Gervasoni e la Repubblica dei Presidenti

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Le Armate del Presidente

Nel dibattito pubblico del nostro Paese, soprattutto nel corso della seconda Repubblica e dopo la dissoluzione dei partiti di massa, molto si è discusso e in tanti si sono interrogati sul ruolo del Presidente della Repubblica nel sistema istituzionale del nostro Paese. Per capire sia come venne configurato e pensato il ruolo del Presidente della Repubblica durante i lavori della costituente, sia come i diversi presidenti della storia repubblicana hanno esercitato le attribuzioni e i poteri assegnatigli dalla carta costituzionale, è utile la lettura di un saggio storico, di cui è autore lo studioso Marco Gervasoni, intitolato Le Armate del Presidente ed edito dalla casa editrice Marsilio.

Dopo la fine della guerra, che aveva devastato la vita civile e materiale della nazione, si accentuò la identità antifascista, da cui derivò la opzione antimonarchica, per effetto della quale  i Savoia, titolari dell'’istituto monarchico, vennero considerati responsabili dell’avvento del regime fascista e della crisi del sistema politico liberale, sorto dopo la nascita della unità d’Italia. Il referendum popolare del 2 giugno del 1946 sancì la fine della monarchia e la fondazione della Repubblica.

In seguito alla fine del regime monarchico venne eletto presidente provvisorio della Repubblica Enrico De Nicola e si ebbe la formazione della assemblea costituente. Nella prima parte del suo bellissimo libro Marco Gervasoni sintetizza i diversi orientamenti che si formarono nelle sottocommissioni della assemblea costituente, per definire i poteri del presidente della Repubblica. Vi era chi come Conti e Calamandrei avrebbe voluto la nascita di una repubblica presidenziale, mentre altri, preoccupati di creare un sistema istituzionale basato su un equilibrio tra i poteri dello stato, si dichiararono favorevoli alla costituzione della repubblica parlamentare.

Infatti, dopo venti anni di dittatura fascista, esisteva la necessità di evitare che il potere esecutivo fosse concentrato nelle mani di un presidente, dotato di ampi poteri e vaste attribuzioni istituzionale. Per questo il  ruolo  del presidente della Repubblica italiana, in un regime parlamentare, anche se  dotato di poteri notevoli come lo scioglimento delle camere e la nomina dei ministri del governo, venne nella assemblea costituente delineato come una figura di garanzia, capace di incarnare la unità nazionale e il principio della legalità costituzionale.

In realtà, come con grande intelligenza nota e osserva Marco Gervasoni, e come dimostrerà la lotta politica in oltre sessantenni di vita Repubblicana, i poteri del Presidente rimasero indefiniti, sicché, a seconda delle circostanze, il suo ruolo fu ambivalente: in alcuni casi esercitò la funzione  di notaio e cerimoniere della Repubblica, in altri momenti fu  una figura che, proprio perché  posta al vertice dello stato, in presenza di stati di eccezione dovette intervenire a plasmare e inventare equilibri politici a difesa del bene comune.

Enrico De Nicola, un grande avvocato, fu un presidente garante della unità nazionale, negli anni cupi e difficili in cui il paese, dopo la guerra, avviava la ricostruzione della sua vita civile ed economica. Tuttavia De Nicola fece sentire la sua voce, in riferimento al rischio delle epurazioni nei riguardi di chi era ritenuto complice del regime fascista e non mancò di pronunciarsi sui principali temi del dibattito pubblico, legati alla necessità di attuare i valori della Repubblica.

Con l'’elezione di Luigi Einaudi, fin dal suo discorso di insediamento, si comprese e capì che il Presidente avrebbe ispirato la sua condotta istituzionale ai valori del costituzionalismo liberale. Infatti il Presidente Einaudi  affermò  e ribadì la fondamentale importanza rappresentata dai valori della  libertà personale nei riguardi dello stato e la esigenza di assicurare a tutti i cittadini la uguaglianza nei punti di partenza, per evitare ingiustizie e sofferenze. Quando vi fu, durante gli anni dominati dal centrismo democristiano, il tentativo nel 1953 di introdurre una legge elettorale maggioritaria, fatto politico che divise aspramente il Paese, Einaudi si astenne dall’intervenire nella contesa politica. Tuttavia, pur essendo stato un Presidente imparziale e al di sopra delle parti, di fatto inventò il governo Pella, non seguendo le indicazioni ricevute dai partiti politici del suo tempo.

Giovanni Gronchi, che venne scelto ed eletto alla Presidenza della repubblica, pur non essendo un leader politico, visto che proveniva dal mondo sindacale, fu un presidente che negli anni in cui si trovò al vertice della repubblica seppe affermare un costituzionalismo con forti accentuazioni sociali e sindacali. Infatti, fin dal discorso del suo insediamento, il Presidente Gronchi pose l’accento sui temi del lavoro, dei diritti dei cittadini, sul conflitto tra capitale e lavoro nella vita economica italiana. A differenza di Einaudi, gli interventi nella vita politica da parte di Gronchi  furono molti e si ebbero in diverse circostanze, come quando si trattò di scegliere i ministri e di nominare i manager negli enti pubblici. Sul governo guidato da Antonio Segni, Gronchi esercitò una influenza enorme, tanto da indurre alcuni osservatori a ritenere che il presidente avesse oltrepassato il confine fissato dalla Costituzione ai suoi poteri istituzionali. In polemica con la Dc, in cui aveva militato, essendo consapevole delle molte disfunzioni e della paralisi decisionale provocate dall’'avvento della partitocrazia, si dichiarò favorevole all'’apertura verso i socialisti, considerata una scelta politica enormemente innovativa.

Antonio Segni, la cui presidenza ebbe una breve durata,  venne scelto dalla Dc, poiché era ritenuto in grado di dare, mentre avveniva la nascita dei governi di centro sinistra,  ampie garanzie internazionali circa la collocazione dell'’Italia rispetto al patto atlantico e la fedeltà ai valori della economia occidentale di mercato. Tuttavia, pur richiamandosi ai valori del costituzionalismo liberale, in più occasioni Segni intervenne, impedendo la approvazione della legge urbanistica predisposta da Sullo e tentando, senza riuscirvi, di ostacolare la nazionalizzazione della energia elettrica. Segni ebbe rapporti strettissimi con il Generale Giovanni De Lorenzo, posto a capo del Sifar e dei servizi segreti, da cui secondo i critici si fece condizionare in modo eccessivo, tanto da condividere il pericolo di una insurrezione comunista, inesistente negli anni in cui lo stesso Segni fu a capo della Repubblica.

Giuseppe Saragat fu un Presidente espressione del centro sinistra,  da cui venne eletto. In ogni caso occorre ricordare che con Saragat al Quirinale vi fu il tentativo di favorire la nascita in Italia di una sinistra riformista e di governo, che, visto il fallimento della unione politica tra PSI e PSD, non ebbe un esito felice e positivo. Con Giovanni Leone, presidente chiacchierato e privo di carisma, si ebbe la stabilizzazione della partitocrazia. Sandro Pertini, uno dei Presidenti più amati dagli Italiani, seppe comprendere la gravità della crisi di fiducia dei cittadini nelle istituzioni, e per questo motivo sollecitò i partiti a realizzare le riforme istituzionali, per ridefinire la architettura della Repubblica Italiana.

Con Cossiga, che nei primi cinque anni della sua presidenza rimase silenzioso, la crisi dei partiti e della partitocrazia, dopo la caduta del muro e la conclusione della guerra fredda, raggiunse il culmine. Infatti Francesco Cossiga fu lucido nel prevedere la fine dei partiti di massa, che con forti identità culturali avevano integrato le masse popolari nel tessuto democratico italiano. Con l’'avvento della seconda repubblica, che segnò la irruzione dei partiti personali e dalle identità deboli ed evanescenti, si ebbe l’inizio della lunga transizione politica, non ancora pervenuta ad un approdo istituzionale stabile e solido.

In questi ultimi anni sia Oscar Luigi Scalfaro sia Azeglio  Ciampi sia Giorgio Napolitano, per impedire le devastazioni della vita pubblica nazionale, dovute al rischio del populismo, di cui è stato pericolosamente portatore Berlusconi e altri leader, si sono trovati ad esercitare un ruolo eminentemente politico. Un libro bello e prezioso, questo di Marco Gervasoni.

Pubblicato in: 
GN14 Anno VII 19 febbraio 2015
Scheda
Autore: 
Marco Gervasoni
Titolo completo: 

Le armate del Presidente
Editore: Marsilio
Collana: I nodi
Data di Pubblicazione: 2015
Prezzo: 19 Euro
Genere: SCIENZA POLITICA
Argomenti : Italia Politica
ISBN-10: 8831720856ISB