Everyday Rebellion. La ribellione attiva

Articolo di: 
Livia Bidoli
Everyday Rebellion

Due registi iraniani,Arash e Arman Rihai, hanno costruito un doc intorno alla ribellione non violenta che si è operata ed è ascesa alla ribalta negli ultimi anni. Da Occupy Wall Street, fino agli Indignados spagnoli, i movimenti non violenti hanno trovato che la forma di protesta civile più efficace e che funziona ogni giorno è proprio questa: la Everyday Rebellion. In uscita nel giorno di commemorazione dell'attacco alle torri gemelle newyorkesi, l'11 settembre, rappresenta crossmedialmente come tattica e strategia possano collaborare alla durata ed al successo per ottenere una società più giusta con tutti.

Il doc comincia con uno dei tanti profeti/preti americani che parlano ad un audience vastissima di “Fine del mondo”: gli americani, si sa, come protestanti, sono piuttosto fissati con l'Apocalisse (quella di San Giovanni alla fine della Bibbia, prima del Giorno del Giudizio) ed in quasi ogni programma tv religioso la mettono al centro di tutto il discorso teologico. In breve, bisogna pensare a quella per comportarsi bene, essere corretti col prossimo e così via, per non essere colpiti alla fine della propria vita e nell'aldilà, dalla vendetta divina. Detto questo, vengono ripresi i primi raggruppamenti intorno a Wall Street nati nel settembre 2011, come si sono formati, l'origine della protesta nell'indebitamento a causa delle banche che prima prestavano soldi per mutui a perdere (ovvero sapendo che molti non avrebbero potuto pagare tutte le rate dall'inizio, in questo gli Yes Men hanno la maggiore responsabilità, coloro che concedevano i mutui), e poi si prendevano le case nel momento dell'insolvenza. Quello che più o meno è capitato agli Indignados spagnoli e che li correla streettamente al movimento Occupy. Tutto questo non viene ben spiegato nel film ma noi lo sappiamo dai giornali, dai reportage, da quello che è successo in questi anni col deprezzamento degli Stati, e della loro garanzia di solvibilità (pagamento) del debito.

Quello che è veramente importante da dire è che Occupy Wall Street ha trovato una formula efficace per liberare effettivamente le persone dal debito: il Debt Resistance Movement ha infatti convinto molte persone a non pagare il proprio debito alle banche cosicchè quest'ultime sono state costrette a rivenderlo a poco ad altre società per recuperare almeno qualcosa, a questo punto le persone di Occupy - mettendo insieme i loro soldi - hanno ricomprato a prezzi bassissimi il debito di queste persone che ne sono state liberate. Via via si è creata una catena che per ogni contributo metteva insieme una cifra per fare questa operazione: si tratta di una strategia attiva che produce effetti sia immediati che a lungo termine, e questo è il lato migliore del pragmatismo americano.

Il nodo centrale del film è infatti mettere a punto strategie e tattiche per combattere il capitalismo finanziario che danneggia la popolazione, che è il 99% del pianeta contro l'1% dei ricchi che speculano ai suoi danni. La disobbedienza civile in questo caso paga come anche le proteste pacifiche dei palloncini con le scritte libertà e lotta democratica contro i dittatori di Iran e Siria, paesi dove non possono essere attuate forme di disobbedienza e di protesta più clamorose per non andare incontro a massacri come quello che è stato condannato al tribunale dell'Aja contro l'Iran nel 2012 per le torture e le uccisioni dei prigionieri politici avvenute nel paese tra 1981 e 1988, durante la Rivoluzione Islamica. Il Governo iraniano, invitato, si è rifiutato di partecipare.

Un'altra forma di portesta ai limiti delloa non violenza è quella nata in Ucraina dalle Femen guidate da Inna Shevshenko: manifestazione piuttosto aggressive, nel senso che alle donne che partecipano viene chiesto di mostrare a seno nudo la propria rabbia contro le forme di oppressione della donna nel mondo, della visione di una donna solo ai fornelli (tipicamente ucraina come dice la Shevshenko) fino alle violenze religiose del fondamentalismo islamico; Putin che reprime le Pussy Riots; Berlusconi in Italia; e molti altri episodi fino all'abbattimento di una croce a Kiev eretta per commemorare i milioni di vittime per la carestia del 1932-33. In ogni caso le Femen ed il nuovo attivismo femminista promosso dalla loro fondatrice Anna Hutsol dal 2008, ha sempre destato parecchi dubbi, tra cui quello della giornalista ucraina Daryna Chyzh, che si è introdotta nel gruppo fingendosi una di loro ed ha pubblicato un reportage (per cui vi è una causa in corso) in cui testimonia come siano tutte spesate e prendano all'incirca un salario minimo di 1000 euro (che per l'Ucraina è altissimo), che giunge fino a 2500 per gli strati più alti dell'organizzazione.

C'è anche il documentario di Kitty Green, anch'esso girato in seno al movimento e vivendo a stretto contatto con loro, ed uscito nel 2013 con Ukraine is not a brothel, in cui si scopre che dietro il movimento c'era un uomo dal nome di Viktor Svyatskiy che dichiara apertamente di averlo fondato per avvicinarsi più facilmente a delle donne e fare sesso. Inna Sheveshenko in proposito, si presenta  con una coroncina di fiori in conferenza stampa e la domanda se conosce Cicciolina che si metteva la stessa coroncina, viene spontanea da una collega in sala e lei, stranamente, la conosce. Si saprà poi che farà l'attrice e che nei progetti dei Fratelli Rihai c'è una fiction sulle Femen, così lontane dagli altri movimenti di lotta, nati in strada per il debito e lo sfratto dalle case, o per combattere e resistere alla dittatura nei paesi islamici. Certamente la situazione delle donne in Ucraina è ancora molto lontana dagli altri paesi europei, però sembra che la politica del topless protesting non sia poi così efficace presso le stesse donne ucraine, ed attualmente le uniche sedi ufficiali delle Femen si trovano dappertutto tranne che in Ucraina.

In ogni caso, la ricercatrice danese Erica Chenoweth – coautrice del libro Why Civil Resistance Works: The Strategic Logic of Nonviolent Conflict, Perchè la resistenza civile funziona: la strategia logica del conflitto non violento (Columbia University Press) – spiega molto chiaramente come rendere efficaci le nostre proteste: prima di tutto bisogna mantenere alto l'allerta con la comunicazione continua di messaggi e stabilire relazioni fra tutti i componenti e quelli nuovi; la strategia è propedeutica, per ogni terreno di gioco deve essere adeguata; la tattica da adoperare deve differenziarsi nei momenti e nei luoghi; e bisogna essere tenaci, perché solo dopo ben due anni e mezzo si raccoglieranno i frutti concreti delle nostre proteste. 

Srdja Popovic, che ha fatto parte del gruppo non violento di resistenza a Milosevic, ci spiega che, per rovesciare una dittatura, serve tutto questo e tante altre piccole azioni che debbono essere quotidiane, – il suo libro le spiega punto per punto, Nonviolent Struggle: 50 Crucial Points -(La lotta non violenta: 50 punti cardine), ed anche quelle piccole, esercitabili da anziani e bambini, come spegnere e accendere la luce nelle case ad intermittenza o battere i martelli sulle pentole, sono efficaci, e soprattutto, comunicano al resto della popolazione che la forza di resistenza esiste e cresce, rendendo tutti uniti in un permeabile senso di solidarietà.

Pubblicato in: 
GN39 Anno VI 10 settembre 2014
Scheda
Titolo completo: 

Everyday Rebellion
GENERE: Documentario   
ANNO: 2013
REGIA: Arash T. Riahi, Arman T. Riahi
DISTRIBUZIONE: Officine UBU
PAESE: Australia, Svizzera
DURATA: 118 Min

Uscita al cinema 11 settembre 2014