Amy Winehouse. Back to Black

Articolo di: 
Livia Bidoli
Amy Winehouse

Forse non c'è il titolo di una canzone che rappresenti meglio l'anima, la voce, il senso della vita di Amy Winehouse di Back to Black. Già i primi versi sono intrisi della sostanza della sua vita: il “black” della sua voce, il colore anche della nigredo (la depressione che l'attanagliava insieme alla bulimia); il nome di quello che pensava fosse il suo soulmate, Blake Fielder, e si trasformò nel compagno di “giri” altrove, in un territorio che la mandò per la prima volta in Rehab, riabilitazione, il titolo della  canzone che gli valse una manciata di MTV Awards, tra i numerosi premi che vinse durante la sua brevissima vita terminata a 27 anni il 23 luglio del 2011 con un overdose.

Incoronata come la cantante inglese che ha ricevuto più premi in assoluto in tutto il mondo, Amy Winehouse ha scalato le classifiche britanniche prima con l'album Frank nel 2003 edito dalla Island e con producer Slaam Remi, ed il singolo Stronger than me e nel 2006 col successo mondiale Back to Black, di cui il primo singolo è appunto Rehab. Back to Black è il terzo singolo che comtinua a mietere premi per la voce soul bianca per antonomasia.

I suoi idoli, come Tony Bennett hanno cantato con lei, era permanentemente in classifica non appena usciva un singolo e richiesta ovunque ma il tour europeo con tappa a Belgrado nel 2011 già la vedeva finita. Il passaggio all'eroina con Blake Fielder (vi ricordate dell'altra coppia maledetta di Kurt Cobain e Courtney Love, in quel caso le parti erano scambiate) ne decretò in breve tempo la fine. La struttura fragile della sua personalità, che probabilmente non era preparata a quel successo – esattamente come Kurt Cobain, ricordo bene la frase della madre: “Non ce la farà mai a sostenere quel successo” -; dei rapporti poco solidi sia con manager sia col padre (che sembrava essere ritornato per la miniera d'oro che rappresentava dopo aver abbandonato la madre quando lei era alle nostre medie), compreso Blake, il suo fidanzato, che, a parte divertirsi, non produceva alcunché di positivo né per lui né per la vita di coppia, hanno sicuramente preparato la strada a quel primo grande scacco che avvenne a Belgrado. Costretta a salire sul palco in condizioni a dir poco pietose, costretta a rimanerci col pubblico urlante e minaccioso, quel concerto che non avvenne, quella sfilata di una persona sola, fuori di testa, incapace di reggersi in piedi, data in pasto a tutti, quella secondo me è l'immagine di una catastrofe annunciata. Sotto c'era il dirupo.

I media non hanno avuto compassione, avidi come i produttori e come dargli  torto: vendono per questo! La gente assetata di scandali, di stimoli assenti nella propria vita, è in cerca di qualsiasi cosa dimostri che i propri pregiudizi siano veridici, che le proprie preconcezioni affermino ancora una volta una morale per perbenisti, assente qualsiasi umanità.
Dall'altra parte i fans: quelli che si identificano e quelli che la amano profondamente: che dire, come si fa a non amare una voce nata dal nulla, per grazia ricevuta, senza nessuna vera preparazione musicale di conservatorio, una Dionne Warwick d'oltremanica, assoluta inconsapevole delle sue doti, che scriveva ogni suo singolo testo, ogni sua suingola canzone, e fletteva la voce come una vela al vento per per cercarne la virata giusta, per andare sempre incontro al maestrale.

Pubblicato in: 
GN39 Anno VII 10 settembre 2015
Scheda
Titolo completo: 

Amy
Lingua originale inglese
Paese di produzione Regno Unito
Anno     2015
Durata     128 min
Colore     colore
Audio     sonoro
Genere     documentario, biografico, musicale
Regia     Asif Kapadia
Produttore James Gay-Rees
Casa di produzione Playmaker Films, Universal Music
Distribuzione (Italia)     Nexo Digital, Good Films
Montaggio Chris King

15, 16, 17 settembre al cinema

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