Firenze Maggio Musicale. La tenebrosa vicenda del Makropulos di Janáček

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Emilia Marty (Angela Denoke) e Jeroslav Prus (Andrzej Dobber)

Al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino Zubin Mehta ha diretto Věc Makropulos (L'affare Makropulos) di Leoš Janáček il 25, 27, 30 ottobre e il 2 novembre 2011. La presente recensione si riferisce alla recita del 30 novembre che ha riscosso un grande successo.

L'affare Makropulos è tratto dalla omonima commedia di Karel Čapek, scrittore ed autore di commedie, tra cui R.U.R. (Rossum's Universal Robots) in cui inventò la parola robot dal ceco robota (lavoro pesante) e immaginò la creazione di automi meccanici per aiutare l'uomo nel lavoro e nella guerra, anticipando in questo dramma fantascientifico molti dei temi riguardo agli automi e all'intelligenza artificiale.

Ne L'affare Makropulos del 1922 il tema affrontato, con ironia, è l'eterna giovinezza, per una singolare casualità nello stesso anno George Bernard Shaw in Back to Mathuselah (Ritorno a Matusalemme) affrontò lo stesso argomento. Se Bernard Shaw sostenne che la longevità avrebbe permesso all'uomo di avere più tempo per imparare a vivere meglio nella complessa civiltà moderna, Čapek nel finale del suo dramma fa dibattere i protagonisti mettendo in luce i pro e i contro dell'eterna giovinezza giungendo ad una visione pessimistica, basata sulla considerazione che il prolungamento artificiale della vita umana esaspererebbe i lati peggiori della natura umana, aumentando il cinismo, la noia e la perversità.

Il desiderio di essere eternamente giovani è un tema molto attuale, soprattutto nei cosiddetti paesi più sviluppati, e viene universalmente vissuto in modo talmente grottesco da dare così ragione alla visione pessimista di Čapek. L'affare Makropulos  è un dramma intrigante in quanto è un giallo, un enigma inquietante aperto a diverse possibilità di lettura.

Leoš Janáček, alla ricerca di un nuovo testo da mettere in musica dopo La volpe astuta, ne fu talmente affascinato che chiese a Čapek il permesso di ricavarne un libretto per una nuova opera. La scrittura dell'ottava e penultima opera del musicista ceco fu iniziata nel 1923 e dopo essere stata rivista due volte come era consuetudine per il compositore, andò in scena il 18 dicembre 1926 al Teatro dell'Opera di Brno.

Il dramma, ambientato negli anni venti, si apre nello studio dell'avvocato Kolenatý in cui si parla della causa secolare per l'eredità tra i Gregor e i Prus, che si sta avviando all'epilogo con esito negativo per l'ultimo dei Gregor, in quanto non è mai stato trovato il testamento di Ferdinand Josef Prus morto nel 1827. Inaspettatamente, appare la famosa artista lirica Emilia Marty, per cui Kristina, giovane aspirante cantante, nutre una grande ammirazione. La Marty, dimostrandosi anche troppo interessata, chiede notizie all'avvocato sulla causa e rivela che il testamento si trova in un preciso cassetto di un mobile di casa Prus. Albert Gregor riesce a convincere un riluttante Kolenatý a controllare. La notizia è esatta come rivela lo stupefatto l'avvocato che ritorna con il barone Prus.

Fin dall'inizio Emilia Marty è un enigma: da cosa dipende il suo interesse per il testamento e soprattutto per un foglio che vi è allegato?  La sua personalità è inquietante: è una straordinaria cantante e, nel secondo atto ambientato in teatro a fine spettacolo, apprendiamo del fascino incredibile che esercita sul pubblico che le ha decretato il trionfo. La Marty suscita una attrazione sessuale fuori dal normale, distaccata e cinica, la usa per venire in possesso del misterioso foglio con Gregor, con il barone Prus e con Janek, suo figlio. Il barone Prus con altrettanto cinismo le propone un baratto: il foglio in cambio di una notte di sesso.

Il terzo atto si svolge in una stanza di albergo, un altro luogo pubblico, una caratteristica  dell'opera che aumenta la sensazione di straniamento nello spettatore; la donna si è vendicata dandosi algida e inerte, come un cadavere, afferma il barone disorientato, arriva poi la notizia del suicidio di Janek, causato dalla disperazione di essere stato respinto dalla Marty, che rimane del tutto indifferente all'evento, mentre Prus si dispera. Il comportamento della donna è teso, cinico, irridente quasi fuori di sé  quando arrivano gli altri personaggi, Gregor, l'avvocato Kolenatý,  Kristina e suo padre Vítek che la interrogano sulle incongruenze del suo comportamento. Mentre la Marty prende tempo prima di rispondere ed esce per vestirsi, gli altri frugano nella valigia scoprendo lettere di altre donne le cui iniziali sono sempre E. M. e la calligrafia è sempre la stessa, infine la donna torna ubriaca e rivela la sua storia.

Nella magica Praga degli alchimisti, suo padre Hieronymus Makropulos fu medico di Rodolfo II (1576- 1612) che gli chiese un elisir di lunga vita, l'uomo trovò la formula per prolungare la vita di trecento anni rimanendo giovane e fu costretto a provarlo sulla propria figlia, Elina, che,  per caso ammalatasi di un'altra malattia, cadde in deliquio. L'imperatore lo fece imprigionare ed Elina, guarita, fuggì e divenne una cantante. La Marty è Elina nata nel 1585, ha vissuto per trecento anni facendo la cantante e, avendo tutto il tempo di affinare una tecnica prodigiosa, ha avuto sempre uno straordinario successo nelle diverse identità, che ha dovuto adottare per non dare sospetti.

Come Ellian MacGregor conobbe Ferdinand Josef Prus, l'unico uomo di cui si sia innamorata,  a cui diede un figlio e svelò il suo segreto lasciandogli la formula, che però egli non usò lasciandola nel testamento. Dopo tutti i suoi sforzi per ritrovarla si è accorta di voler morire, non trovando più alcun motivo di interesse nella sua vita così lunga, in quanto, ella afferma, è la brevità a rendere cosi desiderabile vivere, e la lascia a Kristina che però la brucia. Infine Elina muore recitando le prime parole del Padre nostro in greco.

Rispetto al dramma originale l'attenzione del musicista è per la vicenda umana della donna, infatti cambiò totalmente il finale togliendo le differenti opinioni dei personaggi sul prolungamento della vita. Lo svolgimento dell'opera è incalzante con dialoghi serrati resi nella musica dal compositore con la libertà nelll'uso degli accordi dissonanti e con  il “parlato realistico” a lungo studiato da Janáček che affermava: “Gli studi da me fatti dal punto di vista musicale sul linguaggio parlato mi hanno convinto che tutti i misteri melodici e ritmici della musica trovano la loro spiegazione nella melodia e nel ritmo dei motivi musicali del linguaggio parlato. Secondo me non si può  diventare compositori drammatici senza avere fatto studi di questo genere”.

Nell'opera sono presenti brevissimi temi che vengono ripetuti, minimamente variati, e sovrapposti e anche armonicamente trasposti in successioni non legate alle regole della tonalità, secondo il metodo peculiare di Janáček. I temi, alcuni dei quali appaiono già all'inizio dell'opera nell'introduzione dell'orchestra, come quello dell'Imperatore Rodolfo (suonato fuori scena da ottoni e timpani), sottolineano le diverse situazioni drammatiche. Il compositore usa anche trilli, tremoli e ostinati per evidenziare le situazioni emotive dei dialoghi; l'insieme di queste caratteristiche conferiscono a L'affare Makropulos un colore musicale tragico, cupo e angoscioso che si scioglie solo nel finale.

Tutti questi aspetti sono stati resi perfettamente dalla direzione di Zubin Mehta e dall'ottimo insieme dei cantanti; bravissima Angela Denoke, nell'interpretazione di Emilia Marty con il suo fascino vampiresco e inquietante, angoscioso e disumano. La regia di William Friedkin,che ha curato attentamente la recitazione degli interpreti, le scene e i video di Michael Curry, che hanno evocato le scene dei film espressionisti dell'epoca, immergendo gli spettatori in una tenebrosa atmosfera straniante, e i costumi di Andrea Schmidt-Futterer hanno sottolineato appropriatamente le caratteristiche del dramma. Particolarmente riuscita e di grande effetto è stata l'idea di associare simbolicamente la combustione del documento al disfacimento finale della donna di cui non rimane che cenere.

Pubblicato in: 
GN1 Anno IV 7 novembre 2011
Scheda
Titolo completo: 

Teatro del Maggio Musicale Fiorentino - Firenze

VĚC MAKROPULOS
(L'affare Makropulos)
Opera in tre atti

25-27-30 ottobre e 2 novembre 2011

Spettacolo del 30 ottobre 2011

Musica e libretto Leóš Janáček
dal dramma di Karel Čapek

Direttore Zubin Mehta
Regia William Friedkin
Scene e video Michael Curry
Costumi Andrea Schmidt-Futterer
Luci Mark Jonathan
Fotografie Rocky Schenck

Emilia Marty Angela Denoke
Albert Gregor Miro Dvorsky
Hauk-Šendorf Karl Michael Ebner
Dr. Kolenatý Rolf Haunstein
Jeroslav Prus Andrzej Dobber
Janek Mirko Guadagnini
Vítek Jan Vacik
Kristina Jolana Fogašová
Strojnik Roberto Abbondanza
Poklizecka Stefanie Iranyi
Komorna Cristina Sogmaister

Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino

Nuovo allestimento
In lingua originale con sopratitoli in italiano