Agnes Obel. Un caldo vento di fuoco dal Nord

Articolo di: 
Livia Bidoli
Agnes Obel

Il 5 maggio la danese fair and lady di suo Agnes Obel, è approdata al Parco della Musica di Roma: preceduta da una calda Melanie De Blasio, ha irrorato di suoni caldi ed intimistici la Sala Petrassi insieme agli archi di Anne Müller al violoncello e Mika Posen dei Timber Timbre al violino e viola.

I primi trenta minuti presentano una cantante con una voce calda e profonda, Melanie De Blasio accompagnata dalla chitarra acustica, che ben introduce la cantante danese di stanza a Berlino, dopottutto non troppo lontana dalla sua Copenhagen.

La prima song di Agnes Obel è Louretta, che ci scalda col refrain al piano che suona lei stessa in veste bianca: la coda del piano si irrora di note che martellano dolcemente quasi per distillare quell'acqua che fa nascere la canzone seguente, Philarmonics ancora dall'omonimo primo album del 2010. I suoni della Obel sono drammatici ma al contempo still, come se “fermamente” restassero nell'oblio di un tempo scaduto nel presente, e che viene mantenuto vivo solo dalla nostalgia della sua voce. I testi seguono questo mood e parlano di persone scomparse, in calze grigie, che preludono a delle probabilità che sembrano, eppur non sono, perdute:

Guess who died,
last night
In grey stockings,
in all might
It was no loss
The only God of mine

Beast, terza song da Philarmonics, è più vivace e sottolinea come anche gli archi possano tingersi di note quasi allegre in questa cavalcata tra trip hop e cantautorialità suadentemente al femminile. La prima track da Aventine, pubblicato nel 2013, presenta già il tema del “fuoco”, che con la Fuel to fire seguente si appiccherà del tutto: Pass them by, “accende lampade che luccicano nell'oscurità, che pregano nella luce della stanza” (trad.mia):

Lamps will glimmer on the gloom
Prey on the light in the room

On powdered ground è molto forte come approccio e fa spiccare la voce di Agnes Obel più di altre, mantenendo inalterato quel tesoro di cui si parla, nonostante cada come “neve polverosa”:

On what we treasure
falls a dusty snow

Sicuramente più struggente di altre, si eleva per gli assoli di viola che quasi ipnotizzano il pubblico, ed i tre fari sparati sulla platea non fanno che rendere il tutto quasi un kaelidoscopio interiore sui riverberi costanti della tastiera, e sul tappeto di toni melanconici dipinti come refrain di un loop. Chord left e Aventine sembrano un corredo a questo carillon del dolore, che però non si traduce mai in un abbandono completo della speranza, che ricorre come un vento su uno dei nostri colli che dà il titolo alla title track dell'album, Aventine, appunto.

Dopo Dorian, una ballad dolce dove la voce svolge il ruolo principale in modo più evidente, vi è un brano strumentale, Wallflower, di una ricchezza d'espressione straordinaria, tra piano e violoncello: rarefatto, procede a balzi e fermate, come un respiro bloccato nel suo nascere, che finalmente rifiata nella sua boccata d'aria agognata.

Ed è sempre l'acqua, come in Riverside, a lavare via le pene: perchè “quando quel vecchio fiume attraversa i tuoi occhi, per lavarne e gettarne la polvere sulla sponda del fiume, sei tu che devi avvicinarti all'acqua, perchè sarà il fiume ad essere i tuoi occhi e le tue orecchie” (trad.mia).

When that old river runs pass your eyes
To wash off the dirt on the riverside
Go to the water so very near
The river will be your eyes and ears 

Charlotte racconta di una storia che mi ha raccontato mio padre quando ero piccola e a lui la dedico”: ci dice Agnes prima di intonarla, proprio come una ninna-nanna e che dice che siamo tutti “come lune di stelle” (moonstars). “Questa è una canzone d'amore”, continua Agnes, per presentare Words are dead, il cui incipit dice tutto: “voglio comprarti delle rose, perchè le parole sono morte, mettile giù”.

I wanna buy you roses
'Cause the words are dead
Lower them down

I brillanti pizzicati degli archi inondano di note ritmate la canzone più celebre dell'album: The Curse, la maledizione, dove la voce vibra sul piano preparato da lei e su parole che sembrano contraddittorie: “se chiamassero ogni anima sulla terra e sulla luna, solo allora saprebbero che si tratta di una benedizione camuffata; la maledizione governava da sottoterra fino a riva, e tutte le loro speranze crebbero affamate di vivere diversamente da prima” (trad.mia).

If they called on every soul, on the land, on the moon
only then, would they know, a blessing in disguise

The curse ruled from the underground down by the shore
And their hope grew with a hunger to live unlike before

Un'enigma quasi, questo orecchiabile di The Curse, che ci lascia per pochi minuti ad applaudire il ritorno delle nostre tre, archi, piano e voce, per cantare Close Watch negli encorese poi, da sola, al piano, una tristemente lirica versione di Smoke and mirrors, come dice lei, “sulle illusioni”:

The crow, the cat, the bird and the bee
I'm sure they would agree
That my one is falling for tricks,
Smoke and mirrors playing your wit.

Il corvo, il gatto, l'uccello e l'ape,
di sicuro saranno d'accordo
che il mio amato lo stanno ingannando
Fumo e specchi stanno giocando con la sua arguzia.

Pubblicato in: 
GN26 Anno VI 15 maggio 2014
Scheda
Titolo completo: 

Fondazione Musica per Roma presenta
Un evento di La voce
Agnes Obel

Parco della Musica di Roma
5 maggio 2014

Setlist
1. Louretta
2. Philarmonics
3. Beast
4. Pass them by
5. Fuel to fire
6. On powdered ground
7. Chord Left
8. Aventine
9. Dorian
10. Wallflower
11. Riverside
12. Charlotte
13. Words are dead
14. The Curse

Encore

15. Close Watch
16. Smoke and mirrors