Alice tradotta da Artaud. Excursus tra i linguaggi immaginari. Prima parte

Articolo di: 
Livia Bidoli
Alice

Lewis Carroll (1832-1898) con Alice nel paese delle meraviglie (1) ha creato un testo indissolubilmente legato alle memorie dell’infanzia e nondimeno un intricato ‘riddle’ (enigma) per i critici, soprattutto per quanto riguarda alcuni brani e poesie il cui linguaggio non corrisponde alla semantica ed alla grammatica istituzionalmente accettate. Un capitolo in particolare, il VI di Attraverso lo specchio (2), ci presenta il personaggio di Humpty Dumpty, Dodu Mafflu (3) in una traduzione di Artaud: un ‘maître du langage’(4) che ci introdurrà nei meandri fascinosi delle due versioni che andremo ad esaminare.

"Alice nel paese delle meraviglie" viene pubblicato per la prima volta nel 1865, seguito qualche anno dopo da “Attraverso lo specchio, e quel che Alice vi trovò”, datato 1865. Nel VI capitolo di “Alice attraverso lo specchio” ci imbattiamo in un grosso uovo che piano piano acquisisce caratteri umani ed inizia una conversazione con Alice. Durante questo incontro Alice acquisirà una serie di nozioni linguistiche sulle parole-valigia, sul linguaggio secondo la prospettiva di Humpty Dumpty (l’uovo parlante) e le verrà spiegato il significato di una poesia letta da lei alla fine del I capitolo del libro, lo Jabberwocky, intessuta di parole-valigia. Le portmanteau words (5)  o parole-valigia, una tipica invenzione di Carroll, sono formate dalla compressione di due significati in una parola sola. Calvino per esempio le ha adoperate quando si è cimentato nella traduzione de “I fiori blu” di Raymond Queneau, nel 1967, ha scritto “tossulta” per “tossisce e sussulta”, facendo suo il meccanismo di Carroll. La discussione fra Alice e Humpty Dumpty sulle parole-valigia, sullo Jabberwocky e sul linguaggio e la sua formazione, saranno l’oggetto principale di quest’analisi comparandoli alla traduzione restituitaci da Artaud e alle sue concezioni in materia.

Le parole-valigia
Le parole-valigia o parole-baule sono tipiche delle fiabe di Carroll e sono formate da due parole unite in una il cui senso abbraccia ambedue i termini. Esempio: furious-fuming dà luogo a fruminous, oppure, nel caso più semplice e comprensibile di due nomi, fra Guglielmo e Richielmo, avremo Richielmo, come ci informa direttamente Carroll nella Preface a The Hunting of the Snark (1876, vedi nota 20).

Antonin Artaud (1896-1948), teorico del “teatro della crudeltà” (6) ha reso due traduzioni del VI capitolo di “Alice attraverso lo specchio”: una del settembre del 1943 l’altra del marzo 1947, ad un anno dall’uscita dal manicomio di Rodez (7) dove era stato internato nel novembre 1942. Qui trovò un direttore, il Dottor Gaston Ferdière (1908-1990), pronto a spronarlo intellettualmente incaricandolo di questa traduzione. All’epoca Artaud non conosceva né l’opera di Carroll tantomeno l’inglese, e nella traduzione si avvalse del proficuo aiuto del cappellano di Rodez, Henri Julien. Il testo gli fu portato dal pittore Frédérique Delanglade come Artaud dichiara in una delle lettere al Dottor Ferdière: «Je ferai cette traduction pour Delanglade»(8). La traduzione faceva parte dell’Art-thérapie promossa da Ferdière, amico del direttore del centro di Saint-Alban: «che offriva ospitalità a membri della resistenza, comunisti, artisti surrealisti [che frequentavano ambedue i direttori, N.d.A.], tra gli altri […] Tristan Tzara, Paul Eluard, Georges Ganguilheim»(9).

Artaud intitolò la sua versione “L’Arve et l’aume. Tentative anti-grammaticale contre Lewis Carroll”(10): si nota subito dal titolo il distacco volontario dall’opera originale e la posizione belligerante di Artaud in campo linguistico. Per quanto riguarda questa prova, unica nel suo genere, (un hapax veniva definito da Roland Barthes lo stesso Artaud), non viene rispettato il diktat sulle regole di metrica e di fedeltà al testo per la traduzione, bensì viene rivoluzionata l’intera area linguistica con il preciso intento di sconvolgere «ogni sorta di costrizione estetica attraverso l’impiego della forza delle parole per potenziare la capacità espressiva delle parole»(11).
  
Proseguendo nel percorso di scomposizione dei due linguaggi, carrolliano e artaudiano, e riservandoci di scoprire il nodo principale, ci imbattiamo in quello che suona come un proclama su come sia possibile dominare il linguaggio. Leggiamo cosa dice Humpty Dumpty in proposito prima di affrontare Artaud:

«Quando io uso una parola» disse Humpty Dumpty con un certo sdegno, «quella significa ciò che io voglio che significhi - né più né meno».
«La questione è» disse Alice, « se lei può costringere le parole a significare così tante cose diverse».
«La questione è» replicò Humpty Dumpty, « chi è che comanda – ecco tutto»(12).

Le parole che quest’uovo dalle fattezze umane proferisce sono perentorie: il linguaggio non ha un dominio a prescindere sulla semantica: non c’è corrispondenza esatta tra un termine ed il suo significato. Bensì quest’ultimo viene deciso dal parlante, in questo caso Humpty Dumpty, e non dal significante, la parola. Da questa dichiarazione si evince che il linguaggio, dipendendo dalla voce  che lo fa suo, che se ne appropria (13), è arbitrario e che Humpty Dumpty in qualche modo personifica questa parzialità.

                          Continua - la seconda parte verrà pubblicata nel prossimo numero -

Pubblicato in: 
GN47 Anno IV 15 ottobre 2012
Scheda
Titolo completo: 

Note

  1. Lewis Carroll, Alice’s Adventures in Wonderland and Through the Looking-Glass. And What Alice Found There, Penguin, London 1998.  __ Alice nel paese delle meraviglie. Attraverso lo specchio, traduzione, prefazione e note di Milli Graffi, Garzanti, Milano, 2001. Le due versioni a cui ci riferiremo saranno sempre  queste due edizioni, se non espressamente indicato.
  2. Ibid.
  3. Antonin Artaud, L’Arve et l’aume. Tentative anti-grammaticale contre Lewis Carroll, Œuvres Complètes, Gallimard, Paris, 1979.
  4. Come vedremo più avanti procedendo con la critica del testo, Humpty Dumpty dichiarerà implicitamente che la questione ruota attorno a chi è ‘padrone delle parole’: «which is to be master», in Carroll, cit., p. 186, e cfr. con Artaud, Léttre a Marc Barbezat, 10 mars 1947, in L’Arve et l’aume, cit, p.61.
  5. Carroll fa dire ad Humpty Dumpty proprio “portmanteau” per riferirsi alle parole che compongono lo Jabberwocky nell’originale inglese: Through the Looking-Glass, cit., p. 187.
  6. A. Artaud, , Il teatro e il suo doppio, Einaudi, Torino, 1968, p. 155. Tit. Orig.: Le Théatre et son double, Gallimard, Paris, 1964; Le Théatre du Séraphine, Galimard ; Paris, 1964 ; Le Théatre Alfred Jarry (e altri scritti), Gallimard, t. IX(1979), Paris, 1961. Qui si può trovare per esteso, sebbene non esaustiva, la sua teorizzazione su cosa si intende per ‘teatro della crudeltà’.   
  7. Per un approfondimento : Michel Foucault, Storia della follia nell’età classica, BUR, Milano, 1996. Tit. orig.: Histoire de la folie à l’Âge Classique, Gallimard, Paris, 1972. 
  8. A. Artaud, Lettre au Docteur Ferdière, entre le 17 et le 25 septembre 1943, in Nouveaux écrits de Rodez, Gallimard, Paris, 1977, p. 63.  
  9. Marta Zaccardi, “Artaud e il pensiero” in Artaud e la scrittura per analfabeti, «Zabaione di Pensieri», n°. 2, dicembre 2001, anno I,  pp. 24-28.
  10. A. Artaud, L’Arve et l’aume,  op.cit.
  11. Loredana Pavone, Artaud traduttore a Rodez. L’arve et l’aume, C.U .E.C.M., Catania, 2002, p.116 ( il corsivo è mio).
  12. L. Carroll, Attraverso lo specchio, op. cit., p. 219.
  13. ‘Master of a language’ in inglese significa ‘essere padroni di una lingua’, ossia conoscerla e padroneggiarla (N.d.A.).