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Le figlie del libro perduto di Katherine Howe. Formazione gotica per una saga di streghe
Le figlie del libro perduto dell'esordiente Katherine Howe è un libro in cui si mescolano vari generi: non è solo un romanzo gotico, perché sono presenti anche elementi di thriller storico (senza i voli fantapolitici di Dan Brown), di romanzo di formazione al femminile, di cronaca del passato, per un insieme che comunque è interessante, con una saga che si snoda nei secoli, intorno a un potere che forse è troppo forte per essere intrappolato.
Periodicamente, anche se meno dei vampiri, le streghe continuano ad essere personaggi dell'immaginario che suscitano interesse nella letteratura, sia da un punto di vista commerciale e d'evasione, sia, invece, considerate in una prospettiva più storica e antropologica.
Tra l'altro, non bisogna dimenticare che l'episodio delle streghe di Salem (1692) resta a tutt'oggi uno dei fatti più famosi nella pur breve storia degli Stati Uniti, e continua ad appassionare, con due letture della storia, che vedono da un lato le streghe vittime e dall'altro carnefici.
Partendo da un approccio storico alle streghe e a quel lontano fatto, discendente lei stessa da una famiglia di donne coinvolte nei processi di Salem, la Howe sceglie di raccontare una storia tra passato e presente, partendo dalla protagonista Connie Goodwin, brillante e giovane dottoranda di ricerca alla Harvard University, che si trova controvoglia a dover sistemare la casa della nonna morta, in cui scoprirà non solo ricordi di un suo passato non privo di ombre, ma anche della storia delle sue antenate.
La ricerca del proprio passato e di quello della propria famiglia è il punto di partenza di una storia avvincente, decisamente più introspettiva che d'azione, che si svolge intorno ad una casa inquietante e piena di fascino, vissuta e abbandonata, pronta a svelare tutti i suoi misteri. Connie scoprirà in queste mura scricchiolanti i misteri del Libro delle Ombre, compilato dalle sue antenate, mettendo anche in pericolo la sua vita perché in quel libro ci può essere qualcosa per cui può valer la pena uccidere.
Nelle pagine del libro ci sono indubbiamente echi della mitologia legata alle streghe così come è stata trattata dalla cultura popolare in questi ultimi anni, dal telefilm Streghe ai romanzi di Lisa Jane Smith, passando per il recente e sfortunato serial Eastwick: ma i toni sono comunque di altro tipo e non si può non applaudire - in un momento in cui il genere gotico e horror sembra volersi rivolgere ad un pubblico prettamente solo di adolescenti, con un preoccupante appiattimento di temi trattati - alla scelta di Katherine Howe di rivolgersi ad un pubblico adulto e amante della storia, qui mai didascalica e noiosa, ma viva, pronta a parlare alla protagonista e ai lettori. Oltre ad alcuni debiti ai thriller soprannaturali di autori come Katie Fforde, è degna di nota la ricerca delle fonti storiche di base rigorosa e non scontata, che condisce bene un plot avvincente.
Interessanti sia la parte contemporanea, sia quella ambientata nel passato, in una cavalcata di secoli tra i processi di Salem e gli avvenimenti successivi, non particolarmente noti ma di grande interesse, con un'accurata ricostruzione delle vicende delle donne di una dinastia di streghe, da Deliverance a Costance, passando per Mercy, Prudence, Sophia e Grace, perseguitate e ricche di potere, al punto che possono fare gola ancora oggi.
Non è forse il libro che può cambiare il genere gotico contemporaneo, ma può aprire nuove strade, più adulte, ad un genere che rischia di arenarsi dopo una prima, grande rinascita.