento della nostalgia per un mondo dissolto e seppellito nel passato della propria vita.

La vita dell’autore, come della sua famiglia, influente e potente, visto che il padre era un giurista, esperto di diritto internazionale ed un uomo di Stato, fino all’avvento del regime dei bolscevichi, era scandita nel corso dell’anno in due momenti, l’inverno trascorso a San Pietroburgo, l’estate nella ricca e vasta tenuta di campagna a Vyra. Nel 1905, quando in Russia vi furono scioperi, tumulti e scontri e sommosse, il padre decise di preservare al sicuro la famiglia nella tenuta di campagna, in cui comparve la signorina svizzera, chiamata  Mademoiselle. Fu questa donna, incaricata di educare l’autore e suo fratello, ad avviarli alla lettura. Con il ritmo fluente della sua voce dolce e malinconica, mentre l’autore attraverso i vetri verdi e gialli dello studio della dimora di campagna in preda all’estasi contempla le chiome degli alberi smosse dal vento e ricoperte di neve, Mademoiselle legge ai giovani Nabokov I Miserabili di Victor Hugo e Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas, formando la coscienza e la sensibilità estetica di Vladimir Nabokov e di suo fratello. Per l’autore la sua istitutrice svizzera, nel ricordo, gli appare come  una persona che si  sentiva  infelice, poiché l’infelicità era il suo elemento naturale da cui non riuscì mai a liberarsi.

Leggendo alcuni libri, l’autore scopre l’entomologia e la passione per le farfalle, a cui ha dedicato la sua intera vita. Nabokov presto diviene consapevole dei legami esistenti tra lo studio delle farfalle e i problemi centrali della natura, a partire dalla teoria dell'evoluzione elaborata da Darwin. Ammette che la passione per l’entomologia gli ha dischiuso la dimensione del piacere non utilitaristico che aveva ricercato nell’arte e nella  letteratura. Sia l’entomologia sia l’arte letteraria gli paiono una forma sublime di magia, un gioco intricato di sortilegio ed illusione, al cospetto del quale ammette di provare l’estasi dei sensi e della mente. Per l’autore, trovarsi immerso  nella natura, al cospetto delle piante, di cui  le farfalle si nutrono,  significa provare la vertigine mentale che deriva dalla assenza e mancanza del tempo, in cui non ha mai creduto.

A Biarritz, durante una vacanza con la famiglia, rimane colpito dal fascino e incantato dalla giovane Colette, che in seguito rivedrà in un giardino di Parigi. Levskji fu l’istitutore protestante che ebbe molta influenza sulla formazione di Nabokov, a cui lesse un poema in versi di cui era autore Lermontov, nel quale venivano raccontate le avventure di un giovane monaco che aveva abbandonato il suo monastero per vagare da uomo libero tra i monti. Memorabile sul paino letterario e storico è il ritratto che l’autore traccia di suo padre, che venne ucciso nel 1922 a Berlino, dove si era rifugiato dopo la rivoluzione bolscevica del 1917. Nel 1905 il Professore Nabokov, giurista e uomo di stato, venne privato del titolo di corte, decisione che lo indusse a tagliare i ponti con il brutale ed oppressivo regime degli zar e ad iniziare una attività di opposizione verso il dispotismo politico esistente nel suo Paese. In seguito quando lo zar sciolse la Duma, il parlamento dell’epoca, alcuni membri, tra cui suo padre, si recarono a Vyborg per tenere una seduta illegale del parlamento nel maggio del 1908 e per promuovere un manifesto politico di opposizione verso il regime zarista.

Per questo motivo venne condannato ad espiare una pena di tre mesi in carcere. Nel 1917 il padre dell’autore venne eletto all'Assemblea costituente, da cui fu estromesso dai militanti bolscevichi e arrestato nuovamente all’atto dello scioglimento della assemblea eletta dal popolo. Nel 1917 si dimise dal governo guidato da Kerenskij in cui aveva ricoperto la carica di ministro della giustizia. Trovandosi in esilio in Crimea a Jalta, Nabokov con l’animo angosciato per l’esilio ripensa alle elegie scritte da Puškin, quando si trovò nella medesima sua condizione esistenziale. In Inghilterra a Cambridge, durante gli studi universitari, oramai in esilio dal suo amato Paese, discutendo con un intellettuale, chiamato nel libro Nesbit, Nabokov rimane sorpreso e sconcertato  per l’entusiasmo che questo intellettuale socialista dichiara di provare per l’illiberale e dispotico regime creato da Lenin, in cui ogni aspetto della vita sociale, umana e culturale ed economica è subordinato allo strapotere del partito unico.

Con la creazione dei campi di concentramento, il silenzio imposto agli intellettuali critici verso il regime sovietico e l'eliminazione dei presunti nemici del popolo ai tempi dello stalinismo, questa illusione coltivata dagli intellettuali di sinistra in occidente si infranse e naufragò. Nella parte finale del suo libro, interrogandosi sull’enigma legato alla nascita della coscienza individuale, Nabokov nota che  l’homo poeticus ha preceduto la nascita dell’homo sapiens, volendo con ciò notare come la conoscenza sia nata dal sentimento di stupore verso la creazione sperimentato dalla mente umana. Un libro bello e profondo, imperdibile.

Pubblicato in: 
GN20 Anno XIII 23 marzo 2021
Scheda
Autore: 
Vladimir Nabokov
Titolo completo: 

Parla, ricordo, traduzione di Guido Ragni. A cura di Anna Raffetto, Milano, Adelphi, 2020, pp. 364.
€ 13,00.